Salvato Da Una Ninfa Marina. Rebekah Lewis

Salvato Da Una Ninfa Marina - Rebekah Lewis


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ma il sesso...si occupava di se stessa quando nasceva il desiderio, ma aveva bisogno di stroncare quella parte di sé. Più la negava, più diventava triste. Per questa ragione non sopportava più di stare a casa. Ed era dovuta partire. Aveva bisogno di molto di più di quello che avrebbe dovuto desiderare.

      Il rumore di un tuffo le fece alzare lo sguardo di nuovo. Uno degli umani era saltato nell’acqua. Che strano. Il bel mezzo della notte non era proprio il momento ideale per farsi una nuotata, se non si avevano le pinne. Gli umani non avevano la vista acuita come lei...né le branchie. Quindi perché stava facendo così?

      Il mortale, un maschio, continuava ad affondare, muovendo appena un braccio o una gamba, scalciando per tornare verso la superficie o la barca, che stava andando via come se loro non avessero notato affatto che si era allontanato. Lei rimase a bocca aperta. Per gli Dei, stava affogando! I suoi compagni lo avevano lasciato a morire di proposito? Perché lo avrebbero fatto?

      Prima di avere preso qualsiasi decisione, mosse la coda ad un’andatura veloce, scivolando verso l’alto fino a quando non afferrò l’uomo sotto le braccia. Era divisa tra l’istinto di proteggere l’umano ed quello di proteggere il segreto della sua gente da quelli come lui, quindi Ione si affrettò ad allontanarsi con lui nella direzione opposta rispetto alla barca. Il fatto che il cielo notturno nascondesse tanto quanto il chiaro di luna svelasse, era d’aiuto. Era sempre stata affascinata dal bagliore della luce della luna- ma ora non era il momento di stupirsi per quelle cose.

      Quando portò la testa dell’uomo fuori dalle onde, lui non respirava. Temendo di averlo tenuto sotto troppo a lungo, lo circondò con un braccio e gli posò la mano sul petto, sopra il cuore, poi fece scivolare il palmo sotto la stoffa ampia dei suoi vestiti. La carne era fredda al tocco, forse a causa della temperatura dell’acqua e non perché fosse troppo tardi. Incanalando tutta l’energia nella mano, avvicinò le labbra alle sue, chiedendo all’acqua che lui aveva inalato di tornare a lei. Di uscire dal suo corpo. Quando l’acqua salata raggiunse le sue labbra, si tirò indietro, mentre lui tossiva e sputava l’acqua fuori dal corpo.

      Quindi Ione lo guardò ed ammirò la sua bellezza maschile. I capelli scuri si erano liberati dal laccio che ne teneva ancora una parte legata dietro la nuca. Aveva gli occhi blu- un blu notevole per i suoi sensi resi più acuti dalle necessità della vita sott’acqua. Aveva la mascella squadrata e un struttura del viso piacevole. Mentre la guardava, sbatté gli occhi, come se non riuscisse a crederci. Poi trasalì.

      “Devo dire”, disse a denti stretti con un tono che le provocò i brividi. “Pensavo che il paradiso fosse un posto meno...bagnato”. Quindi girò gli occhi e perse i sensi.

      Gli umani erano talmente fragili.

      Con un sospiro, lo tenne stretto e nuotò verso la riva. Poteva distinguere a malapena una spiaggia in lontananza e sperava che la notte avrebbe offerto loro abbastanza privacy, in modo che il suo emergere in superficie non mettesse in pericolo lei o la sua gente. In ogni caso, sentiva il brivido dell’avventura. Ed il desiderio di accoppiarsi tambureggiava nelle sue vene.

      ***

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      AVEVA MALE DAPPERTUTTO. Se era morto, James non avrebbe dovuto sentirsi più leggero? A meno che non fosse finito all’inferno, il che non aveva senso, visto che era sicuro di avere visto un angelo prima di perdere di nuovo i sensi. Un bell’angelo dai capelli dorati che aveva recuperato la sua anima direttamente dall’oceano. Era completamente inzuppata, come si sentiva lui ora.

      Quando un’onda lo colpì direttamente dietro la nuca, il suo corpo fu spinto in avanti e l’acqua salata gli entrò in gola, facendogli bruciare gli occhi e le narici.

      “Le mie scuse”. La voce era melodiosa e dolce, e lui si lamentò, quando si rese conto che la donna era rimasta con lui. Lo teneva tra le braccia e la sua pelle morbida e liscia strusciava contro di lui mentre lo portava a riva a nuoto. Il suo angelo. James si girò per guardarla. I capelli dorati e la pelle perfetta, senza alcun difetto, che ricordava. Mio Dio, era...

