La caccia di Zero. Джек Марс

La caccia di Zero - Джек Марс


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oltrepassò l’aiuola di mezzo facendo almeno i centodieci orari, rimbalzando sulle fosse scavate nell’erba. Non appena raggiunse di nuovo l’asfalto, girato in direzione opposta rispetto al traffico, si piegò pericolosamente e la cisterna che trasportava si ribaltò, pronta a cadergli addosso.

      CAPITOLO SETTE

      Per un secondo il tempo rallentò e Reid si ritrovò, insieme alla macchina, inghiottito dall’ombra del veicolo a diciotto ruote che volteggiava nell’aria.

      In quel momento stranamente sospeso, lesse con chiarezza le grandi lettere blu stampate sulla fiancata della cisterna—“POTABILE”, dicevano—mentre il mezzo si abbassava, pronto a schiacciarlo, insieme alla Trans Am e alla sua speranza di ritrovare le figlie.

      Il suo cervello superiore, il cerebrum, sembrava essersi spento all’ombra del grosso furgone, ma le sue membra si mossero come dotate di una mente propria. L’istinto prese il sopravvento. Con la mano destra afferrò il freno e lo tirò. Con la sinistra girò in senso orario il volante e pigiò il pedale del gas a terra. La Trans Am si voltò di lato e sfrecciò in avanti, in un movimento parallelo all’autoarticolato, per tornare al sole e allontanarsi dall’altro mezzo.

      Reid percepì l’impatto del veicolo sulla strada, più che udirlo. La cisterna argentata colpì l’asfalto tra la sua macchina e quelle della polizia, fermandosi a meno di trenta metri da loro. I freni stridettero e le volanti dei poliziotti si fecero da parte, mentre la grande cisterna si apriva sui lati imbullonati e rilasciava il suo carico.

      Emersero novemila galloni di acqua pulita per inondare i mezzi della polizia, spingendoli all’indietro come una marea particolarmente aggressiva.

      Reid non si fermò a vedere le conseguenze dell’incidente. La Trans Am raggiungeva a malapena i centodieci pur con il pedale del gas spinto a tavoletta, quindi la raddrizzò e cercò di allontanarsi il più possibile lungo l’autostrada. Gli agenti infradiciati dovevano aver segnalato la sua macchina vistosa dalla targa non registrata; se non fosse svanito in fretta di lì avrebbe trovato altri guai.

      Il cellulare usa e getta squillò e sullo schermo apparve la lettera M.

      “Grazie, Mitch,” rispose subito.

      Il meccanico grugnì, in un verso che sembrava il suo mezzo principale di comunicazione.

      “Sapevi dove ero. Sai dove sono anche adesso.” Reid scosse la testa. “Stai seguendo quest’auto, non è così?”

      “Un’idea di John,” disse semplicemente l’uomo. “Pensava che avresti potuto avere dei problemi. Aveva ragione.” Reid fece per protestare, ma Mitch l’interruppe. “Esci alla prossima. Gira a destra su River Drive. C’è un parco con un campo da baseball. Aspetta lì.”

      “Aspetta lì che cosa?”

      “Un trasporto.” Il meccanico di poche parole riappese. Reid sbuffò. Il punto era che la Trans Am sarebbe dovuta essere un’auto clandestina, libera dai controlli dell’agenzia. Non gli faceva piacere sapere che invece aveva solo scambiato gli occhi della CIA per quelli di qualcun altro.

      Ma senza di lui ormai mi avrebbero fermato.

      Soffocò la rabbia e fece come gli aveva ordinato, guidando la macchina per un altro chilometro oltre l’uscita dell’autostrada fino al parco. Sperava che qualsiasi cosa Mitch avesse avuto in serbo per lui, avvenisse in fretta; aveva molto terreno da recuperare.

      Il parco era semivuoto per essere domenica. Nel campo da baseball un gruppo di ragazzini stavano facendo una partitella, quindi parcheggiò la Trans Am nel parcheggio sterrato dietro la rete metallica che proteggeva la prima base e aspettò. Non sapeva che cosa aspettarsi, ma sentiva l’urgenza di muoversi rapidamente, quindi aprì il bagagliaio, prese il borsone e aspettò accanto all’auto l’arrivo degli aiuti mandati da Mitch.

