Kali Yuga. Federico Pierlorenzi
di pesci tropicali appese alle pareti. Tutti i tramonti dipinti dalla tremante mano della madre. Tutta la sua vita, in fondo, è un’accozzaglia di grigi inespressivi. Ed ora si è abituato a vivere a cavallo di quelle impercettibili sfumature. Quasi a sentirsi di dare fastidio al solo uscire dagli schemi che la vita gli ha “generosamente” invitato a seguire. E che lui non ha mai deciso di cambiare. In vita sua ha cambiato tante persone, e molte di queste, affascinate da quell’essere leggero e profondo, sono cambiate in cuor loro in meglio. Ma questo Blue non lo sa. O forse non gli interessa più. Ci sono tanti come lui, uno in più o uno in meno non farà di certo la differenza in un calcolo sommatorio e diffamatorio di sette miliardi di persone e più. Alza il braccio sinistro dopo un secondo laconico respiro e alza la temperatura della doccia. Si sta abituando anche al caldo e pensa che una sauna vera e propria non l’ha mai fatta in vita sua. Certo ci è andato vicino quando è rimasto chiuso in ascensore in un settembre ancora estivo, durante i corsi di recupero delle materie umanistiche al liceo. E pensare che in ascensore non era solo. Erano rimaste bloccate con lui due delle ragazze più in di tutto l’istituto. Ed aveva anche scoperto a sue spese quanto fossero stronze le due bimbe… Prese da sole non sarebbero poi state neanche male, mentalmente parlando si intende, fisicamente non avevano nulla di che vergognarsi. Proprio due belle cocche di papà con la puzza sotto al naso e l’idea di usare il mondo intero a loro piacere e comodo. Solo per riempire l’inconscio vuoto causato dalla sempre più crescente consapevolezza dell’assenza di un non ben definito ‘qualcosa’. Avevano cominciato a denudarsi, pezzo per pezzo con i loro risolini e ammiccamenti vari. E Blue, lì, non era certo un pezzo di marmo. Rianalizzando l’episodio con il senno di poi ricorda solo le estenuanti prese per i fondelli che ne conseguirono per qualche mese ad opera dei soliti tre. E l’immensa fatica di non saltare addosso a quei due pezzi di figliole. Quando riaprirono le porte dell’ascensore loro due erano in mutande e reggiseno, che si rimisero in fretta e furia alle prime avvisaglie di salvataggio. Dettaglio che Blue non divulgò mai, forse per eccessiva galanteria o coglionaggine. Come non raccontò mai i baci con tanto di lingua scambiati tra le due ragazze. I lembi di pelle tremula accarezzati dalle mani con le unghie dipinte. E i sorrisi ammiccanti, gli sguardi provocanti, i mugolii accennati... E lui zuppo di sudore ed arrapato come mai prima di allora… Però ora il caldo e gli agrodolci ricordi che lo aggrediscono gli fanno mancare il fiato. È costretto ad aprire quello che in passato era uno sportello a tenuta stagna, per prendere un po’ d’aria. La fessura è quasi impercettibile, basta appena per il suo naso aquilino e la pupilla dilatatissima. L’aria fredda va oltre il suo dovere e un brivido gelido gli scorre dal braccio destro su fino alla base del collo, per poi perdersi lungo la schiena ancora asciutta. Il brivido lo scuote dal suo torpore e la pupilla si stringe alla stessa velocità con la quale si risvegliò l’ultima volta che lo avevano tirato fuori da un’overdose con l’adrenalina. L’espressione del suo volto per un istante è la stessa. Poi il flash dei ricordi passa. E il suo occhio destro, appesantito dalla cicatrice dei sei punti di sutura alla palpebra, si rassicura con la luce bluastra che compare ad intermittenza da sotto l’uscio della porta socchiusa. Il nightclub sotto casa sua adesso è aperto, di solito apre alle… di solito non ha un’ora