Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3. Giannone Pietro
furono costretti di giurare per Principe Landulfo lor tiranno, il quale temendo non si scoprisse esser vivi Gisulfo e la Principessa Gemma, tosto gli fece levare da Salerno ed in Amalfi gli fece condurre; indi, discacciati che gli ebbe, assunse anche per collega al Principato Landulfo suo figliuolo in quest'istesso anno 972 ovvero 973.
Presedeva in questi tempi per Duca in Amalfi Mansone Patrizio, ed in Napoli, come si disse, Marino Patrizio. Questi intesi della congiura, subito che udirono essere stato Gisulfo da Salerno scacciato, vennero in Salerno con alquante truppe per soccorrere Landulfo, e stabilmente fermarlo nel Principato[25]. Non si vide maggiore ingratitudine di quella che usò Marino Duca di Napoli in quest'incontri, il quale dimenticatosi tosto de' beneficj ricevuti da Gisulfo, dimenticatosi ancora de' tanti giuramenti fatti di soccorrerlo, ora s'unisce col tiranno per discacciarlo dalla sede.
Ma furono questi disegni ed iniqui consigli dissipati ben tosto; poichè ricredutisi i Salernitani, che Gisulfo e la Principessa Gemma non eran morti, ma vivi erano in Amalfi, tosto cominciarono a tumultuare e a fremere contro essi medesimi di tanta credulità e de' passi che avean dati. S'aggiunse ancora, che Indolfo, che aveva veduto assunto per collega al Principato Landulfo suo fratello, e di lui niun conto tenersi, contro ciò che il padre con più sacramenti gli avea promesso, cominciò ad aspirare al Principato, sollecitando perciò Marino Duca di Napoli, che l'ajutasse in quest'impresa: fu perciò, per sedare in parte i tumulti, risoluto di prendere Indolfo e mandarlo in Amalfi, siccome preso che fu, nascostamente fu mandato in quella città: e tolto l'oppositore, i Salernitani furono costretti a giurare a Landulfo il Giovane, Principe assai crudele e scaltro. Ma con pernizioso consiglio richiamato non molto da poi Indolfo in Salerno, questi dissimulando il torto, cominciò a rendersi i Salernitani benevoli, co' quali profusamente trattava, e ridotti al suo partito i più principali e' congiunti del Principe Gisulfo, cominciò ad insinuar loro, che discacciati i tiranni si dessero a Pandulfo Capo di ferro, il quale saprebbe colle sue forze restituirgli Gisulfo, ed intanto proccurassero fortificarsi ne' Castelli, affinchè alla venuta di Pandulfo potessero tosto portargli ajuto e soccorso. In fatti molti Proceri salernitani, e fra gli altri gl'istessi Riso e Romoalt, due celebri personaggi, pentitisi di quanto aveano cooperato nella congiura, si portarono in Amalfi avanti i Principi discacciati, ed ivi con molti giuramenti e pianti dolutisi del torto, che si era a loro fatto, promisero fare ogni sforzo di ritornargli nella pristina dignità.
Il Principe Pandulfo invitato da' congiunti del Principe Gisulfo e da' Salernitani, i quali in varj castelli s'erano fortificati per ricever il suo ajuto, compassionando il caso di quell'infelice Principe, che era suo consobrino, prese con incredibile allegrezza l'impegno di restituire Gisulfo in Salerno; ed avendo unito alquante sue truppe s'incamminò verso Salerno. Fu incontrato da Indolfo, che gli cercò per se il Contado di Consa; ma Pandulfo dichiarandosi che non poteva ciò fare; questi pien di mestizia pensò tornare in Salerno, ove fu preso da' suoi stessi ed a Landulfo consignato. Intanto Capo di ferro unitosi co' Salernitani, che stavano ne' castelli, espugnò tutti i luoghi del Principato di Salerno, depredando il paese intorno, ei cinse Salerno di stretto assedio. I Landulfi padre e figliuolo gli fecero molta resistenza, e non fidandosi de' Salernitani valevansi di Mansone Patrizio, che tenevan presso di loro nel Palazzo co' suoi Amalfitani, ai quali diede la custodia delle torri che circondavano la città; ma non poteron lungo tempo resistere alle forze di Pandulfo, il quale finalmente nell'anno 974 l'espugnò, e discacciati i tiranni, non per se occupolla, ma in quest'istesso anno la restituì al legittimo Principe. Gisulfo e Gemma, o perchè così fra di loro fossero convenuti o pure per gratitudine di tanti beneficj, non tenendo figliuoli, adottaronsi per loro figliuolo Pandulfo figliuolo di Pandulfo, che vollero anche istituirlo Principe di Salerno, e Gisulfo volle averlo per Compagno nel Principato insin che visse, cioè sin all'an. 978[26]. Ed egli morto in quest'anno, restando Pandulfo successore in Salerno, volle anche Pandulfo suo padre assumere il titolo di Principe insieme col figliuolo, onde si fece, che nella persona di Pandulfo Capo di ferro s'unissero tre titoli, e fosse detto Principe insieme di Capua, di Benevento, e di Salerno. Quindi l'Anonimo Salernitano, che in questi tempi vivea, e che fin qui continuò la sua istoria, che a questo Principe dedicolla, in un carme che compose in lode del medesimo, lo chiamò Principe di queste tre città dicendogli:
Tempore praeterito Tellus divisa maligno
Unitur tuo ecce, tuente Deo [27].
