Una Corona Per Gli Assassini . Морган Райс
volete voi, padre,” disse Henry.
L’uomo guardò Henry con sguardo arrabbiato. “Onestamente ho cresciuto un guscio vuoto, con te. Non sei certo come tua cugina.”
“Ora, amore…” iniziò sua madre, ma con quel suo solito modo poco convinto.
“Beh, è vero,” rispose seccamente il padre, camminando davanti al caminetto come una guardia dinnanzi al cancello di un castello. Non che un uomo importante come Sir Hubert avrebbe apprezzato il paragone. “Questo ragazzo non va bene per niente. Quanti insegnanti ha passato da bambino? Poi c’è stata la commissione con quella compagnia militare da cui ho dovuto tirarlo fuori pagando, e l’affare di unirsi alla Chiesa della Dea Mascherata…”
Henry non si preoccupò di sottolineare che tutto era stato deciso dai suoi genitori. C’erano stati tutti quegli insegnanti perché suo padre aveva l’abitudine di licenziarli ogni volta che gli insegnavano qualcosa che a lui non andava bene, così che Henry aveva praticamente trovato la dovuta educazione nella biblioteca di famiglia. Allo stesso modo, era stato suo padre a decidere che una commissione in una compagnia libera non era un posto per suo figlio, mentre l’affare con la chiesa era addirittura stata un’idea del vecchio, fino a che aveva appreso che ciò avrebbe portato a non avere gli eredi dovuto da Henry.
“Stai ancora sognando ad occhi aperti,” disse l’uomo. “Tua cugina non lo farebbe. Lei ha fatto qualcosa per la sua vita. Ha sposato un re!”
“Ed è stata rifiutata due volte da un principe,” disse Henry, incapace di trattenersi.
Vide suo padre sbiancare per la rabbia. Henry conosceva quell’espressione, e sapeva ciò che ne seguiva. Così tante volte da bambino aveva visto quell’espressione e aveva dovuto restare lì, senza muoversi davanti agli schiaffi o ai colpi che c’erano stati dopo. Si preparò a fare lo stesso oggi.
Invece, mentre suo padre sferrava il colpo, Henry si trovò con la propria mano che si muoveva verso l’alto quasi automaticamente per prendergli il braccio, stringendolo tanto forte da lasciargli per certo un livido. Tenne fermo il polso di suo padre guardandolo con sguardo serio. Poi fece un passo indietro e lasciò andare il braccio.
Sir Hubert si massaggiò il polso. “Voglio che tu te ne vada da casa mia! Non sei più il benvenuto qui!”
“Penso tu abbia ragione,” disse Henry. “Dovrei proprio andarmene. Vogliate scusarmi.”
Si sentiva stranamente calmo mentre lasciava la stanza, dirigendosi al piano di sopra nella stanza che aveva fin da bambino. Lì iniziò a mettere insieme le sue cose, capendo ciò di cui avrebbe avuto bisogno e cosa avrebbe dovuto fare adesso.
Henry aveva conosciuto poco sua cugina quando era stata in vita. C’era gente che diceva che con i suoi capelli dorati, gli occhi di un bel blu profondo e i tratti affascinanti che lo contraddistinguevano, effettivamente le assomigliava un poco, ma Henry non aveva mai potuto vedere quelle somiglianza. Forse era solo per il fatto che Angelica era sempre stata il modello che aveva lottato per emulare. Era più intelligente, o capace di andare più d’accordo con la gente, e aveva avuto più successo a corte.
Henry non era sicuro che tutte quelle cose fossero vere. In genere, prima che suo padre si sbarazzasse di loro, i suoi insegnanti si erano sempre sorpresi di quanto velocemente Henry imparasse, e poi era sempre stato bravo a far fare alla gente quello che voleva. La sua mancanza di successo a corte era per lo più derivata da una mancanza di interesse.
“Questo deve cambiare,” disse Henry a se stesso.
Aveva sentito voci su sua cugina, ma era anche stato tanto intelligente da cercare le sue informazioni, pagando gli uomini per ciò che sapevano e bevendo con dei viaggiatori nella locanda locale. Da quello che poteva capire, sua cugina era stata messa da parte non una volta, ma due dal principe Sebastian, il ragazzo che si diceva avesse assassinato sua madre. Angelica si era poi messa dalla parte di Rupert, probabilmente per assicurarsi di arrivare al trono, solo per trovarsi poi con l’invasione di Sofia Danse, che aveva trasformato in un bersaglio chiunque avesse un collegamento con la famiglia al governo.
