Arena Due . Морган Райс

Arena Due  - Морган Райс


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il timone, tanto da scagliarmi sull’altro lato della barca.

      Anche i mercanti di schiavi girano, per seguirci. E così facendo mi danno il fianco della barca.

      Sia io che Logan ci mettiamo in ginocchio, ed esplodiamo diversi colpi.

      In un primo momento, la nostra pioggia di fuoco non va a segno.

      Dai. Dai!

      Penso a papà. Raddrizzo il polso, faccio un respiro profondo, e lascio partire un altro colpo.

      Con mio stupore, faccio pieno centro.

      La barca dei mercanti di schiavi esplode di botto. La mezza decina di mercanti di schiavi che era a bordo va ora a fuoco, strillando mentre la barca fila via fuori controllo. Pochi istanti dopo, si va a schiantare contro la riva.

      Altra grossa esplosione. La loro barca va a fondo rapidamente, e gli eventuali sopravvissuti stanno ora annegando nell’Hudson.

      Ben gira nuovamente la barca, riportandoci a risalire il fiume; lentamente mi alzo e respiro a fondo. Non ci credo. Li ho uccisi.

      “Bel colpo” dice Logan.

      Ma non c’è tempo per dormire sugli allori. All’orizzonte c’è un’altra barca sempre più vicina. Temo che non saremo di nuovo così fortunati.

      “Non ho più munizioni” dico.

      “Anch’io sono quasi a corto” dice Logan.

      “Non abbiamo come affrontare l’altra barca” dico io. “E non siamo abbastanza veloci per distanziarla”.

      “Che suggerisci?” domanda.

      “Dobbiamo nasconderci”.

      Mi volto verso Ben.

      “Trovaci un riparo. Ora. Dobbiamo nascondere la barca. ORA”!

      Ben accelera mentre io corro davanti, mi metto accanto a lui e scandaglio il fiume alla ricerca di punti dove nasconderci. Forse, se siamo fortunati, ci sfrecceranno davanti senza accorgersi di niente.

      O forse no.

      QUATTRO

      Perlustriamo ovunque davanti a noi fino a quando scorgiamo sulla destra una piccola insenatura. Porta ai resti di un vecchio terminal d’imbarcazioni.

      “Là, sulla destra!” dico a Ben.

      “E se ci vedono?” domanda. “Allora non avremo scampo. Saremo in trappola. Ci uccideranno”.

      “È un rischio da correre” dico.

      Ben accelera e svolta bruscamente verso la piccola insenatura. Superiamo dei cancelli arrugginiti, lo stretto ingresso di un vecchio magazzino arrugginito. Come ci addentriamo Ben spegne il motore, poi gira a sinistra e ci nasconde dietro la riva, lasciando la barca a galleggiare. Guardo sotto il chiarore della luna l’onda che abbiamo lasciato, sperando che si appiattisca abbastanza in fretta così da fare perdere le nostre tracce ai mercanti di schiavi.

      Stiamo tutti seduti in un silenzio teso, sempre fluttuando sull’acqua, guardando, aspettando. Il rombo del motore dei mercanti di schiavi si fa sempre più intenso; trattengo il respiro.

      Ti prego, Dio. Falli passare oltre.

      I secondi sembrano ore.

      Poi arriva il ronzio della loro barca, che passa e va avanti, senza rallentare nemmeno per un secondo.

      Trattengo il respiro per altri dieci secondi, fino a quando il rumore del loro motore inizia a scemare, e spero che non tornino indietro.

      Non lo fanno. Ha funzionato.

*

      È passata quasi un’ora da quando siamo arrivati qua. Stiamo tutti sulla barca addossati l'un l'altro, traumatizzati. A stento ci muoviamo per la paura di essere scoperti. Ma non ho sentito niente finora, e non ho rilevato nessun tipo di attività da quando è passata la barca. Chissà dove sono andati. Staranno ancora risalendo l’Hudson, verso nord, nell’oscurità, pensando di trovarci in qualche curva? O hanno mangiato la foglia e stanno tornando indietro, controllando riva per riva alla nostra ricerca? Non posso fare a meno di pensare che è solo questione di tempo prima che torneranno sui loro passi.

