L’ascesa Del Prode . Морган Райс

L’ascesa Del Prode  - Морган Райс


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Al vento sventolava l’emblema di Pandesia – un teschio nel becco di un’aquila – il che fece venire a Duncan la nausea. Il vedere una città così grandiosa tenuta prigioniera dai Pandesiani era fonte di vergogna per Duncan e anche nel buio della notte le sue guance avvamparono. Le navi stavano lì quasi compiacenti, ancorate al sicuro, nessuna nell’aspettativa di un attacco. Naturale. Chi avrebbe mai osato attaccare? Soprattutto nel buio della notte e nel mezzo di una tempesta di neve?

      Duncan percepì tutti gli occhi dei suoi uomini puntati su di lui e capì che il suo momento della verità era sopraggiunto. Aspettavano tutti il suo ordine fatidico, quello che avrebbe cambiato per sempre il destino di Escalon. Rimase sul suo cavallo, con il vento che ululava, sentendo il destino che traboccava in lui. Sapeva che quello era uno di quei momenti che avrebbe definito la sua vitae le vite di tutti quegli uomini.

      “CARICA!” tuonò.

      I suoi uomini esultarono e tutti insieme si lanciarono giù dalla collina, correndo verso il porto che si trovava a parecchie centinaia di metri. Sollevarono le torce in alto e Duncan sentì il cuore che gli martellava nel petto mentre il vento gli sferzava il volto. Sapeva che quella missione era un suicidio, ma sapeva anche che era talmente folle che avrebbe potuto funzionare.

      Attraversarono la campagna, i cavalli galoppavano così veloci che l’aria fredda quasi gli toglieva il fiato, e man mano che si avvicinavano al porto le mura di pietra ormai a cento metri da loro, Duncan si preparò per la battaglia.

      “ARCIERI!” gridò.

      Gli arcieri, cavalcando in file ben delineate dietro di lui, diedero fuoco alle frecce accendendone le punte con le torce e restarono in attesa di un suo ordine. Continuarono a galoppare, gli zoccoli dei cavalli come tuoni, i Pandesiani di sotto non ancora coscienti dell’attacco che stava sopraggiungendo.

      Duncan aspettò che fossero più vicini – quaranta metri, poi trenta, poi venti – e alla fine capì che era il momento giusto.

      “FUOCO!”

      La notte nera venne improvvisamente illuminata da migliaia di frecce infuocate che disegnarono un arco nel cielo, passando attraverso la neve e facendosi strada verso decine di navi pandesiane ancorate nel porto. Una alla volta, come delle lucciole, trovarono i loro bersagli atterrando sulle lunghe tele sventolanti delle vele pandesiane.

      Non ci vollero che pochi istanti perché le navi si incendiassero: prima le vele e poi le intere imbarcazioni presero fuoco e le fiamme si diffusero rapidamente nel porto ventoso.

      “DI NUOVO!” gridò Duncan.

      Raffica dopo raffica le frecce dalle punte infuocate caddero come gocce di pioggia sulla flotta pandesiana.

      La flotta rimase inizialmente silenziosa nella quiete mortale della notte, i soldati tutti ben addormentati, tutti completamente ignari. Duncan si rendeva conto che i Pandesiani erano diventati troppo arroganti, troppo compiacenti, senza minimamente sospettare un attacco del genere.

      Duncan non concesse loro tempo per organizzarsi: rinvigorito galoppò in avanti avvicinandosi rapidamente al porto. Fece strada fino alle mura di pietra che circondavano il porto.

      “TORCE!” gridò.

      I suoi uomini galopparono fino alla costa, sollevarono le torce in alto e con un grande grido seguirono l’esempio del loro capitano e scagliarono le torce sulle navi più vicine. I pesanti tizzoni infuocati atterrarono come delle mazze sui pontili e i tonfi riempirono l’aria mentre decine di altre barche venivano incendiate.

      I pochi soldati pandesiani in servizio notarono troppo tardi ciò che stava accadendo e si trovarono imprigionati in un’ondata di fiamme, gridando e lanciandosi fuori bordo.

      Duncan sapeva che era solo questione di tempo perché anche il resto dei Pandesiani si svegliassero.

      “CORNI!” gridò.

      Vennero fatti risuonare i corni lungo i ranghi, l’antico grido di raccolta di Escalon, quei suoni brevi che sapeva che Seavig avrebbe riconosciuto. Sperava che lo incitassero.

      Duncan smontò da cavallo, sguainò la spade e corse verso le mura del porto. Senza esitare saltò sul basso muretto e da lì su una nave in fiamme facendo strada nell’attacco. Doveva finire i Pandesiani prima che potessero organizzarsi.

