Orlando Furioso. Lodovico Ariosto

Orlando Furioso - Lodovico Ariosto


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vile agli altri, e da quel solo amata

      a cui di sé fece sì larga copia.

      Ah, Fortuna crudel, Fortuna ingrata!

      trionfan gli altri, e ne moro io d'inopia.

      Dunque esser può che non mi sia più grata?

      dunque io posso lasciar mia vita propia?

      Ah più tosto oggi manchino i dì miei,

      ch'io viva più, s'amar non debbo lei! —

45

      Se mi domanda alcun chi costui sia,

      che versa sopra il rio lacrime tante,

      io dirò ch'egli è il re di Circassia,

      quel d'amor travagliato Sacripante;

      io dirò ancor, che di sua pena ria

      sia prima e sola causa essere amante,

      è pur un degli amanti di costei:

      e ben riconosciuto fu da lei.

46

      Appresso ove il sol cade, per suo amore

      venuto era dal capo d'Oriente;

      che seppe in India con suo gran dolore,

      come ella Orlando sequitò in Ponente:

      poi seppe in Francia che l'imperatore

      sequestrata l'avea da l'altra gente,

      per darla all'un de' duo che contra il Moro

      più quel giorno aiutasse i Gigli d'oro.

47

      Stato era in campo, e inteso avea di quella

      rotta crudel che dianzi ebbe re Carlo:

      cercò vestigio d'Angelica bella,

      né potuto avea ancora ritrovarlo.

      Questa è dunque la trista e ria novella

      che d'amorosa doglia fa penarlo,

      affligger, lamentare, e dir parole

      che di pietà potrian fermare il sole.

48

      Mentre costui così s'affligge e duole,

      e fa degli occhi suoi tepida fonte,

      e dice queste e molte altre parole,

      che non mi par bisogno esser racconte;

      l'aventurosa sua fortuna vuole

      ch'alle orecchie d'Angelica sian conte:

      e così quel ne viene a un'ora, a un punto,

      ch'in mille anni o mai più non è raggiunto.

49

      Con molta attenzion la bella donna

      al pianto, alle parole, al modo attende

      di colui ch'in amarla non assonna;

      né questo è il primo dì ch'ella l'intende:

      ma dura e fredda più d'una colonna,

      ad averne pietà non però scende,

      come colei c'ha tutto il mondo a sdegno,

      e non le par ch'alcun sia di lei degno.

50

      Pur tra quei boschi il ritrovarsi sola

      le fa pensar di tor costui per guida;

      che chi ne l'acqua sta fin alla gola

      ben è ostinato se mercé non grida.

      Se questa occasione or se l'invola,

      non troverà mai più scorta sì fida;

      ch'a lunga prova conosciuto inante

      s'avea quel re fedel sopra ogni amante.

51

      Ma non però disegna de l'affanno

      che lo distrugge alleggierir chi l'ama,

      e ristorar d'ogni passato danno

      con quel piacer ch'ogni amator più brama:

      ma alcuna finzione, alcuno inganno

      di tenerlo in speranza ordisce e trama;

      tanto ch'a quel bisogno se ne serva,

      poi torni all'uso suo dura e proterva.

52

      E fuor di quel cespuglio oscuro e cieco

      fa di sé bella ed improvvisa mostra,

      come di selva o fuor d'ombroso speco

      Diana in scena o Citerea si mostra;

      e dice all'apparir: – Pace sia teco;

      teco difenda Dio la fama nostra,

      e non comporti, contra ogni ragione,

      ch'abbi di me sì falsa opinione. —

53

      Non mai con tanto gaudio o stupor tanto

      levò gli occhi al figliuolo alcuna madre,

      ch'avea per morto sospirato e pianto,

      poi che senza esso udì tornar le squadre;

      con quanto gaudio il Saracin, con quanto

      stupor l'alta presenza e le leggiadre

      maniere, e il vero angelico sembiante,

      improviso apparir si vide inante.

54

      Pieno di dolce e d'amoroso affetto,

      alla sua donna, alla sua diva corse,

      che con le braccia al collo il tenne stretto,

      quel ch'al Catai non avria fatto forse.

      Al patrio regno, al suo natio ricetto,

      seco avendo costui, l'animo torse:

      subito in lei s'avviva la speranza

      di tosto riveder sua ricca stanza.

55

      Ella gli rende conto pienamente

      dal giorno che mandato fu da lei

      a domandar soccorso in Oriente

      al re de' Sericani e Nabatei;

      e come Orlando la guardò sovente

      da morte, da disnor, da casi rei:

      e che 'l fior virginal così avea salvo,

      come se lo portò del materno alvo.

56

      Forse era ver, ma non però credibile

      a chi del senso suo fosse signore;

      ma parve facilmente a lui possibile,

      ch'era perduto in via più grave errore.

      Quel che l'uom vede, Amor gli fa invisibile,

      e l'invisibil fa vedere Amore.

      Questo creduto fu; che 'l miser suole

      dar facile credenza a quel che vuole.

57

      – Se mal si seppe il cavallier d'Anglante

      pigliar per sua sciocchezza il tempo buono,

      il danno se ne avrà; che da qui inante

      nol chiamerà Fortuna a sì gran dono

      (tra sé tacito parla Sacripante):

      ma io per imitarlo già non sono,

      che lasci tanto ben che m'è concesso,

      e ch'a doler poi m'abbia di me stesso.

58

      Corrò la fresca e matutina rosa,

      che, tardando, stagion perder potria.

      So ben ch'a donna non si può far cosa

      che


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