Due. Eva Forte

Due - Eva Forte


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Ci sono anche io, una volta tanto, e vedendomi riflesso nella piccola pozza d'acqua quasi non mi riconosco talmente tanto è il tempo in cui non ho pensato a me e alla mia vita reale. Un periodo passato solo a lavorare, senza tanti amici con cui condividere altro e con poche donne senza significato con cui passare qualche notte senza poi ricordare particolari emozioni lasciate alle spalle. Un periodo freddo, reso più intimo solo dalle mie fotografie che raccontano però la vita di altra gente e di altri posti. C'è un poco di me in ogni scatto, ma niente a che vedere con quello che un fotografo può fare mettendoci dentro il proprio cuore. Devo ricominciare a fare fotografie non commissionate, ricercandoci dentro me stesso e forse la foto della margherita è il primo passo per riscoprirmi cambiato e dare una svolta alla mia vita che ora appartiene solo agli altri, come una meretrice che si abbandona solo al proprio lavoro per dare piacere agli altri.

      

      

      Attraverso Via del Corso per un piccolo tratto per poi buttarmi nelle stradine interne e arrivare fino al Pantheon sempre pieno e movimentato. In quel momento mi chiama Stefano. Lui lavora in un ufficio proprio dietro Corso Vittorio Emanuele e sapendo del mio appuntamento, mi richiama all'ordine per un pasto veloce dalle sue parti. In pochi minuti siamo già insieme, alla volta di Campo de' Fiori dove mangiare al volo uno dei buonissimi panini che fanno espressi in un piccolo locale senza sedie nè tavolini. Il mio preferito è quello con melanzane e mozzarella e così, con il pranzo in mano continuiamo la nostra passeggiata fino a fermarci su una panchina in Piazza Navona. Comincio a raccontare al mio amico della mia mattinata cominciando dal Vittoriano fino a confessargli della margherita. Appena comincio a descrivere il momento del bar, si ferma e smette di mangiare completamente preso dal mio breve racconto. “Adesso sta a lei”, mi dice senza tanto riflettere sulle sue parole a cui seguono interminabili minuti di silenzio. “Finalmente questa assurda storia può prendere la giusta piega, dovete conoscervi e magari scoprirete che avete qualcosa di vero da condividere oppure semplicemente che non siete fatti l'uno per l'altra e così, lasciando fermo il discorso dello sguardo della mattina, potrai cominciare a pensare di farti una vita con una donna vera e che non sia solo la passione di una notte e basta”. L'idea di avere idealizzato una donna che neanche conosco mi spaventa, se non fosse veramente come io penso? Sarebbe come perderla per sempre senza poi averla neanche mai avuta. Mi è capitato spesso di pensare a lei al di fuori del bar, le ho dato tanti nomi e immaginata in tantissime situazioni diverse. Mi sono immaginato al suo fianco, mentre viviamo i posti che amo di più. Nei miei sogni l'ho portata nel paese di mia madre, siamo stati a scalare le montagne e fare lunghe passeggiate al mare. Ci siamo persino baciati nella penombra degli alberi secolari. “Mi stai ascoltando? Se lei ora non farà il prossimo passo, basta... vai li e ti presenti e vada come deve andare una volta per tutte”. Continua Stefano, ormai completamente preso dalla mia storia e voglioso di arrivare a una conclusione positiva o meno che sia. Sono d'accordo con lui, ormai ho capito che dobbiamo andare avanti, fermi all'entrata di questa non relazione ormai da troppo tempo. Però tutto deve essere fatto senza fretta, non potrei, in caso negativo, uscire da questa storia in modo troppo brusco. Non so neanche ancora il suo nome.

      

      

      Salutato il mio fedele amico, riprendo la strada del ritorno avvolto completamente nei mie pensieri, tanto che arrivo a casa senza neanche accorgermi dei chilometri percorsi a piedi. Non mi sono accorto delle persone incrociate sulla via, delle macchine che mi sfrecciavano di lato, delle fontane che gettavano acqua incessantemente e degli uccelli spensierati nel cielo. Sono tornato al presente solo vedendo il mio portone chiuso davanti a me, come una sentinella silenziosa e possente. In lontananza vedo la signora con il cane del mio vicino e così mi affretto ad entrare, con poca voglia di rimanere sulla porta a chiacchierare con lei di medicine e bisognini del cane sparsi per chissà quale strada del quartiere. Chiusa la porta di casa alle mie spalle tiro un sospiro di sollievo e continuo a muovermi silenziosamente per non farmi sentire all'esterno e, stremato, mi butto sul letto. Quando mi risveglio sono tutto sudato, con ancora le scarpe e il giaccone addosso. Sono le sette di sera e ho dormito per quasi tutto il pomeriggio abbandonato in un sonno profondo. Dopo una doccia veloce e già con il pigiama addosso mi metto al computer e comincio a lavorare sulle mie fotografie di oggi. Le più belle sono quella del fiore e della pozzanghera con me dentro... comincio a riconoscermi, a ritrovare me stesso in quello che faccio e questo mi offre la carica giusta per trovare il coraggio di dare una svolta alla storia con la ragazza del bar.

