La Sua Omega Proibita. Kristen Strassel
sole stava rapidamente calando dietro l’orizzonte dei confini della città, e la festa era in pieno svolgimento. Mi misi seduto, osservando dal mio trono la folla, mentre diverse femmine beta ballavano al ritmo della musica scatenata che riempiva la sala. Spingevano i fianchi e agitavano i corpi in modo che i loro abiti frusciassero di qua e di là, rivelando sprazzi di carne provocante per catturare l’attenzione dei maschi affamati vicino a loro.
La seduzione stava funzionando.
I guerrieri Alfa fischiavano e guardavano le beta come se fossero un nuovo trofeo da vincere in battaglia. Ma che tipo di trofeo può essere quello ottenuto con la sottomissione? Quando le femmine si lanciavano letteralmente tra le loro braccia, invece che fargli dimostrare che ne erano degni?
Era fottutamente noioso.
E non ero il solo a pensarlo.
Alla mia destra c’era Evander, vestito con lo stesso abbigliamento che indossavamo tutti noi, il suo volto privo di emozioni come un foglio bianco. Alla mia sinistra c’era Solen, che si agitava come se non vedesse l’ora di farla finita con queste formalità in modo da potersi chiudere da qualche parte e fare la sua cosa preferita… scopare. Perfino Cassian, che di solito aveva un umore migliore del resto di noi, sembrava infastidito da morire. L’unico che era svanito nel nulla era Dagger.
Ma il resto dei presenti, a quanto pareva, era incantato da quelle femmine che danzavano. Quindi lasciai che la cosa andasse avanti.
Feci dondolare il calice tra le dita mentre lo sorreggevo sopra il bracciolo del trono. Senza dire una parola, una cameriera omega lo rabboccò con un vino robusto. Gli omega non erano ammessi in città dopo il tramonto, se non in occasioni speciali come le celebrazioni delle battaglie, quando i loro servigi erano necessari oltre le ore concesse.
Infrangere le regole andava bene se eri un re, e se erano di poca importanza. Curve ampie invece di angoli acuti.
E chi se ne fregava se alcuni omega dovevano tornare nelle Badlands a notte fonda. Le difficoltà che subivano a causa della Divisione li rendevano più forti, no? Questo è ciò che insinuava Dagger. E poi non era consono a un reale doversi servire da solo.
Osservando attentamente la folla mentre bevevo, notai la gamma di colori che conferiva alla stanza un’atmosfera quasi sgargiante. Abiti di seta brillante nei toni del blu, verde e viola. Rose rosse come sangue, di un rosa intenso oppure gialle come il sole. In mezzo a tutte quelle tonalità brillanti c’era la lucente pelle nera dei vestiti dei maschi Alfa. La folla si muoveva come un’onda multicolore e il mio sguardo fluttuò sopra di essa fino all’ingresso più lontano, contando i minuti che avrei dovuto attendere prima di attraversare quell’arco e tornare ai miei alloggi. I libri antichi allineati sui miei scaffali erano un intrattenimento più gradevole di tutto ciò, anche se scritti da uomini vissuti nell’America dei tempi passati.
Una femmina apparve sulla soglia come se l’avessi evocata dal nulla. Una che non avevo mai visto. Non che conoscessi tutte quelle del nostro branco. Ma sicuramente non era una che frequentava le feste reali.
La valutai osservandola da lontano.
Il suo abito sarebbe stato definito squisito dalle donne presenti. I suoi capelli castano scuro erano intrecciati a formare una corona attorno alla testa. Teneva le spalle dritte, come se appartenesse a questo posto. Come se fosse di sangue reale anziché di quello più comune dei beta.
Ma furono i suoi occhi che attirarono la mia attenzione quando nient’altro c’era riuscito. Così grandi e pieni di meraviglia che potevo vederne il blu anche da lontano. Il suo viso non era pesantemente truccato come quello delle altre femmine nella stanza. Aveva usato tratti e colori lievi, permettendomi di godere di ogni sua espressione.
Stupore, sorpresa e un accenno di dubbio furono rapidamente sostituiti dalla gioia mentre i suoi occhi danzavano nella stanza, quasi assaggiando tutto ciò che la circondava. Il suo sguardo sembrò indugiare più a lungo sulle rose. Le piacevano?
