Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3. Giannone Pietro

Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3 - Giannone Pietro


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avea ricevuto l'onore del Patriziato) e che seco conduceva Adelaide sua moglie, uscì loro incontro con grande apparecchio, ed in Capua ove avea sua residenza condottigli, furono da questo Principe splendidamente e con sommo onore trattati[15]. Quivi, correndo l'anno 963, fermandosi, spedirono una Legazione in Salerno al Principe Gisulfo, invitandolo con molti doni di venire in Capua a riveder sua sorella. Gisulfo ancorchè dubbioso sospettasse di qualche sinistro incontro, finalmente accompagnato da' suoi verso quella città incamminossi, ed incontrato da Pandulfo e Landulfo lo presentarono all'Imperador Ottone, il quale con molta allegrezza surto dal Trono scese ad incontrarlo, ed abbracciatisi, si baciarono con molti segni d'allegrezza. L'Imperadrice Adelaide (se dee prestarsi fede all'Anonimo) veduto suo fratello corse ad abbracciarlo, e strettasi al suo collo baciollo più volte, rimproverandogli come senza lor invito non era venuto tosto a riveder sua sorella: Gisulfo dopo abbracciamenti sì cari di sua sorella e di suo cognato con grande sua allegrezza e di tutti i suoi ritornossene in Salerno.

      Allora fu, che Pandulfo Capo di ferro entrato in somma grazia d'Ottone ottenne per imperial autorità, che il Contado di Capua fosse innalzato ad esser Principato, e ad esser egli nomato Principe di Capua, siccome da poi furono gli altri, che a lui succedettero in Capua, e da questo tempo, non da Atenulfo I, cominciarono i Principi di Capua, come dimostra il nostro Pellegrino. Al quale onore successe da poi che Capua nell'anno 988 fosse stata parimente innalzata ad esser metropoli, e che Giovanni fratello di Landulfo da Vescovo ch'era di questa città, fosse stato sublimato in Arcivescovo da Gio. XIII, come diremo più diffusamente quando della politia ecclesiastica di questo secolo farem parola.

      Così i nostri Principi riconobbero per lor Sovrano Ottone Imperadore come Re d'Italia, il quale per quest'istesse ragioni intraprese di scacciare dalla Puglia e dalla Calabria i Greci, che possedevano queste province, e di ridurre anche il Ducato napoletano sotto la sua dominazione.

      Era in quest'anno 964 succeduto nell'Imperio di Oriente Niceforo Foca, il quale mal sofferendo che Ottone avesse in Italia acquistata tanta autorità, e che pensasse discacciar i Greci dalla Puglia e dalla Calabria, aveva munite queste province con forti presidj. Erano governate le città delle medesime da Straticò, magistrato, che lungamente durovvi sino a' Catapani; ed in Bari città metropoli della Puglia avea unito il maggior nerbo delle sue forze; nè meno poteva soffrire, che non si dasse a lui altro, che il titolo d'Imperador de' Greci, e che all'incontro Ottone prendesse quello d'Imperador de' Romani.

      Ma Luitprando Vescovo di Cremona suo intimo familiare consigliò ad Ottone, che prima di sperimentar le armi contro Niceforo, volesse tentare, se per mezzo d'una stretta parentela potesse da lui ottener ciò che sarebbe stato incerto di ottenere per mezzo d'una dubbia e crudel guerra; a questo effetto riputò mezzo assai pronto ed efficace, se Niceforo volesse dare in moglie la Principessa Anna, ovvero Teofania ad Ottone suo figliuolo, e per titolo di dote gli concedesse le due province Puglia e la Calabria. Era questa Principessa figliuola dell'Imperador romano Argiro e dell'Imperadrice Teofania, la quale per un esecrabile parricidio avea avvelenato Argiro, affinch'ella potesse sposarsi Niceforo. Allora fu, che Ottone spedì in Costantinopoli una magnifica Legazione a Niceforo, mandandovi per Ambasciadore il famoso Luitprando Vescovo di Cremona a dimandarla: quegli che si rendè celebre al mondo non meno per questa legazione, che per le molte sue opere, che ci ha lasciate.

      Riuscì però inutile l'ambasceria di Luitprando presso Niceforo, il quale mal potendo ancora celare col medesimo l'astio, che covava internamente contro Ottone, lo trattò indegnamente, e dopo averlo fatto trattenere inutilmente quattro mesi in Costantinopoli, ne lo rimandò senza conchiusione alcuna.

      Intanto Ottone lusingato, che dovrebbero aver effetto i suoi disegni, avea a se richiamato Ottone suo figliuolo, il quale fermatosi col padre in Roma, fu associato in quest'anno 968 all'Imperio e dal Pontefice era stato unto ed incoronato colla Corona imperiale. E Niceforo in quest'istesso tempo, per ingannar maggiormente Ottone, e perchè potesse riuscirgli il disegno, prima che ne rimandasse Luitprando, gli mandò Ambasciadori offerendogli la sua parentela, che avrebbe mandata la Principessa Teofania in Calabria; e che perciò mandasse egli all'incontro gente quanto più tosto potesse in Calabria per riceverla.

