Ora e per sempre . Sophie Love
furgone davanti a lei prese vita e lei sentì la spinta quando la macchina venne trascinata. Si appoggiò al sedile e osservò fuori dal finestrino mentre si muovevano.
La strada che la accompagnò per le ultime due miglia fiancheggiava il parco nazionale da un lato e l’oceano dall’altro. Attraverso il buio e la coltre di neve che cadeva, Emily riusciva a vedere l’oceano e le onde che si infrangevano sugli scogli. Poi l’oceano sparì dalla vista quando entrarono in città, superarono hotel e motel, agenzie che organizzavano escursioni in barca e campi da golf, aree più urbanizzate, sebbene per Emily fosse difficile vederle urbanizzate in confronto a New York.
Poi svoltarono in West Street e il cuore di Emily barcollò mentre superavano la grande casa d’angolo di mattoni rossi coperta di edera. Sembrava proprio la stessa dell’ultima volta che era stata lì, vent’anni prima. Superò la casa blu, la casa gialla, la casa bianca, e poi si morse il labbro sapendo che la prossima sarebbe stata la sua, la casa in pietra grigia.
Quando apparve davanti a lei, Emily venne invasa da uno schiacciante senso di nostalgia. L’ultima volta che era stata lì aveva quindici anni, il suo corpo scoppiava per via degli ormoni all’idea di una romantica estate. Non ne aveva mai avuta una, ma il ricordo dell’eccitazione data dalla possibilità la colpì come un’ondata.
Il furgone si fermò, e così fece anche la macchina di Emily.
Prima che le ruote avessero smesso di girare, Emily era fuori, senza fiato davanti alla casa che una volta era stata di suo padre. Le tremavano le gambe e non sapeva se fosse per il sollievo di essere finalmente arrivata o per l’emozione di essere tornata lì dopo tanti anni. Ma dove le altre case della strada sembravano identiche, quella di suo padre era l’ombra della sua gloria passata. Le persiane una volta bianche delle finestre ora erano strisciate di sudiciume. Quando una volta erano aperte ora erano tutte chiuse, dando alla casa un’aria molto meno invitante di un tempo. L’erba del vasto prato di fronte dove Emily aveva trascorso gli infiniti giorni estivi leggendo romanzi era incredibilmente ben tenuto, e i piccoli arbusti ai due lati della porta principale erano stati potati. Ma la casa; Emily adesso capiva l’espressione confusa del vecchio quando gli aveva detto che stava andando lì. Sembrava così abbandonata, così non amata, in sfacelo. La rese infelice vedere quanto la bellissima vecchia casa era decaduta negli anni.
“Casa carina,” disse il vecchio avvicinandosi a Emily.
“Grazie,” rispose, quasi in trance, con gli occhi fissi al vecchio edificio. La neve le fluttuava intorno. “E grazie per avermi portata qui tutta intera,” aggiunse.
“Si figuri,” rispose il vecchio. “È davvero sicura di voler passare la notte qui?”
“Sono sicura,” rispose Emily, nonostante stesse davvero cominciando a temere che venire lì fosse stato un grosso errore.
“Lasci che l’aiuti con i bagagli,” disse l’uomo.
“No, no,” rispose Emily. “Sinceramente, ha già fatto abbastanza. Posso fare da sola adesso.” Frugò nella tasca e trovò una banconota spiegazzata. “Ecco, per la benzina.”
L’uomo guardò la banconota e poi lei. “Non la voglio,” disse, sorridendo gentile. “Tenga i soldi. Se vuole davvero sdebitarsi, perché non viene un po’ da me e Bertha durante il suo soggiorno qui per un caffè e una fetta di dolce?”
Emily sentì un grumo in gola mentre nascondeva la banconota nella tasca. La gentilezza di quest’uomo era scioccante dopo l’ostilità di New York.
“Per quanto ha in programma di rimanere, comunque?” aggiunse allungandole un pezzetto di carta con scarabocchiati su un numero di telefono e un indirizzo.
“Solo per il weekend,” rispose Emily, prendendo la carta.
“Be’, se avesse bisogno di qualcosa, faccia una telefonata. O venga alla pompa di benzina dove lavoro. È vicino al negozio di alimentari. Ci troverà facilmente.”
“Grazie,” disse di nuovo Emily, con tutta la sincera gratitudine di cui era capace.