Mi ritrovai a desiderare che ce ne fossero ancora di più a riempire la sala, solo per poterla osservare mentre se le godeva più a lungo.
Non distogliendo mai gli occhi da lei, mi sporsi per chiedere a Evander: “La femmina che è appena entrata. Chi è?”
“Non mi è familiare.”
Il tono della sua risposta attirò la mia attenzione e mi fece voltare la testa di scatto per valutare la sua espressione. La guardava proprio come me, con interesse.
Un ringhio rimbombò dal mio petto, non animalesco come avrei voluto, nemmeno lontanamente. Volevo la mia bestia, ora più che mai. Il lupo sarebbe uscito dal mio corpo in un attimo e si sarebbe scagliato alla sua gola…
“Stai lontano da lei,” lo avvertii.
Vidi la sua fronte aggrottarsi in uno cipiglio mentre si voltava a guardarmi. “È un ordine, mio Re?”
“Sì. E questo vale per tutti voi,” dissi agli altri nel caso in cui la desiderassero anche loro.
Era mia.
Mia fino a quando mi fossi stancato di lei.
E sarebbe successo. Certo che sarebbe successo.
Perché questa esistenza era troppo vuota per aspettarsi qualcosa di diverso. Vivevo per difendere il nostro popolo dagli umani. Per assicurarmi che la mia gente prosperasse, si moltiplicasse e diventasse più forte. Vivevo per guidarli verso il domani, qualunque cosa potesse riservare. E poi verso il giorno dopo, e quello dopo ancora.
Avere qualcuno al mio fianco non era mai stato compreso nel pacchetto.
Avere qualcuno di dolce da cui tornare a casa era così lontano dalla mia portata che non potevo nemmeno lasciare che quell’idea mettesse radice nella mia testa.
Deglutii con forza mentre guardavo quella femmina così bella fare un passo in mezzo alla folla, i suoi occhi spalancati in costante movimento.
Fino a quando non si posarono su di me. E rimase completamente immobile.
Come se avesse dimenticato di respirare.
O erano i miei di polmoni che avevano smesso di funzionare?
Il suo sguardo color zaffiro si scontrò con il mio per molti secondi prima di svolazzare via. Cadde a terra come una cascata di foglie autunnali e il mio cuore prese velocità.
La mia misteriosa beta era una sottomessa.
Ma poi il suo sguardo si sollevò di nuovo sul mio, fissando palesemente. Come se stesse decidendo la sua prossima mossa. Misurando il suo prossimo passo usando la mia reazione come metro di giudizio.
Mi alzai, sentendomi più invincibile di quanto non avessi mai fatto in battaglia. Avevo già catturato la sua attenzione, ora l’avrei conquistata. Avrei iniziato con una danza. Le avrei fatto tutte le domande necessarie per conoscerla meglio. E poi l’avrei condotta al mio letto e ce l’avrei tenuta tutto il tempo che volevo.
“Desiderate altro vino, mio Re?” chiese la cameriera omega, facendomi distrarre.
“No.” Le diedi il mio calice e mi voltai per ritrovare la mia femmina.
Ma se n’era andata.
Osservai con attenzione la folla in cerca del suo vestito rosa scuro, ma non la vedevo da nessuna parte.
Dove sei finita, femmina? Non sai che non puoi nasconderti dal Re?
CAPITOLO QUATTRO
Superai la prima prova tenendo gli occhi bassi mentre attraversavo il checkpoint dirigendomi a Luxoria. I maschi che ogni giorno si alternavano nei turni di guardia erano sempre gli stessi e mi conoscevano. Non avevo bisogno di mostrare l’identificazione che gli omega dovevano sempre portarsi dietro, che impediva venissimo scambiati per qualcuno che non eravamo. Qualcuno che apparteneva alla città reale.
“Lavori alla festa stasera?” mi chiese la guardia. Mi ero assicurata di mettermi nella fila di quello che sorrideva e diceva battute quasi ogni giorno. Non tutti erano gentili come lui. Se fossi finita nella fila sbagliata, avrei potuto far saltare la mia copertura.
“Sì.”