      Cominciava a sospettare che il vecchio meccanico fosse più di una semplice ‘risorsa’ della CIA. Era un ‘esperto nel recupero veicoli’, o almeno così aveva dichiarato Watson. Reid si chiese se avesse un ruolo simile a quello di Bixby, l’eccentrico ingegnere della CIA specializzato in armi e strumentazione portatile. E se era quello il caso, perché lo stava aiutando? Ripensando al suo aspetto arcigno o al suo atteggiamento burbero non gli tornavano in mente ricordi di nessun tipo. Avevano un passato comune che lui aveva dimenticato?

      Il telefono gli squillò nella tasca. Era Watson.

      “Stai bene?” chiese l’agente.

      “Decente, tutto considerato. Anche se il concetto di Mitch di ‘distrazione’ è un po’ eccessivo.”

      “Fa il suo lavoro. Comunque sia la tua intuizione era giusta. Il mio tecnico ha trovato il rapporto di una Caddy di dodici anni rubata da una zona industriale nel New Jersey questa mattina. Ha scattato una foto satellite del posto, e indovina cosa ha visto?”

      “Il SUV bianco sparito,” azzardò Reid.

      “Esatto,” confermò Watson. “Abbandonata nel parcheggio di un postaccio chiamato Starlight Motel.”

      Nel New Jersey? La sua speranza svanì. Rais aveva portato le ragazze ancora più a nord. Il suo viaggio di due ore era appena diventato di tre ore e mezza se voleva aver qualche speranza di raggiungerlo. Forse le vuole portare a New York. Una grande area metropolitana, dove è facile nascondersi. Reid doveva avvicinarglisi prima che ciò succedesse.

      “L’agenzia non sa ancora queste informazioni,” continuò l’altro agente. “Non hanno motivo di collegare la Caddy rubata alle tue figlie. Cartwright mi ha appena detto che stanno seguendo gli indizi che hanno trovato e stanno mandando Strickland a nord del Maryland. Ma è solo una questione di tempo. Se arrivi prima tu avrai un vantaggio su di lui.”

      Reid rifletté per un istante. Non si fidava di Riker, quello era ovvio. In effetti era ancora indeciso anche sul suo capo, il vice direttore Cartwright. Ma… “Watson, che cosa sai di questo agente Strickland?”

      “L’ho incontrato solo una o due volte. È giovane, ansioso di compiacere, ma sembra un brav’uomo. Magari persino degno di fiducia. Perché, che cosa hai in mente?”

      “Penso che…” Reid non riusciva a credere che cosa stava per suggerire, ma era per le sue figlie. La loro sicurezza era della massima importanza, a prescindere dal costo percepito. “Penso che non dovremmo essere gli unici a sapere queste informazioni. Ci serve tutto l’aiuto possibile, e anche se non mi fido che Riker faccia la cosa giusta, magari Strickland sarà dalla nostra parte. Potresti fargli avere questi dati in via anonima?”

      “Credo di sì, certo. Dovrei farli filtrare attraverso uno dei miei collegamenti, ma è fattibile.”

      “Bene. Deve sapere quello che sappiamo noi, ma solo dopo che io sarò stato lì a controllare la situazioni con i miei occhi. Non lo voglio in vantaggio rispetto a me. Deve solo essere aggiornato.” Più nello specifico, voleva che qualcuno oltre a Cartwright sapesse quello che avevano scoperto. Perché ho bisogno che qualcuno riesca, nel caso io dovessi fallire.

      “Se lo dici tu, certo.” Watson rimase in silenzio per un momento. “Kent, c’è anche un’altra cosa. All’area di sosta, Strickland ha trovato qualcosa…”

      “Cosa? Che cosa ha trovato?”

      “Capelli,” rispose lui. “Capelli castani, con i follicoli ancora attaccati. Strappati alla radice.”

      A Reid si seccò la gola. Non credeva che Rais volesse uccidere le sue figlie, non poteva permettersi di pensarlo. All’assassino servivano vive se voleva che Kent Steele lo trovasse.

      Ma quella certezza gli offriva ben poca consolazione mentre la sua mente veniva invasa da immagini sgradite, scene del mostro che afferrava le sue bambine per i capelli, costringendole ad andare dove voleva. Facendo loro del male. Se le avesse ferite in qualche modo, Reid gliel’avrebbe fatta pagare.

      “Strickland non li ha ritenuti importanti,” continuò Watson, “ma la polizia ne ha trovati


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