Racconti Buonisti. Marco Fogliani
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Indice dei contenuti
ALICE, QUELLA PICCOLA FIGLIA DI ...
L'AMORE AI TEMPI DI MATUSALEMME
IL GRANDE PARRUCCHIERE
A volte mi succede, per fortuna non troppo spesso, di guardarmi allo specchio e di pensare: "Basta! Questa faccia mi ha stufato."
Non è esattamente che voglia farmi una plastica, anche se ogni tanto la tentazione ci sarebbe, così come quella di cambiare lavoro, casa, marito e figli: insomma, di cambiare vita. Mi accontento di cambiare taglio e colore. E allora esco e vado da Gino, il mio parrucchiere di fiducia il quale, per avere una personalità decisamente più femminile che maschile, mi comprende pienamente.
"Vediamo che cosa mi consiglia questa volta", penso quando vado da lui. In genere mi squadra con espressione dubbiosa, mi guarda prima da vicino, poi si allontana, mi fa voltare e mi esamina da dietro. Poi torna di fronte a me e, come se gli si fosse accesa una lampadina, mi annuncia, con mia soddisfazione: "Non sei affatto male neanche così: però so io cosa ti ci vorrebbe." Prende un suo catalogo e senza esitazione mi fa vedere ciò che quel giorno ha in mente per me - ignorando completamente, come dice mio marito, il fatto che sia stato egli stesso, la volta precedente, a consigliarmi il mio look attuale.
Io non ho mai niente da obiettare. Mi fido completamente di lui e mi affido alle sue mani (o, se ha molte clienti, a quelle della sua assistente: ma l'idea è sempre sua).
Quella volta invece no. Entrai e Gino mi venne incontro con un sorriso quasi radioso. "Signora Teresa, che fortuna che sei venuta! Pensa che volevo chiamarti. Oggi, e non so fino a quando, ho il grande onore e privilegio di avere nella mia bottega Reneè Flambow: un mito, un maestro per noi parrucchieri; un vero artista. Vedrai se non ho ragione." E ciò detto mi fece entrare nel salottino di destra, dove un bizzarro signore, che dalla lingua e dall'aspetto giudicai francese, si dedicò con passione ed energia ai miei capelli.
Poco dopo, la mia testa bagnata passò dalle mani dell'artista al casco; e riecco di nuovo Gino, venuto ad accompagnare una nuova cliente alla poltrona accanto alla mia. La conoscevo, e perciò ci salutammo. Era Enrica, una delle mie vicine di casa: una studentessa universitaria che in qualche occasione aveva anche fatto da baby-sitter ai miei bambini.
Attratta dalla foto in copertina della Silvestrini, giovane e avvenente ballerina ormai lanciata con successo nel mondo del cinema, presi dal portariviste l'ultimo numero della mia rivista di gossip preferita, e cominciai a sfogliarlo.
"Ecco, prima o poi dovrei farmi i capelli come lei" ragionai tra me, probabilmente ad alta voce. "Mi piace moltissimo. E' proprio una donna affascinante, dolce. Certo non sono solo i capelli che fanno la differenza: anche parecchi anni di meno". Mi girai verso Enrica, per mostrarle le foto e condividere con lei le mie riflessioni, ma ella in quel momento - opera d'arte vivente nelle mani del grande artista - non poteva darmi ascolto.
Feci in tempo a leggere da " Lo Specchio Magico" tutto quanto c'era da leggere sulla Silvestrini prima che il maestro, infilata la testa bagnata di Enrica sotto il casco, tornasse a dedicarsi a me.
"Et voilat, madame", mi disse poco dopo scoprendo il mio nuovo look come fosse un capolavoro. E forse lo era davvero. Mi lasciò senza parole. Era come se quell'uomo - o forse quel casco - mi avesse letto nel pensiero. Ero diventata uguale alla Silvestrini. Più mi fissavo allo specchio e più trovavo impressionante la mia somiglianza con lei: stessa tinta, stesso taglio. Non fosse stato per gli occhiali, anche gli occhi e l'espressione del viso mi sembrava che adesso somigliassero ai suoi. Mi sentivo un'altra, ringiovanita; e, difficile a crederci, più felice dentro, quasi fossi cambiata anche all'interno.
"Ma hai visto?", dissi rivolta ad Enrica, continuando a fissare ora il mio volto allo specchio, ora la rivista nelle mie mani. "Mi ha fatto tale e quale alla Silvestrini. E' impressionante!"
Enrica, liberata anch'essa dal casco appena dopo di me, mi guardò anch'essa con grande stupore. Ma lo stupore, mio e suo, fu ancora più grande nel vedere che lei adesso somigliava come una goccia d'acqua a me; a me com'ero qualche giorno prima, voglio dire. Eccetto per un piccolo dettaglio.
"Prova un attimo a metterti questi", le dissi porgendole i miei occhiali. Lei li infilò e li tolse subito. "Mi danno fastidio alla vista", disse, "e poi mi invecchiano ancora di più".
"Davvero trovi che questi occhiali mi invecchino?", le chiesi d'istinto, interessata. Lei ebbe una brutta reazione, quasi isterica: "Ho detto che invecchiano me, non che invecchiano te", mi rispose, alzando la voce e come se stesse per scoppiare in lacrime. Non lo fece forse solo perché in quel momento entrò di nuovo Gino, contento e gioviale come suo solito.
"E allora, che ve ne pare del grande maestro?"
Reneè nel frattempo era uscito, senza quasi che ce ne accorgessimo. "A te ha cambiato completamente aspetto", disse rivolgendosi a me, quasi estasiato. "Invece con te, Teresa, non ha osato troppo … o forse non ha ancora finito! Comunque dimenticavo di darvi questa speciale lacca, di sua invenzione. In omaggio, naturalmente. Va applicata tutte le mattine altrimenti, tempo qualche giorno, un po' alla volta i vostri capelli torneranno come prima. E sarebbe un vero peccato!"
Dopo aver pagato, io ed Enrica uscimmo insieme dal negozio.
"Stai tornando a casa? Ti va se facciamo la strada insieme?", le proposi, vedendola chiaramente triste e demoralizzata. Lei annuì.
Ripensandoci, avrei fatto meglio a consigliarle di chiedere un nuovo intervento "riparatore" ai suoi capelli, anziché cercare di consolarla e di risollevarla.
"Guarda che la pettinatura che ti ha fatto non è niente male", le dissi invece. "Pratica, piacevole, forse la migliore che mi abbia proposto Gino. Comunque, se non ti ci trovassi a tuo agio, basta non usare la lacca e vedrai che tra qualche giorno