Non appena il chiasso del motore fu svanito nel nulla, la quiete scese di nuovo ed Emily sentì un improvviso senso di pace. La neve cadeva anche più fitta adesso, facendo del mondo un posto silenzioso come il silenzio stesso.
Emily tornò alla macchina e raccolse la sua roba, poi si incamminò sulla via con la pesante valigia in braccio, sentendo l’emozione gonfiarle il petto. Quando raggiunse il portone principale si fermò, esaminando il familiare pomello logoro, ricordando la sua mano che lo girava centinaia di volte. Forse venire qui era stata una buona idea, dopo tutto. Stranamente, non riusciva a fare a meno di sentire che si trovava esattamente nel posto in cui doveva essere.
*
Emily se ne stava in piedi nell’offuscato vestibolo della vecchia casa di suo padre, con la polvere che le vorticava intorno, sperando stupidamente in un po’ di calore ma massaggiandosi le spalle dal freddo. Non sapeva che cosa le fosse saltato in mente. Si era davvero aspettata che quella vecchia casa, trascurata per vent’anni, la accogliesse riscaldata?
Provò l’interruttore e scoprì che non accadeva nulla.
Ma certo, pensò. Quanto stupida poteva essere? Si aspettava che ci fosse la corrente?
Non le era neanche venuto in mente di portare una pila. Si rimproverò. Come al solito era stata troppo avventata e non si era fermata un minuto per organizzare un piano.
Ripose la valigia giù e poi andò avanti, le assi del pavimento che le scricchiolavano sotto i piedi; fece scorrere le dita lungo la tappezzeria a ghirigori proprio come faceva da bambina. Poteva persino vedere le macchie che aveva lasciato negli anni con quello stesso movimento. Superò la scala, una lunga e amplia serie di gradini in legno scuro. Mancava parte del corrimano ma non poteva importargliene di meno. Essere tornata nella casa la faceva sentire molto più che ristorata.
Provò un altro interruttore per abitudine, ma non ebbe fortuna neanche questa volta. Poi raggiunse la porta alla fine del corridoio, che portava in cucina, e la spinse.
Ansimò quando un soffio di aria fredda la colpì. Entrò, il pavimento in marmo della cucina era ghiaccio sotto ai suoi piedi scalzi.
Emily cercò di far scorrere l’acqua dai rubinetti dell’acquaio ma non accadde niente. Si mangiò il labbro dalla costernazione. Niente riscaldamento, niente elettricità, niente acqua. Che altro aveva la casa in serbo per lei?
Camminò nella casa, cercando interruttori o leve che potessero controllare l’acqua, il gas e l’elettricità. Nell’armadietto sotto alle scale trovò un quadro elettrico, ma azionarne gli interruttori non servì a nulla. La caldaia, ricordò, si trovava giù in cantina – ma l’idea di scendere senza un po’ di luce a mostrarle la strada le metteva ansia. Aveva bisogno di una pila o di una candela, ma sapeva che nella casa abbandonata non ci sarebbe stato niente del genere. Eppure controllò i cassetti della cucina, per sicurezza – ma erano pieni solo di posate.
Nel petto cominciò a palpitarle il panico, ed Emily si fermò a riflettere. Riportò la mente al periodo che lei e la sua famiglia avevano trascorso nella casa. Ricordò il modo in cui suo padre usava il gasolio per sprigionare calore nella casa durante i mesi invernali. Faceva impazzire sua madre perché era davvero costoso e lei pensava che scaldare una casa vuota fosse uno spreco di soldi. Ma il padre di Emily insisteva che la casa dovesse essere mantenuta calda per salvaguardarne le tubature.
Emily capì di aver bisogno di trovare del gasolio se voleva scaldare la casa. Ma senza campo sul telefono, non aveva idea di come farlo.
D’un tratto, qualcuno bussò alla porta. Era un bussare pesante, fermo e ponderato, che faceva l’eco lungo i corridoi vuoti.
Emily raggelò, sentendo un’improvvisa trepidazione nel petto. Chi poteva essere, a quell’ora, con quella neve?
Lasciò la cucina e calpestò con passo felpato le assi del pavimento attraverso tutto l’ingresso, così silenziosa a piedi nudi. Posò la mano sulla maniglia, e dopo un secondo di esitazione si ricompose e aprì