Storia delle cinque gloriose giornate di Milano nel 1848. Antonio Vismara
inventare od esagerare per farsi credere conoscitori degli avvenimenti, avevano infiltrata quella diffidenza che scoraggia e paralizza i forti propositi.
La Congregazione municipale continuava intanto le sue sedute in Broletto, ove accorrevano in folla i cittadini ad inscriversi nella Guardia civica. Presiedeva a quest'operazione il generale Teodoro Lecchi e l'impiegato municipale Luigi Manzoni. Le inscrizioni procedevano più regolarmente ch'era possibile, ma al momento della distribuzione delle armi si diffuse la notizia che esse mancavano perchè Torresani non aveva voluto ottemperare agli ordini di O'Donell, ritenendo invalida ogni determinazione da lui emessa sotto la coazione della prigionia. E invero Torresani rifiutò recisamente la consegna dei fucili delle guardie di polizia. Non restavan quindi per armare il popolo che le poche armi prese nelle officine di Sassi e di Calabresi, state poi pagate dal Municipio, ma che non bastavan del certo alle esigenze del bisogno. Essendo stato nominato Bellati a reggere la nuova polizia, in seguito al decreto di O'Donell, col quale scioglieva la polizia antica, ogni trattativa non approdò a qualsiasi favorevole risultato.
Radetzky pure aveva dichiarato di ritenere come nullo ogni ordine di O'Donell, valutandolo come estorto dalla pressione esercitata nella sua cattività per parte dei rivoluzionarii. Anzi il maresciallo, convenendo pienamente nell'operato di Torresani, invece di armi spedì armati. Un forte drappello di granatieri fu da lui mandato al Broletto, ove giuntovi, entrò dalla parte di S. Nazaro Pietrasanta (ora via Giulini), irruppe per le scale che conducevano agli ufficii della Delegazione, arrestò quanti incontrò e fece per tradurli seco in Castello. Se non che i granatieri trovarono opposizione in una mano di giovani armati di fucili e di qualche vecchia alabarda. Scesi in corte i soldati, si trovarono da un drappello di altri popolani minacciati alle spalle; talchè, senza poter condurre gente arrestata con sè, studiaron modo di ordinatamente ritirarsi.
Appena partiti, il popolo conobbe il pericolo di venir di nuovo invaso quel luogo e ne chiuse le porte, lasciando aperto il solo sportello dalla parte di S. Nazaro.
Infatti Radetzky, indignato dalla forzata ritirata de' granatieri, pensò al modo di riprender più tardi quel luogo stesso.
Passando ad altro punto della città, abbiam veduto che O'Donell era stato condotto in ostaggio in casa Vidiserti al Monte Napoleone, dove pose sede il quartier generale dell'insurrezione. Si potrà censurare la disposizione delle due sedi, municipale e quartier generale rivoluzionario, così distanti l'una dall'altra: ciò non può essere obbietto di censura quando si conosca la ragione che obbligò a trovarsi così distanti quei due ufficii dirigenti della rivoluzione. Abbiamo noi ommesso di dire che allorquando il conte O'Donell veniva scortato come ostaggio in potere del popolo insorto, egli veniva diretto al palazzo municipale; ma, giunta la comitiva nella via del Monte, si scontrò con un centinajo di soldati che fece una scarica contro di essa. Il podestà col prigioniero rifugiossi allora nella casa Vidiserti, e fu per questo fortuito caso che l'autorità municipale, ricapito dei cittadini e quartier generale dei combattenti, si trovò in luogo così remoto dalla sua sede. Ed è per questo che Radetzky, ignorando tal fatto, e ritenendo O'Donell prigioniero in Broletto, diede tanta importanza all'occupazione militare del Broletto.
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