Pioggia Di Sangue. Amy Blankenship
sentì la paura aumentare a quelle parole e tentò invano di allontanarsi da lui. Aveva intenzione di prendere la sua anima come aveva fatto con tanti altri umani? Era quella la vera ragione per cui la stava perseguitando?
«Tu non hai alcun diritto sulla mia anima e non ne avrai mai.» insistette lei mentre l’istinto di fuggire o restare a combattere la assaliva, facendola dimenare.
«Ah no?» ringhiò Syn, sentendo che stava perdendo il controllo. «Devo distruggere un altro mondo per dimostrartelo?».
Angelica spalancò gli occhi e si fermò. Che cosa voleva dire con “distruggere un altro mondo”? Decise di non chiederglielo... andiamo, chi diavolo avrebbe voluto saperlo? Si sentì sopraffare da una paura indesiderata anche dopo aver ricacciato quelle domande scomode nel profondo della propria mente.
Syn sentì il suo respiro veloce che gli solleticava il collo e, sebbene avesse un effetto calmante, gli stava anche scaldando il sangue e non era una buona cosa per il suo autocontrollo. Questo mondo lo aveva tenuto lontano abbastanza a lungo. Strinse la presa su di lei e le fece da scudo quando le lampadine del bellissimo lampadario al centro della stanza scoppiarono, emanando diverse scintille prima di spegnersi.
Angelica fece per guardare verso il soffitto ma lui non le permise di muovere la testa, perciò rimase dov’era chiedendosi cosa fare. Era l’alba e la stanza era leggermente ombreggiata, invece che completamente buia.
«Stiamo litigando?» gli chiese sussurrando perché, in quel caso, sapeva già che avrebbe perso.
«No.» ringhiò lui, poi fissò lo specchio ovale della toeletta quando si ruppe con un forte schiocco.
«Allora che ne pensi di dirmi qual è il problema, prima di distruggermi di nuovo la stanza?» sbottò Angelica senza riuscire a trattenersi.
Syn si bloccò sentendola dire “di nuovo”. Finalmente iniziava a ricordare cose che non erano accadute in questa vita, o meglio, in questo mondo? La sua anima era abbastanza forte da far tremare la gabbia della sua prigione mortale? Strinse delicatamente le dita che teneva intrecciate tra i suoi capelli e si scostò, guardandola negli occhi in cerca della verità.
«Di nuovo?» le chiese, con una voce che risuonò tormentata anche alle sue stesse orecchie.
«Cosa?» chiese Angelica confusa. Accidenti... non riusciva a stargli dietro. Era davvero estenuante.
«Mi hai chiesto di dirti qual è il problema prima che io distrugga la tua stanza... di nuovo.» le disse, soffermandosi sulle ultime due parole.
«Ah sì?» mormorò Angelica, sentendo dei brividi gelidi lungo le braccia. Fece per negare ma aveva davvero detto “di nuovo” e non poteva rimangiarselo perché, all’improvviso, sentiva che quella era la verità.
Syn lasciò andare la frustrazione e sulle labbra gli affiorò un sorriso lento e perfido. Aveva distrutto la sua camera da letto più di una volta e, anche se non sapeva quale ricordo stesse cercando di farsi strada in lei, non gli importava più. Lo aspettava con ansia, buono o cattivo che fosse, insieme alla discussione che ne sarebbe scaturita.
L’anima di Angelica era il suo io interiore e lo aveva già perdonato... era tutto il resto a dover essere costretto alla resa.
Vedendolo sorridere per la sua confusione, Angelica si scostò da Syn, contenta che le avesse liberato i capelli prima che si facesse male.
«D’accordo, ti piace riarredare le camere da letto nel tempo libero... fai come vuoi. Ma se non te ne vai e mi lasci riposare, ti riarredo io.» gli disse, poi si accigliò quando Syn sparì all’istante, lasciando riecheggiasse una risata nella stanza.
Angelica rimase ad ascoltare finché la risata svanì. Non ricordava di averlo mai sentito ridere così... né di averlo mai visto sorridere davvero. E allora perché quel suono le faceva male al petto come se avesse ritrovato e perso contemporaneamente qualcosa che le stava a cuore?
