Il Conte Libertino. Dawn Brower
esaminato e, se il leader lo riteneva idoneo, formalizzava l’invito. Coventry era il loro leader e aveva l’ultima parola su tutti i nuovi membri.
Udì un colpo alle sue spalle. Si voltò per capire cosa stesse succedendo. Asthey teneva premuto il tacco del suo stivale sul petto di un furfante. L’uomo si dimenava, cercando di scappare, finché Asthey non estrasse la pistola che portava e gliela puntò. «Avanti. Dammi una ragione per usarla. Dopo la giornata che ho avuto, mi farà sentire molto meglio.».
«Vi prego, milord.» implorò l’uomo, «Non uccidetemi. Ho una famiglia che ha bisogno di me.».
«Forse avresti dovuto pensarci prima di provare ad aggredire il mio amico.». Jonas spalancò gli occhi mentre ascoltava la conversazione. Era così perso nei suoi pensieri da non aver notato quell’uomo? Era probabile. Dopotutto, era di umore particolarmente sdolcinato. A trent’anni si diventava uomini, o almeno così gli avevano detto. Asthey alzò il grilletto mentre il furfante iniziava a tremare. «Chi ti ha mandato?».
Jonas accorciò la distanza tra loro e scrutò l’uomo. «C’è bisogno di chiederlo? Sono certo che siamo in grado di capire chi è stato così stupido da mandare qualcuno a farmi del male.».
«Non dovevo farvi più male del necessario.» disse l’uomo, «Lui voleva che vi consegnassi relativamente integro.».
«È così, dunque?». Jonas alzò un sopracciglio, «Suppongo sia vero. Non ho adempiuto al mio dovere di generare un erede. Lui non vorrebbe che io morissi prima di averlo fatto.».
«Non essere così superficiale.» Asthey quasi ringhiò, «È la tua vita, queste aggressioni devono finire.».
Jonas era d’accordo, ma non aveva idea di come dissuadere suo nonno dalle proprie idee ridicole. Quell’uomo era troppo insistente e non lo avrebbe lasciato in pace per nessun motivo. «Perché non usiamo il ragazzo per inviare un messaggio a quel vecchio caprone?».
«Vuoi che gli spari e lo faccia consegnare a Southington a pezzi?».
«Che cosa macabra.» disse Jonas. Asthey non faceva sul serio. Oh, avrebbe sparato a quell’uomo, se necessario, ma non aveva mai commesso un omicidio. Qualche tempo prima aveva avuto uno spiacevole incidente che lo aveva reso diffidente verso le persone che non conosceva o di cui non si fidava. Ecco perché portava con sé una pistola. «Non credo ci sia bisogno di arrivare a tanto.».
«Vi prego, non uccidetemi.», l’uomo era diventato bianco come un lenzuolo, «Farò tutto quello che volete.».
«Visto? Vuole solo rendersi utile.» Jonas sorrise. Un pizzico di malvagità lo pervase, e lui non riuscì a trattenersi neanche se avesse voluto. «Se non farà ciò che gli chiediamo, puoi sempre sparargli più tardi.».
«Preferirei farlo adesso.» rispose Asthey quasi maniacalmente, «Ma colgo la saggezza del tuo piano.». Scostò lentamente lo stivale dal petto dell’uomo. «Non scappare. Sono un asso con questa pistola e non faresti tre passi prima di sentire una pallottola bruciarti nel petto.».
Jonas scosse la testa, doveva molto ad Asthey per il suo aiuto in tutti questi anni. E questa era un’altra cosa da aggiungere alla lista. Non avrebbe mai potuto ripagare appieno i suoi amici per tutto quello che avevano fatto per lui.
«Che cosa volete che faccia?» chiese il furfante, con una mano ancora alzata. Asthey non aveva ancora abbassato la pistola. «Ditemelo e lo farò questa sera stessa.».
«Vai dal duca.» iniziò Jonas, «Raccontagli di questa nostra breve conversazione, nei dettagli. La prossima volta che manderà qualcun altro a fare il lavoro sporco, non sarà felice del risultato. Questo è l’unico avvertimento che gli daremo. Ho chiuso con i suoi giochetti, tutto questo finirà.».
Il duca, probabilmente, non avrebbe ascoltato l’avvertimento, ma Jonas doveva provarci. Tutti gli uomini inviati da suo nonno non erano serviti, ma era ora di cambiare la sua strategia. Non avevano mai minacciato di ucciderne e smembrarne uno, finora. Asthey era abbastanza pazzo che quell’uomo, probabilmente, lo credeva capace di tutto.
