Non Andare Mai Dal Dentista Di Lunedì. Ana Escudero
all'autorità. Ha diritto a… – Il poliziotto gli lesse i suoi diritti mentre lo ammanettava.
Peter si ritrovò di nuovo ammanettato, proprio come gli era successo varie volte in passato. Sapeva che adesso l'avrebbero obbligato a entrare in commissariato e non sapeva quando l'avrebbero lasciato andare, ma era anche cosciente del fatto che aveva un dovere da compiere: ricordava che doveva trovare suo figlio scomparso. Così, senza pensarci due volte, diede un calcio allo stinco del poliziotto e corse fuori più veloce che poté.
Però aveva le braccia ammanettate sulla schiena, cosa che gli faceva perdere l'equilibrio, creandogli delle difficoltà nel camminare, finché alla fine, dopo un ultimo passo falso, baciò il suolo.
– Ahia! – si lamentò e cercò di alzarsi. Gli faceva molto male il naso.
In quell'istante un'ombra alta gli si avvicinò mettendosi davanti a lui e posando una mano sulla sua spalla.
– Mi sembra che sia rotta, fratellino – disse e, nonostante la sua sobrietà, dal tono di voce si capiva che la situazione lo stava divertendo —. Andiamo, abbiamo delle cose da fare.
VII – Entrata nel parco giochi
Il parco giochi traboccava di gente, sebbene fosse un giorno lavorativo.
Batman e Topolino avanzavano con difficoltà. Topolino sorrideva ai bambini che gli si avvicinavano, invece Batman aveva voglia di allontanare quei mocciosi con una manata.
– Le montagne russe! – esclamò allegramente Alexis nel vederle —. Voglio salirci, per favore. Per favore, per favore, per favore!
Batman aprì la bocca, ma Topolino gli fece cenno di non dire niente, indovinando che la parola che il suo compagno avrebbe pronunciato era volgare, per cui Batman respirò e pronunciò un tranquillo "cavolo" che piacque a Topolino e non attirò l'attenzione di Alexis.
Alexis vide con dispiacere che si stavano allontanando dalle montagne russe, ma poco più avanti c'era la ruota panoramica. Alexis la guardò con occhi bramosi, ma il suo desiderio non era destinato a realizzarsi e con dispiacere vide che si stavano allontanando e che stavano andando verso le postazioni del tiro con l'arco.
– Devo fare una telefonata – disse Batman —. Tieni bene d'occhio il bambino.
Sembrò che Topolino non l'avesse ascoltato, quindi Batman gli diede un colpo sulla spalla e Topolino rispose alzando e abbassando il dito medio tre volte.
Batman si allontanò un po', mentre Topolino e Alexis lo stavano aspettando di fianco a una postazione del tiro con l'arco.
– Sì, va tutto secondo i piani – disse Batman al telefono —. Sì, abbiamo seguito l'orario accordato. Ci terremo in contatto. – E dopo aver riagganciato, aprì il cellulare, tirò fuori la SIM e la sostituì con un'altra usa e getta.
– Non hai comprato dello zucchero filato al bambino? O delle mandorle caramellate – disse una volta tornato —. Ricorda che dobbiamo intrattenere il bambino.
Tutti e tre si diressero verso uno di quei posti che vendevano dolciumi. Batman tirò fuori delle monete, comprò dello zucchero filato e lo diede a un Alexis sorpreso, che guardava lo zucchero con un'espressione strana.
– Prendilo, è per te – disse bruscamente Batman.
– Cos'è? – chiese Alexis guardando quella cosa rosa —. Io non l'ho mai preso.
– Prendi lo zucchero filato, non morde – disse Batman, mentre Topolino annuiva con la testa.
– Mia mamma non vuole che mangi caramelle. Questa è una caramella?
– E tua madre non ti ha detto che è molto scortese rifiutare un regalo? Prendi il maledetto zucchero che non me lo porterò dietro per te.
Alexis contrasse le labbra, respirò a scatti e i suoi occhi si riempirono di lacrime dal momento che non era abituato a essere trattato in quel modo.
– Ma cosa fai? È solo un bambino – gli rinfacciò Topolino solo con uno sguardo, mentre Batman sbuffava.
Poi prese per mano Alexis, che si tranquillizzò velocemente.