Sentendosi esausta, si trascinò fino al letto e si arrampicò sul materasso, sforzandosi di ignorare la sensazione di cadere all’indietro. Colse di sfuggita il suo sorriso... lo stesso che aveva appena detto di non aver mai visto. Quella visione fugace la portò a desiderare di vedere altro.
Chiudendo gli occhi per la stanchezza, si arrese e si lasciò andare a ciò che la stava tormentando inesorabilmente.
Syn riapparve sul tetto del castello. Aveva notato un lieve accenno di ametista brillarle negli occhi e aveva deciso di non disturbare la sua ricerca interiore. L’aveva già vista cambiare il colore delle iridi altre volte, ma accadeva solo quando usava i suoi poteri. A quanto pare, quella era stata l’unica volta in cui lei era riuscita a sentire la potente anima che teneva imprigionata in profondità dentro di sé.
Syn capiva perché Angelica proteggeva inconsciamente la propria anima da un mondo in cui la vita e la morte si susseguivano in un batter d’occhio. Era puro istinto, ma quella paura non aveva più senso. Nell’istante in cui era stato evocato in quella grotta buia... le aveva inviato il proprio potere sotto forma di marchio sul suo palmo. In seguito aveva rinforzato quel potere infondendo in lei la propria forza vitale... anche se Angelica ignorava il significato di tale gesto.
Adesso lei aveva poteri che non sapeva neanche di avere e lui non l’aveva aiutata a scoprirli per ragioni puramente egoistiche. Era già fin troppo indipendente, per i suoi gusti. Anche se il tempo non era più suo nemico e la maggior parte delle ferite guariva in fretta, Angelica era ancora in pericolo per colpa dei potenti immortali che avevano dichiarato guerra a quella città.
C’era un’altra cosa che poteva fare per lei per pareggiare le probabilità, ma stava cercando di essere paziente, sapeva che lei non era ancora pronta ad affrontare gli effetti collaterali che sarebbero derivati dal mescolare il loro sangue. Lui aveva già commesso quell’errore. Non era come per i loro figli quando davano il proprio sangue alle loro anime gemelle.
Abbassò lo sguardo sul tetto, sentendo il silenzio che proveniva dalla stanza sottostante. E poi, se l’avesse morsa adesso, Angelica l’avrebbe vista come una prova di ciò che credeva che lui fosse in realtà... un mostro.
Essere gentile la stava mettendo in pericolo e non ci sarebbe voluto ancora molto per essere tentato a diventare il mostro di cui lei aveva bisogno. Dopotutto... aveva già interpretato quel ruolo.
Capitolo 5
Kriss se ne stava avanti all’enorme vetrata dell’attico, con una bottiglia di “Heat” in una mano e un grosso calice nell’altra. Voleva ubriacarsi ma il suo metabolismo fastidiosamente veloce non gli permetteva di sentirsi libero come voleva, se non per pochi istanti ogni volta.
Frustrato, strinse la bottiglia e la ruppe involontariamente mentre ricordava il viso di Vincent dopo innumerevoli anni dall’ultima volta. Certo, Vincent non avrebbe ricordato quell’incontro perché Storm aveva cambiato il corso del tempo... ma lui non avrebbe mai dimenticato quello sguardo di odio che l’uomo gli aveva rivolto.
Rifiutando quell’odio, ripensò ai ricordi della propria infanzia, quando Vincent provava l’esatto opposto per lui.
Non era arrivato in questo mondo da molto tempo quando Dean se n’era andato per fermare un’orda di demoni diretti verso di loro. Lo aveva aspettato da solo, nascosto tra le enormi rocce ai piedi di una scogliera, eseguendo il suo severo ordine di starsene buono e nascosto, perché quel posto era sicuro.
Dean aveva avuto ragione quasi su tutto. Per giorni Kriss non aveva visto né animali, né umani, né demoni. Era la prima volta in vita sua che rimaneva da solo. Il silenzio che lo circondava stava solo alimentando la sensazione di abbandono e paura mentre aspettava. Gli mancava l’amore ricevuto nel suo mondo natio... e il calore e la sicurezza che Dean gli aveva dato in quest’altro mondo.
Una notte aveva sentito il rumore di ciottoli che rotolavano giù lungo il pendio. Si era sporto fuori e aveva guardato verso la sommità della scogliera, che la luce della luna crescente illuminava a malapena... aveva visto le sagome di diversi demoni che strisciavano giù verso di lui.
La sua attenzione