      Colpì la sabbia con le ginocchia e ricevette un’altra ondata in faccia. Erano approdati sulla spiaggia e lei lo stava trascinando lontano dalle onde...con una notevole difficoltà. Avrebbe dovuto aiutarla, ma metà del suo corpo era insensibile e l’altra metà avrebbe voluto esserlo.

      Allungò le mani per appoggiarsi alla spiaggia e tirarsi su, ma il suo moncherino ancora aperto e bruciato toccò la sabbia. Trattenne il respiro e si lasciò cadere, anche se erano immersi nell’acqua fino al ginocchio. Aveva perso la mano. In qualche modo aveva dimenticato quel dettaglio altrimenti indimenticabile, distratto com’era dal bel viso dietro di lui e dal fatto che aveva male dappertutto.

      “Sei ferito!”, esclamò la donna con la sua voce melodiosa. Era una persona terribile, visto che sentiva sollievo perché lei si strusciava contro di lui?

      “Solo un graffio, in realtà”. Perché voleva impressionarla? Era chiaro che fosse mezzo morto. Perché cercava di proteggere il proprio orgoglio? Lei lo aveva tirato fuori dall’acqua ed avevano nuotato fino a riva.

      Strabuzzò gli occhi quando scoprì che la sua ipotesi, prima di avere il viso pieno di sabbia, era corretta. Lei non indossava niente.

      James si lasciò cadere sulla schiena, deciso a dare un bello sguardo alla sua salvatrice senza appoggiarsi al braccio sinistro. Capì immediatamente di essere stato vittima di un’illusione febbrile, perché aveva compreso che la donna non era affatto un angelo- sentiva troppo dolore per essere in Paradiso- ed era sicuramente nuda, ma non poteva essere umana. Era troppo perfetta, troppo bella, e si sentiva troppo a suo agio nell’acqua. Quando abbassò lo sguardo, e si maledisse perché gli mancava l’autocontrollo di un gentiluomo- trattenne il respiro. Era impossibile. Lei non poteva esistere, a meno che lui non stesse impazzendo. “Sei una...”

      Lei si guardò. La maggior parte della metà inferiore del suo corpo restava nascosta nell’acqua poco profonda, ma le scaglie dorate della coda da pesce arrivavano fino al suo addome, per fermarsi al di sopra dell’ombelico, e risalivano un po’ più in alto sui lati fino a coprirle i fianchi. I suoi capezzoli nudi erano dello stesso colore delle sue scaglie e dei suoi capelli. Anche se c’era poca luce, i suoi occhi sembravano della stessa sfumatura. Con la sua pelle morbida ed abbronzata, anche al chiaro di luna sembrava fatta d’oro. Lui desiderava toccarla, ma strinse le dita della mano che gli restava per reprimere quel bisogno. Le storie di sirene che aveva sentito durante i suoi giorni in mare le descrivevano come perverse cacciatrici con un bel viso, ma con motivazioni sanguinarie. Avrebbe perso l’altra mano se avesse osato?

      La sirena distolse lo sguardo da lui e guardò l’acqua. “Sono deludente ai tuoi occhi come lo sono agli occhi della mia gente?”

      Cosa? Come poteva una donna così bella credere di essere deludente? “Non capisco”. La sua affermazione era vera sotto molti punti di vista. L’esistenza della donna, cosa gli era successo e il fatto che lei credesse di avere dei difetti nel suo aspetto.

      Lei sospirò e guardò il moncherino ferito nel polso sinistro. Lui avrebbe quasi voluto immergerlo di nuovo nell’acqua per nascondere l’imperfezione agli occhi di lei. Se c’era qualcuno di deludente da guardare, quell’onore spettava a lui. Sarebbe stato considerato un invalido al suo ritorno a Londra. C’erano anche delle cose peggiori, ma il nome della sua famiglia avrebbe occupato i pettegolezzi per mesi. Qualcosa che non avrebbe certo giovato a sua sorella durante la sua prima stagione.

      “Devo portarti più avanti sulla terraferma”, disse lei di nuovo, interrompendo le sue preoccupazioni. “Se mi permetti di toccarti di nuovo.” Quando lo guardò, non mostrò alcuna compassione. Lui le fu grato per tutto ciò.

      James aprì e chiuse la bocca varie volte, mentre si sforzava di trovare le parole per rispondere a quell’affermazione. “Perché non dovrei permetterti di toccarmi?” Mentre iniziava a scuotere la testa e diventava sempre più consapevole del dolore al braccio e nel fianco, l’idea delle sue mani sul proprio corpo gli diede conforto. Il suo tocco gli avrebbe procurato un sollievo temporaneo? Moriva dalla


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