      Ottone, a cui non era nota a bastanza la fede greca, il credè, e ne scrisse anche a' Duchi di Sassonia, dando loro speranza, che in breve avrebbe ricuperata la Puglia e la Calabria, e riportato in Germania Ottone suo figliuolo già casato, e mandò tosto gente in Calabria per questo fine; ma giunti a pena, furono improvisamente colti per un'imboscata, che Niceforo fece lor preparare, ove molti restarono morti e gli altri presi, furono in Costantinopoli fatti portar prigionieri.

      Allora Ottone detestando i Greci, fieramente sdegnato invase i confini della Calabria depredandola e ponendo sossopra tutta quella provincia. In questa congiuntura s'unirono con lui i nostri Principi longobardi, i quali come suoi Feudatarj erano obbligati seguirlo in Guerra; e Pandulfo Capo di ferro si portò anche in Calabria contro i Greci e contro i Saraceni, i quali erano stati da' Greci chiamati in lor ajuto: e Gisulfo Principe di Salerno, ancorchè di sospetta fede per l'aderenza, che teneva co' Greci, mostrò nondimeno in quest'occasione (essendosi poco prima rimesso sotto la protezione e clientela d'Ottone) di volerlo soccorrere in quest'impresa.

      Fu pertanto ostinatamente combattuto co' Greci e Saraceni; e mentre Pandulfo con Ottone era in Calabria, gli venne l'avviso, che il Principe Landulfo suo germano era morto. Aveva costui tenuto il principato di Benevento anni otto; e se bene di se avesse lasciato Pandulfo suo figliuolo, nulladimanco Pandulfo tosto che seppe la di lui morte, lasciando l'Imperadore in Calabria, si portò in Benevento ed avendo escluso suo nipote, sublimò il Principe Landulfo suo figliuolo, che perciò Landulfo IV fu detto[16].

      Indi, essendosene Ottone ritornato in Ravenna, ottenne dal medesimo nell'anno 969, molti ajuti per invadere la Puglia, siccome con gli ajuti ricevuti da Ottone, e con alquanti giovani beneventani e capuani, l'invase, e presso Bovino col suo esercito accampossi. Ma i Greci usciti furiosamente dalla città, gli combatterono, e dopo una dubbia pugna, finalmente restò Pandulfo vinto e fatto prigione da' Greci. Erano questi sotto il comando d'Eugenio Patrizio, ch'era lo Straticò, il quale tosto lo fece condurre prigioniero in Costantinopoli. Intanto Gisulfo Principe di Salerno erasi avviato per soccorrere Pandulfo; ma tardi giungendo o fosse stato per impedimenti avuti o pure artificiosa malizia di moversi intempestivamente, tosto ritornossene in Salerno.

      I Greci spinti dal furor della vittoria invasero i confini di Benevento, prendono Avellino e verso Capua s'inoltrano: e depredando tutto il paese, cingono la città istessa, e per quaranta giorni la tennero strettamente assediata.

      Allora i Napoletani vedendo la fortuna de' Greci andar molto prospera s'unirono presso Capua con Eugenio Patrizio. Presedeva in questi tempi per Duca in Napoli Marino, la notizia del quale noi la dobbiamo all'Anonimo Salernitano, poichè presso gli altri Scrittori niuna memoria abbiamo, dopo Giovanni, de' Duchi di Napoli, che fiorirono in questi tempi; e quella carta rapportata dal Summonte e creduta per vera dal novello Istorico Giannettasio traduttor del Summonte, dove si fa menzione di Oligamo Stella Duca, che 'l Giannettasio lo fa successore di Giovanni e di Ginello Capece, Baldassare Giovanne e Sarro Brancaccio Consoli, fu grossamente supposta, così perchè in questi tempi l'uso de' cognomi non erasi ancora ripigliato; come perchè il Capaccio[17] ed altri testificano quella carta non essersi mai trovata fra le scritture delle Monache di S. Sebastiano, ove fu finto conservarsi. Tanto che il nostro Pellegrino[18] dice assai bene, che non è da sperare una interrotta serie de' Duchi di Napoli, come d'Amalfi: nel che nè meno ci possono giovare alcune antiche carte date in Napoli, non esprimendo altro che i nomi ed i tempi de' greci Imperadori, alla dominazione de' quali era questo Ducato sottoposto.

      Marino co' suoi Napoletani presso Capua accampossi, nè si impiegò ad altro, che a devastare il paese d'intorno con incendj e rapine; Eugenio vedendo che inutilmente si raggiravano intorno Capua, e temendo d'Ottone, di cui erasi sparsa voce, che con esercito numerosissimo di Alemanni, Sassoni e Spoletini verso Capua s'incamminava per soccorrerla, perchè non fossero colti in mezzo, pensò d'abbandonar l'assedio ed in Salerno ritirossi, accolto da Gisulfo, che lo trattò, sin che ivi si trattenne, con molta splendidezza, avverando per questo fatto il concetto, che di lui aveasi di non essersi mai distaccato


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<p>15</p>

Anon. Salernit. pag. 7 num. 2.

<p>16</p>

Anon. Salern. p. 7.

<p>17</p>

Capac. Forast.

<p>18</p>

Pellegr. in Tumulo Boni Cons.