di apertura precisa. Né l’insegna, che prepotente entra dalla finestra della sua camera da letto, si accende in orario con l’inizio della vita notturna. E tanto meno gli interessa adesso quale sia l’ora. È notte, questo gli basta. È l’ora adesso dei ricordi malinconici. Belli sì, ma malinconici. Proprio perché la vita ha smesso di aiutarlo fin da subito ed ogni singolo bel ricordo è stato appositamente messo su uno squallido altare emotivo. Ci ha lavorato in quella bettola con l'insegna bluastra, eccome se ci ha lavorato. Ed è riuscito anche a farci entrare a scrocco un paio di quei compagni più simili a lui, ed anche un po’ più assillanti degli altri… E poi lei, i suoi capelli, il suo profumo così saturo di ormoni, così odioso. Oblique della Givenchi. Non lo scorderà mai, come non scorderà mai il suo odore, così dolce e inebriante, dopo una doccia rilassante a fine giornata lavorativa e ad inizio giornata solare…
Il tuo odore mi porterebbe per mano
in quel mondo che nessuno ha mai esplorato
ogni mio respiro si carica di fremito
se solo chiudo gli occhi quando ti abbraccio
il tuo odore trasforma l'aria in aria di te
il tuo odore inebria e offusca ogni mio senso
il tuo odore riempie i miei polmoni e la mia anima
il tuo odore ricolma il vuoto che alberga in me quando non ci sei
il tuo odore risveglia il mio spirito
il tuo odore rigenera le membra stanche della mia anima ferite da un mondo di nulla
senza te non respiro
il tuo odore su di me dopo che ti ho avuta
è il riscatto travagliato
di una eterna epifania del mio essere.
In realtà non c’è stato niente tra loro. Ma a Blue piace ricordare quell’affinità emotiva che aveva instaurato con la “gattina” del night. Spesso qualche bravo cittadino modello rimaneva ad aspettare le ragazze a chiusura. Alcune partivano in lussuose macchine che puzzano di pelle, sudore, fumo e deodorante al pino silvestre, di quelli che costano più di quelli per i cristiani. E la security scortava le altre ragazze solo fino all’isolato seguente. E dietro l’angolo? E così la “gattina” aveva preso l’abitudine di uscire dal retro assieme al barista sbarbatello. E di scroccare una doccia e qualche ora di sonno, quando poteva. Dal canto suo Blue adorava salire a casa, spostare con non chalance quei quattro oggetti a caso che aveva volutamente incasinato prima di uscire per non passare da perfettino. Togliersi le scarpe, e sdraiarsi sul letto ad una piazza e mezzo, aspettando che lei arrivasse ancora con tutto il suo vero e originale odore, dopo la doccia. Guardare la sua perfetta silouette sdraiarsi con un dolce sorriso accanto a lui, e addormentarsi accoccolata tra le braccia di certo non irsute dell’adolescente. Eppure sembrava si sentisse protetta, difesa, sicura. Poi arrivava sempre l’ora di alzarsi e la “gattina” con i suoi sensi felini si accorgeva sempre quando lui staccava anche un solo centimetro di pelle da lei. «È già ora? Sono passate solo un paio d’ore. Spero che stavolta tu abbia dormito un po’. Sai quanto è stupido passare il poco tempo che hai a disposizione per dormire guardando una brutta e isterica donnaccia.». Un sorriso malinconico graffia il viso pallido di Blue al ricordo della dolcezza, della simpatia e della sensualità della voce di lei. E poi, il suo accento dell’est…
ogni respiro che mi regali
è diverso e sempre importante
e non passa istante
che non cerchi di capirti
e non passa istante
che non ti ammiri
così
immobile
nel mondo che cambi
senza neanche accorgerti
sei il sole
di una galassia di
emozioni
sensazioni
stati d'animo
intensi
e per me
sempre più sconvolgenti
perché abituato
alla neve
che gela la mia anima