Sala Operativa . Джек Марс
saccheggiando distillerie e birrifici privi di licenza. La squadra è stata deviata al motel, ha fatto irruzione nella stanza in questione e ha arrestato un uomo di nazionalità cinese di trentadue anni di nome Li Quiangguo.”
Sullo schermo apparve l’immagine di un cinese condotto fuori da un vago e piccolo motel da un gruppo di alti e grossi agenti dell’ATF. Apparve un’altra immagine dello stesso uomo in piedi su una stretta carreggiata dall’altra parte del lago. Si trovava di fronte a una targa storica che diceva Diga di Black Rock – 1943 con sotto un paio di paragrafi di descrizione.
“Anche se possiede i documenti di viaggio, incluso il passaporto, a nome suo, non crediamo che questo sia il vero nome dell’uomo. Come sapete la sequenza dei nomi in Cina è invertita – viene prima il cognome, seguito dal nome di battesimo. Li è uno dei più comuni cognomi cinesi, praticamente un nome generico, simile a Smith negli Stati Uniti. E Quiangguo in cinese mandarino significa nazione forte. Era un nome con connotazioni militaristiche molto comune dopo la rivoluzione cinese, ma caduto in disgrazia probabilmente quarant’anni fa. Inoltre Li è stato trovato in possesso di un’arma, così come di una piccola fiala di pillole di cianuro. Crediamo che sia un agente governativo cinese che opera sotto pseudonimo che avrebbe dovuto uccidersi se fosse stato a rischio di cattura.”
“Allora ha avuto paura,” disse Luke.
“Quello, oppure non ha preso le pillole in tempo.”
Luke scosse la testa. “Dopo un’operazione del genere, un agente disposto a uccidersi avrebbe tenuto la bottiglietta di pillole in mano, o se la sarebbe tenuta in tasca, ventiquattr’ore al giorno. Cos’erano le comunicazioni?”
“Erano una serie di email criptate. Non le abbiamo ancora decriptate, e potrebbero volerci settimane. È un codice che all’NSA non hanno mai visto. Molto complesso, molto duro da smontare. Perciò, al momento, non abbiamo idea di quale sia il contenuto delle email.”
“Il cinese parla?” disse Luke.
Kimball scosse la testa. “Lo tengono in una cella al centro di detenzione dell’ente federale per la gestione delle emergenze nel nord della Georgia, a circa novanta miglia a sudest dal luogo dell’attentato. Insiste nel dire di essere un semplice turista che si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.”
“È per questo che abbiamo chiamato lei,” disse Susan. “Vorremmo che ci facesse una chiacchierata. Abbiamo pensato che con lei potrebbe parlare.”
“Una chiacchierata,” disse Luke.
Susan si strinse nelle spalle. “Sì.”
“Farlo parlare?”
“Sì.”
“Per quello probabilmente avrò bisogno di avere la mia squadra con me,” disse Luke.
Passò uno sguardo tra Susan, Kurt Kimball e Kat Lopez.
“Forse faremmo meglio a discuterne in privato,” disse Kimball.
*
“Okay, Susan, allora, questa è la parte in cui lei mi dice di nuovo che lo Special Response Team è stato sciolto, giusto?”
“Luke…” cominciò lei.
Sedevano di sopra nello studio di Susan. Lo studio era proprio come se lo ricordava Luke. Un’ampia stanza rettangolare con pavimenti in legno massiccio e un tappeto bianco nel mezzo. Il tappeto fungeva da punto focale per una zona relax con grandi e comode sedie con spalliere dritte e un tavolo da caffè.
Su un’intera parete dello studio c’era una libreria che andava dal soffitto al pavimento. La libreria ricordava a Luke Il grande Gatsby.
E poi c’erano le finestre. Delle gigantesche e graziose finestre che andavano dal pavimento al soffitto che fornivano un ampio panorama dei giardini in discesa dell’osservatorio navale. Le finestre si affacciavano a sudovest e lasciavano entrare la luce pomeridiana. La luce era del tipo che un grande artista avrebbe cercato di catturare.
