Un Lamento Funebre per Principi . Морган Райс

Un Lamento Funebre per Principi  - Морган Райс


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fermarsi, piantando la spada a fondo e poi estraendola di nuovo. Diede un calcio al successivo spingendolo a terra, poi lo finì con un rapido colpo di spada. Afferrò il moschetto dell’avversario con una mano e sparò, usando la vista dei corvi per sapere dove puntarlo.

      Si tuffò su un mucchio di uomini che si nascondevano dietro a una barricata di sabbia. Contro la lenta avanzata delle sue forze, avrebbe potuto essere sufficiente per ritardarli, creando del tempo perché altri uomini potessero arrivare in aiuto. Contro il suo attacco selvaggio non faceva alcuna differenza. Il Maestro dei Corvi saltò il muro di sabbia piombando in mezzo ai nemici e colpendo in ogni direzione.

      I suoi uomini l’avrebbero seguito, anche se non aveva la concentrazione per vedere dove fossero attraverso gli occhi dei suoi corvi. Era troppo occupato a parare i colpi di spada e di accetta, colpendo a sua volta con feroce efficienza.

      Ora i suoi uomini erano lì, che si riversavano oltre le barricate di sabbia come un’ondata. Morivano mentre lo facevano, ma questo non importava fintanto che si trovavano con il loro capo. Era ciò su cui il Maestro dei Corvi contava. Mostravano sorprendente lealtà per essere degli uomini che ai suoi occhi non erano più che cibo per i corvi.

      Con i loro numeri alle spalle, non ci volle molto prima che i difensori fossero morti, e il Maestro dei Corvi lasciò che fossero i suoi uomini a farsi strada verso il villaggio.

      “Andate,” disse. “Massacrateli per la loro disobbedienza.”

      Guardò il resto degli approdi per qualche altro minuto, ma pareva non esserci nessun altro punto di strozzatura. Aveva scelto bene il suo punto d’attacco.

      Quando il Maestro dei Corvi raggiunse il villaggio, parti di questo erano già in fiamme. I suoi uomini si stavano muovendo tra le strade, uccidendo qualsiasi paesano trovassero. Il Maestro dei Corvi ne vide uno trascinare una donna fuori dal villaggio, spaventata solo quanto il suo aguzzino pareva contento.

      “Cosa stai facendo,” gli chiese quando fu più vicino.

      L’uomo lo guardò scioccato. “Io… ho visto questa qui, e ho pensato…”

      “Pensavi di poterla tenere,” disse il Maestro dei Corvi concludendo la frase.

      “Beh, mi guadagnerebbe un buon prezzo nel posto giusto.” Il soldato osò sorridere, con l’intento di portare il suo capo dalla sua parte, come complice della sua cospirazione.

      “Capisco,” disse. “Però io non te l’ho ordinato, giusto?”

      “Mio signore,” iniziò il soldato, ma il Maestro dei Corvi stava già alzando la pistola. Sparò così da vicino che i tratti dell’altro uomo scomparvero del tutto nell’esplosione. La giovane accanto a lui parve troppo scioccata anche solo per gridare mentre il suo aggressore cadeva.

      “È importante che i miei uomini imparino ad agire in accordo con i miei ordini,” disse il Maestro dei Corvi alla donna. “Ci sono posti dove permetto le catture, e altri dove siamo d’accordo che nessuno se non i dotati di magia debbano essere picchiati o uccisi. È importante mantenere la disciplina.”

      La donna parve allora speranzosa, come se pensasse che questo fosse tutto un errore, nonostante le depredazioni che gli altri stavano portando avanti al villaggio. Ebbe quell’espressione fino al momento in cui il Maestro dei Corvi le piantò la spada nel cuore, un colpo netto e chiaro, probabilmente addirittura privo di dolore.

      “In questo caso ho dato ai tuoi uomini una scelta, e loro l’hanno fatta,” disse mentre lei stringeva l’arma. Lui la estrasse e la donna cadde. “È una scelta che intendo dare al resto di questo regno. Magari gli altri sceglieranno più saggiamente.”

      Si guardò attorno mentre il massacro continuava, non provando piacere ma neanche dispiacere, solo una sorta di bilanciata soddisfazione per l’aver completato il compito. Una parte, almeno, perché dopotutto questa non era che la presa di un villaggio.