– Spero che questo giorno passi in fretta in modo da restituire il bambino – disse Batman.
Tutti e tre avevano camminato senza una meta precisa e ora i loro passi li avevano condotti a una giostra di fianco a un edificio con un cartello con su scritto che nell'interno dell'edificio si nascondeva un mondo magico grazie agli specchi.
Alexis lo guardò con occhi bramosi, ma stavolta non disse niente; non capiva perché quei signori l'avevano portato in quel posto e non lo lasciavano salire sulle giostre da sballo.
Tutti e tre entrarono nella casa degli specchi, ma invece di divertirsi grazie alle singolari figure restituite dagli specchi, Topolino e Batman condussero Alexis davanti a uno di essi, Batman lo spinse e i cardini dello stesso girarono per dare accesso a una stanza preceduta da un corridoio breve.
– Dove andiamo? – chiese Alexis, ma non ricevette risposta.
Lo specchio-porta si chiuse dietro di loro e Alexis si spaventò vedendosi circondato dal buio.
– È molto buio – disse e afferrò la mano di chi aveva più vicino, Batman.
– Molla, microbo! – ordinò Batman in malo modo.
Ma quando era spaventato Alexis non obbediva agli ordini, così afferrò la giacca di Batman con le sue manine.
Batman brontolò a causa del fastidio che gli dava quel moccioso, ma non cercò di liberarsene subito, sebbene si sentisse oppresso da un simile attacco alla sua persona, forse perché non era abituato a essere trattato in quel modo e l'oscurità regnante gli impediva di vedere la faccia spaventata del piccolo Alexis.
Batman aprì un'altra porta e vi entrarono tutti e tre. Topolino raggiunse l'interruttore, che illuminò la stanza, e davanti agli occhi di Alexis apparve ciò che a prima vista sembrò una piccola sala giochi, ma che in realtà nascondeva una cella dove nascondere Alexis. Quest'ultimo lasciò andare finalmente Batman e corse a sedersi sul pavimento, dove aveva visto il suo gioco preferito.
Batman e Topolino, approfittando del fatto che Alexis era entusiasta di giocare senza sosta, uscirono dalla stanza chiudendo le porte una dopo l'altra e lasciando il bambino isolato dal mondo esterno.
Una volta fuori, Batman si accorse di avere ancora in mano lo zucchero filato, quindi lo buttò nel primo cestino che vide. Poi tirò fuori dalla tasca un cellulare e fece una chiamata veloce comunicando al suo interlocutore gli ultimi avvenimenti della vita di Alexis.
– Andiamo – disse quando riagganciò e se ne andarono tutti e due.
Nel frattempo Alexis, rendendosi conto che l'avevano lasciato solo, ne approfittò, forse per la prima volta in quel giorno, per rendersi conto che gli mancavano i suoi genitori, anche se sentiva di più la mancanza di sua mamma. Sua madre che, sebbene fosse una persona molto occupata, trovava sempre il tempo per stare con lui, giocare con lui o dargli la cena. Avvertì un sentimento sconosciuto fino ad allora, un'inquietudine che l'obbligò a lasciare il giocattolo che in quel momento teneva tra le mani e, sedendosi in un angolo della stanza, cominciò a pensare ai suoi cari genitori. Si ricordò del consiglio che gli dava sempre sua madre: di non separarsi mai da loro; ma il fatto era che a volte non poteva evitare di fare certe cose. La curiosità che l'aveva spinto a separarsi dalla sicurezza che gli fornivano sia suo padre che la stanza in cui si trovava in quel momento, quella stessa curiosità lo spinse a percorrere con lo sguardo la stanza in cui si trovava. Oltre ai diversi giochi e giocattoli sparsi per la stanza, c'era un tavolo con la sua sedia sulla quale c'era qualcosa coperto con un tovagliolo. Ancora una volta la curiosità influenzò il bambino e quest'ultimo tirò via il tovagliolo per scoprire che stava nascondendo una porzione di torta al cioccolato e un bicchiere di latte.
Alexis non aveva un orologio e non sapeva quanto tempo era passato dalla visita dal dentista, ma vedendo la torta gli sembrò di non aver mangiato da secoli. Si sedette in fretta al tavolo, pronto a mangiare quella torta invitante.
Dieci minuti dopo aveva le mani