Le giornate si stavano chiaramente accorciando. Anche se non erano neanche le diciannove, la luce del sole della sera filtrava dalle sue finestre. La giornata stava già finendo. Luke ripensò brevemente all’interazione avuta con Becca quando le aveva lasciato Gunner. Scacciò l’immagine. Era troppo a cui pensare.
Sedeva di fronte alla presidente, al tavolo da caffè. Kurt Kimball sedeva accanto a entrambi. Kat Lopez se ne stava in piedi, dietro e alla destra di Susan.
“Sì,” disse Susan. “Non esiste più lo Special Response Team. La maggior parte dell’ex staff è stato assorbito in altri ruoli all’interno dell’FBI. A questo punto sarebbe piuttosto difficile ricostruire ciò che lei considera il suo team.”
“Susan,” disse Luke. “Vorrei ricordarle che mi sta chiedendo di lasciare di nuovo il pensionamento. Lo sa che cosa ho fatto negli ultimi due mesi? Glielo dirò. Campeggio, pesca, camminate, vela. Un po’ di caccia. Un po’ di immersioni.” Si massaggiò la barba. “Dormire fino a tardi.”
“Quindi è in forma per il lavoro,” disse Kurt Kimball.
Luke scosse la testa. “Sono arrugginito. Mi serve la mia squadra. Mi fido di loro. Non posso proprio funzionare senza di loro.”
“Luke, se fosse rimasto in giro invece di sparire, magari saremmo riusciti a ritagliarle una piccola agenzia…”
“Stavo cercando di salvare il mio matrimonio,” disse.
Susan lo fissò. “Com’è andata?”
Lui scosse appena la testa. “Non benissimo, finora.”
“Mi dispiace sentirlo.”
“Dispiace anche a me.”
Susan si guardò oltre le spalle. “Kat, possiamo conoscere lo stato dei membri dell’ex squadra di Luke?”
Kat Lopez abbassò lo sguardo sul tablet che teneva in mano. “Certo. È abbastanza facile. Mark Swann ha lasciato l’FBI per un lavoro con la National Security Agency. Lavora al loro quartier generale qui, nella periferia di Washington DC. È qui da tre settimane e mezzo. Si sposta nel loro sistema di classificazione, e dovrebbe cominciare a lavorare sul progetto data mining PRISM nel giro di un altro mese.
“Edward Newsam è ancora nell’FBI. È stato in malattia per la maggior parte di giugno e luglio. La riabilitazione dell’anca è completa, ed è stato riassegnato all’Hostage Rescue Team. Attualmente è in addestramento a Quantico per un possibile lavoro di intelligence oltremare che dovrebbe iniziare nel corso di quest’anno. C’è un appunto sul suo file che dice che il suo stato di impiego verrà probabilmente secretato nelle settimane a venire, a quel punto sarà necessaria un’autorizzazione Top Secret per conoscere il suo status o sapere dove si trova.”
Luke annuì. Nessuno dei due era una sorpresa. Swann e Newsam erano tra i migliori in quello che facevano. “Possiamo prenderli in prestito?” disse.
Kat Lopez annuì. “Con ogni probabilità, se li richiediamo le agenzie onoreranno la nostra richiesta.”
“E Trudy?” disse Luke. “Mi serve anche lei.”
“Luke, Trudy Wellington è in prigione,” disse Susan.
Luke sentì lo stomaco crollare a quelle parole. Fissò il vuoto per cinque secondi buoni, cercando di assimilare le parole.
“Cosa?” disse alla fine.
Susan scosse la testa.
“Non ci credo che lei non lo sappia. Che ha fatto, si è nascosto sotto a una roccia? Non li legge i giornali?”
Lui si strinse nelle spalle. “Gliel’ho detto che cosa stavo facendo. Mi sono tenuto fuori dai radar. Non vendono giornali dov’ero, e ho lasciato il computer a casa.”
Kat Lopez lesse dal tablet. La sua voce era automatica, quasi robotica. Si era distaccata da quello che stava dicendo.
“Trudy