«E non tornare più qui.» disse Asthey, «Se lo farai, significa che hai gradito l’attenzione che ti ho riservato stasera.».
L’uomo annuì freneticamente, poi si girò e corse più veloce che poté. Jonas rise quando il furfante scomparve alla vista. «Pensi che andrà a Southington?».
«Se ci tiene alla sua vita, lo farà”.» rispose Asthey, «Quindi direi di sì.».
«Grazie per essertene occupato.» disse Jonas, «Non mi ero accorto che fosse lì.».
«Andiamo dentro.», ad Asthey non piaceva l’emotività. Non avrebbe risposto al suo ringraziamento, ma Jonas aveva capito. Era fatto così ed erano amici di così vecchia data da conoscere i segreti più oscuri e profondi l’uno dell’altro.
«Dopo di te.» Jonas allungò una mano, «Te lo sei meritato.».
«Sei impazzito?» gli chiese Asthey, «Non ho intenzione di perderti d’occhio. Porta subito dentro le tue chiappe.».
Jonas scosse la testa e si diresse all’interno, con Asthey alle calcagna. Entrarono nella stanza principale e Jonas rimase sorpreso di vederla affollata al limite. Quasi, se non tutti, i conti erano nel club. C’era un incontro di cui non era a conoscenza? Come Mosè che spartì le acque, i conti si scostarono per far passare Coventry. L’uomo si diresse verso Harrington. La sua età iniziava a manifestarsi. I suoi capelli erano diventati un misto di bianco e grigio, e attorno ai suoi occhi verde chiaro iniziavano a comparire le rughe. Nonostante ciò, sembrava forte e robusto per la sua età. Quando Coventry raggiunse Jonas, lo abbracciò e poi fece un passo indietro. Poggiandogli le mani sulle braccia, gli disse: «Buon compleanno.». Quindi tutti i presenti sollevarono i calici e ripeterono le stesse parole ad alta voce.
«Che cosa sarebbe?».
«Una celebrazione.» rispose Coventry, «Per questo compleanno e per molti altri a venire, ma soprattutto, per la tua libertà.».
«La mia cosa?».
«Deve aver battuto la testa.» disse Asthey. «È il tuo compleanno, o l’hai dimenticato?».
«No.» disse Jonas con calma, «So bene che giorno è oggi. È la questione della libertà che non capisco.».
«Hai il pieno controllo della tua eredità, ora.» disse Coventry, «Southington non ha più voce in capitolo sulle tue tasche.».
Jonas sospirò, «Ormai da molto tempo non ho più bisogno del denaro degli Harrington per sopravvivere. Non ha importanza per me.».
Aveva rinunciato alla speranza di avere qualcosa a che fare con la tenuta. Il titolo, in pratica, era solo una formalità da anni. Suo padre non aveva assunto il titolo di cortesia come figlio del duca. Se lo avesse fatto, allora sarebbe stato il Marchese di Starling, così come Jonas dopo la sua morte. Invece, aveva assunto il titolo dell’altro nonno, dalla parte di sua madre, ed era diventato il Conte di Harrington. Era l’unico erede vivente e ciò comportava un onore maggiore.
Con la morte di suo padre, Jonas era stato posto sotto la custodia di suo nonno. Il duca aveva cercato di fargli assumere il titolo di Starling, ma lui lo aveva rifiutato come aveva fatto suo padre. Sfortunatamente, ciò diede al duca il controllo sulla tenuta Harrington e, di conseguenza, macchiò quell’onore. Suo nonno aveva le mani su tutto ciò che riguardava la tenuta Harrington e la governava con ordini duri e crudeltà. I fittavoli erano infelici e il duca provava piacere.
«Non ha importanza?» disse piano Coventry, «Pensaci e, quando sarai pronto a reclamare di nuovo la tua casa, io ti aiuterò.».
Forse doveva rivendicare il suo patrimonio. Odiava avere a che fare con suo nonno, ma lo doveva ai fittavoli da sottrarre al controllo del perfido bastardo. Avrebbero potuto trovare un po’ di felicità, almeno. Qualcuno doveva farlo, anche se non fosse stato lui. Annuì, «Come hai fatto a riunirli tutti qui?».
«Lo stavamo organizzando da un po’.» disse Asthey, «Shelby ed io avevamo deciso che il tuo trentesimo compleanno non sarebbe dovuto passare inosservato senza festeggiamenti.».
Aveva degli