      Ci sarebbe stato molto altro ancora a seguire.

      CAPITOLO CINQUE

      La vedova regina Mary della Casa di Flamberg sedeva nella grande sala dell’Assemblea dei Nobili, cercando di non farsi vedere troppo annoiata sul suo trono al centro, mentre i presunti rappresentanti del suo popolo parlavano e parlavano.

      Di solito non avrebbe avuto importanza. La vedova aveva imparato da tempo a padroneggiare l’arte dell’apparire impassibile e regale mentre le grandi fazioni presenti discutevano. In genere lasciava che populisti e tradizionalisti si scannassero prima di parlare lei stessa. Ma quel giorno le cose stavano andando più per le lunghe del solito, il che significava che l’onnipresente tensione che aveva nei polmoni stava crescendo. Se non avesse presto finito con questa cosa, quegli sciocchi avrebbero potuto vedere il segreto che lei si sforzava così tanto di nascondere.

      Ma non aveva senso mettere fretta. La guerra era arrivata, e questo significava che tutti volevano la loro possibilità di parola. Peggio, parecchi di loro volevano delle risposte che lei non aveva.

      “Vorrei solo chiedere ai miei onorabili amici se il fatto che i nemici siano approdati sulle nostre coste sia un indicatore di una più ampia politica di governo volta a trascurare le capacità militari della nostra nazione,” chiese Lord Hawes di Palude di Rovo.

      “L’onorabile lord è ben consapevole del motivo per cui questa Assemblea è stata diffidente nei confronti di un esercito centralizzato,” rispose Lord Branston del Vereford Superiore.

      Continuarono a farfugliare, rinfacciando vecchie battaglie politiche mentre quelle presenti e tangibili si stavano facendo sempre più vicine.

      “Se potessi dichiarare la mia situazione, così che questa Assemblea non mi accusi di trascurare il mio dovere,” disse il Generale Guise Burborough, “le forze del Nuovo Esercito sono approdate sulle nostre coste sudorientali, superando molte delle difese che avevamo posizionato per prevenire questa possibilità. Sono avanzati a rapido passo, sopraffacendo quei difensori che hanno tentato di fermarli e bruciando i villaggi al loro passaggio. Ci sono già numerosi rifugiati che sembrano pensare che noi dovremmo fornire loro una sistemazione.”

      Era divertente, pensò la vedova, che quell’uomo potesse far apparire la gente che scappava alla ricerca della salvezza come parenti indesiderati determinati a fermarsi troppo a lungo.

      “Cosa diciamo dei preparativi attorno ad Ashton?” chiese il Marchese dell’Argillite. “Ipotizzo che si stiano dirigendo da questa parte. Possiamo sigillare le mura?”

      Quella era la risposta di un uomo che non sapeva nulla di cannoni, pensò la vedova. Avrebbe riso ad alta voce se ne avesse avuto il fiato. In quel momento tutto quello che riuscì a fare fu mantenere la sua espressione impassibile.

      “Sì,” rispose il generale. “Prima della fine del mese, potremmo trovarci a doverci preparare per un assedio, e sono già in corso i lavori ai terrapieni per evitare questa possibilità.”

      “Stiamo considerando di far evacuare la gente lungo la via dell’esercito?” chiese Lord Neresford. “Dovremmo avvisare la gente di Ashton perché fugga a nord per evitare i combattimenti? La nostra regina, almeno, dovrebbe considerare di ritirarsi nelle sue proprietà?”

      Era buffo: la vedova non lo aveva mai preso per uno interessato al suo benessere. Era sempre stato veloce a votare contro qualsiasi proposta avanzata da lei.

      Decise che era ora di parlare, mentre ancora poteva. Si alzò in piedi e nella sala calò il silenzio. Anche se i nobili avevano lottato per la loro Assemblea, ascoltavano ancora quello che lei diceva là dentro.

      “Ordinare un’evacuazione darebbe il via al panico,” disse. “Ci sarebbero saccheggi nelle strade, e uomini forti che potrebbero difendere le loro case finirebbero invece per fuggire. Anche io resterò qui. Questa è casa mia, e non mi si vedrà scappare da essa di fronte a una marmaglia di avversari.”

      “Non è per niente una marmaglia, vostra Maestà,” sottolineò Lord Neresford, come se i consiglieri della vedova non le avessero detto con


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