      

      

      Il giorno dopo, nonostante sia rimasto sveglio fino a tardi per lavorare al computer, mi sveglio seguendo la routine settimanale, così da arrivare al bar alla solita ora, curioso di vedere cosa farà lei dopo il mio piccolo pensiero di ieri. Quando entro la vedo già seduta al tavolo, come sempre, bellissima più di ogni altro giorno. Mi lancia uno sguardo veloce, arrossendo leggermente mentre volta il viso verso la sua amica che rimane ferma e la fissa. C'è qualcosa di strano nel loro comportamento, non sono immerse nella normale naturalezza delle altre mattine, tra le loro chiacchiere a voce bassa. Al bancone non c'è nessuno e così mi metto nel mio solito angolo in attesa che arrivi il barista. La riguardo di sfuggita e appena si accorge che la sto guardando, distoglie nuovamente lo sguardo che era fisso su di me. Con il braccio faccio cadere una busta di carta che probabilmente era poggiata alla scatola dello zucchero nell'angolo. La raccolgo e vedo che sopra c'è scritto “Per ?” e sul lato c'è disegnato un piccolo fiore. Mi fermo per qualche istante senza sapere cosa fare e poi colto da una grande curiosità la apro, non essendoci nessun altro intorno. All'interno c'è un cioccolatino con disegnata sopra una margherita. L'adrenalina va a mille, ecco il suo passo, la busta è proprio per me. Mi scappa un sorriso quando mi accorgo che dentro c'è anche un biglietto, scritto a penna: “Oltre alla vista abbiamo altri sensi, oggi cercherò di saziare anche il Gusto. A.”. Lo rileggo per tre volte quasi a volere imparare a memoria una frase così breve ma ricca di significato per me. Quando mi giro mi accorgo che è andata via, in completo silenzio tanto da non farmene neanche accorgere. Comincio a scartare il cioccolatino cercando di non rompere la carta che conservo dentro al portafogli. Lo mangio come non avessi mai assaggiato della cioccolata in vita mia, assaporando lentamente l'amaro del cacao e la dolcezza della vaniglia che lo avvolge con la sua morbidezza. Mi accorgo di avere gli occhi chiusi, completamente rapito dal suo sapore e concentrato solo sul senso del gusto, così come ha scritto A. nel suo biglietto che rileggo per la quarta volta quasi a cercare qualcosa tra le righe, per poi conservarlo nella tasca del giaccone pronto per essere riletto ancora altre volte, fino allo sfinimento. Il sapore del cioccolatino si salda nella mia mente e d'ora in avanti non potrò mangiare qualcosa con questo gusto senza fare a meno di ripensare a questa avvolgente mattinata fatta di caffè e cioccolato alla vaniglia. Con un sorriso ebete sul volto, saluto il barista che nel frattempo mi aveva servito il solito caffè e vado via un po' disturbato dal fatto che non vedrò la mia misteriosa A. per i prossimi due giorni, con il fine settimana ormai alle porte.

      

      

      In passato il sabato e la domenica sono sempre stati una benedizione, ma da quando c'è lei sono diventate due giornate da vivere il più in fretta possibile, anelando all'ossigeno da riavere il lunedì mattina successivo attraverso il suo sguardo. Questo sarà ancora più lungo e pesante, anche se però così avrò più tempo per pensare alla mia prossima mossa. Il gioco è stato deciso, mi devo focalizzare sui cinque sensi e decidere se seguire quello che lei ha scelto come secondo o proseguire su quello successivo. Sento ancora il sapore forte del cioccolato in bocca e spero rimanga ancora per molto, per fissarlo sempre più forte nella memoria. Mi viene subito in mente la maddalenina di Proust, quello che lui ricordava rimangiandola a distanza di tanti anni e comincio a capire sempre di più i suoi scritti e le sue forti emozioni rievocate da un piccolo e semplice dolcetto dell'infanzia. Vorrei poter avere tanti altri di quei cioccolatini, così da mangiarne uno ogni volta che il suo ricordo comincia a scemare oppure ogni volta che voglio rendere più reale il pensiero che ho di lei anche quando non c'è. Un sapore che per ora è legato a due occhi limpidi e penetranti, alla sua bellezza e i capelli neri e lisci poggiati sulle spalle. A quel sorriso appena accennato incorniciato dalle labbra rosa e da una pelle chiara e luminosa. Oggi aveva un vestito verde bosco con gli stivali neri con il tacco intravisto di sfuggita sotto il tavolino al mio arrivo. Mi è dispiaciuto non vederla


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