      Anvin ed Arthfael attaccarono al suo fianco ed i suoi si unirono a loro lanciando un grandioso grido di battaglia mentre gettavano le loro vite al vento. Dopo così tanti anni di sottomissione era sopraggiunto il loro giorno della vendetta.

      I Pandesiani alla fine vennero destati. I soldati iniziarono ad emergere da sottocoperta riversandosi in avanti come formiche, tossendo per il fumo, frastornati e confusi. Videro Duncan e i suoi uomini e sguainarono le spade attaccandoli. Duncan si trovò ad essere affrontato da fiumi di uomini, ma non esitò. Al contrario, attaccò.

      Si lanciò in avanti e si abbassò quando il primo uomo tirava per prenderlo alla testa, poi si raddrizzò e pugnalò l’avversario al ventre. Un soldato mirò alla sua schiena, ma Duncan ruotò e parò il colpo, poi deviò la spada del soldato e lo infilzò al petto.

      Duncan combatteva eroicamente mentre veniva attaccato da ogni lato, ricordando i giorni di un tempo mentre si trovava immerso nella battaglia, lottando su ogni fronte. Quando gli uomini arrivavano troppo vicini per poterli raggiungere con la spada, si tirava indietro e dava loro un calcio creandosi lo spazio per colpire. In altri casi ruotava a dava gomitate, combattendo corpo a corpo negli spazi più stretti quando vi era costretto. Gli uomini cadevano attorno a lui e nessuno riusciva ad arrivargli addosso.

      Presto Duncan si trovò affiancato da Anvin ed Arthfael mentre decine dei suoi uomini accorrevano in aiuto. Quando Anvin lo raggiunse parò il colpo di un soldato che stava per attaccare Duncan alle spalle, risparmiandogli una ferita, mentre Arthfael si faceva avanti, sollevava la spada e fermava un’accetta che gli stava calando contro il volto. Allo stesso tempo subito Duncan avanzò e colpì il soldato al ventre aiutando Arthfael ad abbatterlo definitivamente.

      Combattevano tutti come una cosa sola, una macchina ben funzionante grazie a tutti gli anni passati insieme, tutti difendendosi a vicenda alle spalle mentre il clangore delle spade e delle armature riempiva la notte.

      Tutt’attorno a sé Duncan vedeva i suoi uomini salire sulle navi in ogni angolo del porto, attaccando la flotta tutti insieme. I soldati pandesiani accorrevano, tutti completamente svegli, alcuni di loro in fiamme. I guerrieri di Escalon combattevano tutti coraggiosamente in mezzo al fuoco; nessuno di loro arretrava neanche se le fiamme imperversavano attorno a loro. Duncan stesso lottò fino a quando non riuscì più a sollevare le braccia, sudando, con il fumo che gli faceva bruciare gli occhi, le spade che sbattevano tutt’attorno a lui, facendo cadere un soldato dopo l’altro impedendo loro di scappare a riva.

      Alla fine il fuoco si fece troppo caldo: i soldati pandesiani, con indosso le armature complete, intrappolati dalle fiamme balzarono dalle navi cadendo nelle acque di sotto. Duncan condusse i suoi uomini giù dalle imbarcazioni e sulle mura di pietra, di nuovo dalla parte interna del porto. Udì un grido e si voltò notando centinaia di soldati pandesiani che cercavano di seguirli, di scendere dalle navi.

      Quando fu sulla terraferma e l’ultimo dei suoi uomini fu sceso, si voltò, sollevò la spada in alto e colpì le grosse funi che tenevano le navi attraccate a riva.

      “LE FUNI!” gridò Duncan.

      Per tutto il porto i suoi uomini seguirono il suo comando e tagliarono le funi che tenevano la flotta legata alla costa. Quando la grossa fune davanti a lui si spezzò, Duncan mise un piede sul ponte e con un forte calcio spinse la nave lontano dalla riva. Sbuffò per lo sforzo e Anvin, Arthfael e decine di altri uomini accorsero unendosi a lui. Tutti insieme spinsero lo scafo incendiato verso il largo.

      La nave in fiamme, piena delle grida dei soldati, si spostò inevitabilmente verso le altre navi del porto e quando le raggiunse il fuoco si sparse anche su quelle. Gli uomini balzarono dalle navi a centinaia, gridando e affondando nelle nere acque del mare.

      Duncan rimase lì, respirando affannosamente, intento a guardare con occhi accesi l’intero porto che in breve si era acceso nella grandiosa conflagrazione. Migliaia di Pandesiani, ora tutti in piedi, emersero dalle


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