Siccome il valore e prudenza di Atenulfo I potè far argine alla ruina de' Longobardi, la quale per le tante rivoluzioni e disordini di queste province, era imminente; così ora la potenza di Pandulfo Capo di ferro trattenne alquanto il corso della loro caduta; ma s'avrebbe potuto sperare dal valore di questo Principe qualche buon frutto, se non avesse già poste profonde radici quella pessima usanza de' Longobardi di partir ugualmente i loro Stati tra' loro figliuoli, i quali se bene presentemente si vedevano ne' titoli uniti in una sola persona, non è però, che Capo di ferro non avesse aggiudicato il Principato di Benevento a Landulfo IV, suo figliuolo, e quello di Salerno a Pandulfo altro suo figliuolo. Tutti i Principi longobardi della razza di Landulfo I Conte di Capua, que' di Benevento ancora e gli altri di Salerno, ebbero costume di provvedere tutti i loro figliuoli di proprj Feudi; e se bene nel principio gli amministravano indivisi, ancorchè ciascuno riconoscesse la sua parte, e sotto le medesime leggi; nulladimanco la condizione umana dovea portare per conseguenza la discordia fra di loro, onde poi divisi in fazioni diedesi agli esterni pronta occasione d'occupargli. Le massime della politica s'apprendevano allora dalla Scrittura Santa, non avendo per la barbarie de' tempi altri libri donde fossero meglio istrutti: essi leggendo quivi l'ammonizione di Davide, dicente, non esservi cosa più gioconda, che habitare fratres in unum, si regolavano da questo detto: ma non vedevano che ciò era ben da desiderare, e conseguito da tenersi caro; ma per la condizione umana era difficile a porsi in pratica; e potevano dalla medesima scrittura apprendere, che ogni regno diviso, per se stesso sì dissolverebbe. Comunque siasi non gli dava il cuore che al primogenito si dasse tutto, per ciò fattosi luogo alla successione, la città principale era ritenuta dal primogenito, e gli altri fratelli erano investiti di Contadi ed altri Feudi, de' quali per essere i possessori della stessa razza, da dependenti Signori, che ne erano, se ne rendevano assoluti. Così abbiam veduto di Radelchiso Principe di Benevento, il quale avendo da Caretruda generati dodici figliuoli, oltre Radalgario, che gli succedette, gli altri furono tutti Conti. Lo stesso accadde del Principato di Salerno, il quale, come si è detto, diviso da Gisulfo, con indignazione de' Salernitani, in tanti Contadi tra i figliuoli di Landulfo, fu veduto possedersi da tanti, oltre i Proceri salernitani, i quali ne' loro castelli viveano ben fortificati con assoluto ed independente arbitrio.
Ma sopra tutto il Principato di Capua patì questa deformazione; poichè dalla razza d'Atenulfo, come dal cavallo trojano ne uscirono tanti Conti e Signori, che riempierono non meno Capua, che Benevento di Contadi e Signorie. Del sangue di questo Principe uscirono i Conti di Venafro, di Sessa, d'Isernia, di Marsico, di Sarno, di Aquino, di Cajazza, di Teano e tanti altri. Li quali se bene, come si è altre volte detto, nel principio fossero stati conceduti in Feudo, nulladimanco poi ciò che era loro stato dato in amministrazione passò in signoria; ed insino a questi tempi la cosa era comportabile, perchè la concessione per la morte o fellonia del Conte, restava estinta, nè il Contado passava all'erede; ma in questi tempi indifferentemente praticavasi, per la ragione altrove rapportata, che passasse a' figliuoli ed eredi, concedendosi l'investiture pro se et haeredibus, siccome tra gli antichi monumenti si legge investitura fatta nell'anno 964 in Capua da Pandulfo Capo di ferro, e da Landulfo suo figliuolo della città d'Isernia colle sue pertinenze a Landulfo e suoi eredi[28].
Così concedendosi tanti Contadi e Feudi, non solo vennero a multiplicarsi e poi dividersi in tante parti, ma investendone quelli del medesimo loro sangue, si invogliavano ad aspirare alla signoria independente, e posero con ciò in iscompiglio e disordine gli Stati, che per ultimo restarono preda d'altre nazioni.
§. I. Cognomi di famiglie restituiti presso di noi, che per lungo tempo erano andati in disuso
Dal numero di tanti Feudi e Contadi posseduti da varie famiglie, sursero i cognomi per disegnarle; poichè i Longobardi non avendo cognomi per denotare le particolari famiglie,
25
Anon. Salern. part. 7 num. 10.
26
Pellegr. in not. ad Anon. Saler. pag. 216. In Archivio Cavensi: Nos Pandulfus Princeps filius b. m. D. Pandulfi Princ. declaro, quod Gisulfus, et Gemma adoptaverunt in filium.
27
Leggesi questo Carme presso Pellegr. loc. cit. pag. 223.
28
Leggesi questa investitura presso Ciarlant. nel Sannio, pag. 241. Concedimus et confirmamus tibi supranominato Landulfo Comiti dicto fratri nostro et haeredibus tuis praedictam civitatem Iserniae cum omnibus castellis, etc. ad avendum et possidendum et fruendum et dominandum vos et haeredibus vestris.