      Ma come mi stendo un po’ sulla barca, mi rendo conto che stiamo tutti iniziando a sentirci un po’ più rilassati, meno tesi. Stiamo tutti nascosti, dentro la struttura arrugginita, e anche se dovessero tornare, non vedo come i mercanti di schiavi possano mai individuarci.

      Ho i crampi ai piedi e alle mani, e fa sempre più freddo, sto congelando. Vedo Bree e Rose battere i denti, anche loro stanno congelando. Vorrei tanto avere delle coperte o dei vestiti da dargli, o riscaldarle in qualche modo. Vorrei poter fare un fuoco – non solo per riscaldarci, ma anche per vederci in faccia e darci conforto. Ma so che non esiste proprio. Sarebbe troppo rischioso.

      Vedo Ben raggomitolato, tremante, e mi vengono in mente i pantaloni che ho preso per lui. Mi alzo, facendo ondeggiare un po’ la barca, faccio due passi e raggiungo il sacco, infilo il braccio e li tiro fuori. Li lancio a Ben.

      Gli finiscono sul petto e lui mi guarda confuso.

      “Dovrebbero andarti” gli dico. “Provali”.

      Ha addosso dei jeans stracciati, pieni di buchi, decisamente troppo piccoli, e zuppi d’acqua. Lentamente si piega e si toglie gli stivali, quindi si mette i pantaloni di pelle sopra i jeans. Gli danno un aspetto buffo, i pantaloni militari del mercante di schiavi – ma come immaginavo, gli vanno a pennello. Chiude le lampo e senza dire una parola si ridistende, ma vedo della gratitudine nei suoi occhi.

      Sento lo sguardo di Logan addosso, è geloso della mia amicizia con Ben. È così da quando ha visto Ben salutarmi con un bacio alla Penn Station. È un po’ imbarazzante, ma non posso farci niente. Mi piacciono entrambi, in modo diverso. Non avevo mai incontrato due persone così opposte – e che comunque mi ricordano ognuna l’altra.

      Vado verso Bree, ancora tremante, abbracciata stretta a Rose, con Penelope sul grembo, e mi seggo accanto a lei, le metto un braccio attorno e le bacio la fronte. Lei appoggia la testa sulla mia spalla.

      “Va tutto Bene, Bree” le dico.

      “Ho fame” dice con un filo di voce.

      “Anch’io” dice Rose.

      Penelope guaisce piano, mi sa che ha fame anche lei. È più intelligente di qualsiasi altro cane abbia mai visto. E coraggiosa, per quanto abbia i brividi. Non riesco a credere che abbia morso Rupert; se non era per lei, forse adesso non saremmo qui. Mi chino e le accarezzo la testa, lei mi lecca la mano per ringraziare.

      E parlando di cibo, mi viene in mente un’idea. Ho resistito ai morsi della fame per troppo tempo.

      “Avete ragione” dico. “Si mangia”.

      Mi guardano entrambe con gli occhi spalancati pieni di speranza. Mi alzo, vado dall’altra parte della barca, e apro uno dei sacchi. Prendo due grossi barattoli di marmellata di lamponi e ne porgo uno a Bree, svitandole il tappo.

      “Voi dividetevi questo” dico loro. “Noi tre ci divideremo l’altro”.

      Apro l’altro barattolo e lo porgo a Logan, che ne prende un bel po’ col dito e se lo infila in bocca. Fa un profondo respiro di soddisfazione – doveva stare morendo di fame.

      Lo porgo a Ben, e ne prende un po’ anche lui, poi tocca a me affondare il dito e portarmelo sulla lingua. Sento una scarica di zucchero mentre il gusto dei lamponi riempie i miei sensi: è forse la cosa migliore mai mangiata. So che non è un vero pasto, ma è come se lo fosse.

      A quanto pare sono io la dispensatrice di cibo, e allora ritorno verso i sacchi e tiro fuori i biscotti rimasti e ne do uno ognuno, me compresa. Vedo Bree e Rose mangiare felicemente il loro vasetto, e darne un po’ a Penelope, che lecca le loro dita impazzita, gemendo nel mentre. Quella povera creatura deve avere fame tanto quanto noi.

      “Lo sai che torneranno” dice una voce sinistra accanto a me.

      Mi volto e vedo Logan seduto intento a pulire la sua arma, con gli occhi rivolti verso di me.

      “Lo


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