“E questo l’ha fatta uccidere,” mormorò Henry mentre prendeva abiti e denaro, pistole e il suo vecchio stocco da duello.
Non aveva dubbio che Angelica avesse utilizzato copiosamente le sue pratiche nefande per arrivare dove era finita. Una parte di Henry avrebbe voluto non capire come queste cose funzionassero, ma lo capiva, e neanche una come lei finiva per diventare regina per caso. Era sempre stata veloce a ingannare o mentire nei giochi che facevano da bambini, ogni volta che pareva che la cosa le portasse dei vantaggi.
Però le cose di cui la accusavano i pettegolezzi che circolavano… quelli sembravano più la revisione della storia da parte di qualcuno che cercava di rendere se stesso innocente. Erano una scusa per farla uccidere, liberando la via verso il potere.
Se fosse stato come suo padre, Henry si sarebbe infuriato davanti a questo. Se fosse stato come sua madre, sarebbe stato distrutto davanti all’orrore della cosa, non esitando a diffonderne nel contempo il pettegolezzo. Ma lui non assomigliava a nessuno dei due. Lui era un uomo che faceva ciò che serviva, e ora bisognava fare questo.
“L’onore di famiglia non permetterà di meno,” disse Henry alzandosi in piedi e mettendosi la borsa in spalla.
Scese al piano di sotto e si fermò davanti alla porta del salotto.
“Madre, padre, ora me ne vado. E non ritornerò. Sappiate che vendicherò la morte di mia cugina a qualsiasi costo. Non lo faccio perché siate fieri di me, perché francamente non mi interessa quello che pensate. Lo faccio perché va fatto. Addio.”
Come addio fu singolarmente privo di emozioni, ma Henry trovò di non avere niente di meglio per loro mentre usciva a grandi passi dalla casa, ignorando il pianto di sua madre e l’occhiata furente di suo padre.
Andò alla scuderia, selezionò la giumenta saura più bella e che cavalcava sempre, insieme a un altro cavallo per i bagagli. Iniziò a sellarli, ripetendo alla perfezione ogni singolo passaggio. La sua mente era ormai andata oltre il pensiero dei suoi genitori, concentrandosi sulle cose che avrebbe dovuto fare nei giorni successivi, le alleanze che avrebbe dovuto stringere, le lotte che avrebbe dovuto vincere con parole, oro e acciaio.
La nuova regina era davvero una dei Danse? Era possibile, date le voci, ma anche se lo fosse stata, questo non le avrebbe dato il diritto di prendere il trono. Quello era caduto per causa di Rupert, e Angelica a causa sua. Dato che l’ultimo membro rimanente dei Flamberg era quasi certamente colpevole di tradimento, questo significava…
“Sì,” disse Henry con un mesto sorriso per quanto la cosa gli fosse venuta facilmente in mente. “Dovrebbe funzionare.”
Non era che volesse farlo. Non aveva bisogno di un trono più di quanto avesse voluto la posizione ecclesiastica che i suoi genitori avevano cercato di imporgli. Era semplicemente un componente necessario di ciò che sarebbe successo poi. Entrando ad Ashton e cercando di uccidere la regina, non sarebbe stato niente più che un traditore.
Eppure non poteva permettere agli invasori venuti da Ishjemme di passarla liscia. Con un colpo solo avevano distrutto tutto l’attento lavoro che era stato fatto in seguito alle guerre civili. Avevano distrutto il vecchio ordine e ne avevano istituito uno nuovo dove l’Assemblea dei Nobili era riorganizzata per capriccio della governatrice, e dove sua cugina poteva essere giustiziata per una semplice parola della regina.
Henry non sarebbe stato a guardare. Poteva riportare le cose a come erano prima. Poteva rimettere tutto a posto.
Con quel pensiero in mente, si mise in viaggio. Avrebbe avuto bisogno di aiuto per questo, e fortunatamente Henry sapeva esattamente dove trovarlo.
CAPITOLO NOVE
Una settimana non parve abbastanza tempo a Sofia. Non abbastanza da passare con suo marito. Non abbastanza da dedicare a Viola, che faceva tutti i suoi versetti ogni volta che Sofia la teneva in braccio, e che allungava le manine verso il pelo di Sienne ogni volta che il