La Ragazza-Elefante Di Annibale Libro Uno. Charley Brindley

La Ragazza-Elefante Di Annibale Libro Uno - Charley Brindley


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visto così tanti peli su nessuno prima d’ora. Gli coprivano il petto, la pancia e gran parte del viso. Probabilmente anche la sua schiena, ma non volevo vederealtre parti di lui.

      Rosicchiò l’ultimo pezzetto di carne dall’osso di un piccolo animale e lo gettò da parte. “È tutto quello che hai fatto?”Ringhiò alla ragazza, facendo un gesto verso il cestino.

      La sua voce roca e rauca mi irritò. Qualcosa di grasso gli scorreva dall’angolo della sua bocca.Sputò per terra ai miei piedi. Mi guardò e si asciugò il mento con il dorso della mano.

      La ragazza e io arretrammo. Non avevo mai saputo che un uomo grasso potesse muoversi così in fretta, ma si sporse in avanti e fece oscillare la mano prima che avessi l’occasione di voltarmi. Chiusi forte gli occhi, aspettandomi di sentirlo colpire il mio viso, invece colpì la ragazza. Non era uno schiaffo, le aveva tirato un forte pugno. Il colpo la fece sbattere contro un albero. La parte posteriore della sua testa colpì il tronco e lei si afflosciò, cadendo a terra.

      Lasciai cadere il cestino e corsi dalla ragazza, inginocchiandomi al suo fianco. La feci girare e piansi. Il sangue le scorreva dalla bocca e dal naso e un livido viola cominciava a formarsi sul lato del suo viso. Aveva gli occhi chiusi.

      “Tin tinbansunia,” sussurrai e la presi tra le braccia.

      Non vidi arrivare lo stivale dell’uomo.

      Capitolo Otto

      Lo stivale pesante dell’uomo grasso mi colpì nel fianco, facendomi cadere all’indietro. Provai a gridare, ma non ne avevo fiato. Mi misi in ginocchio e mi sporsi in avanti, stringendomi lo stomaco con entrambe le mani, facendo fatica a respirare. Mentre l’uomo afferrava il braccio della ragazza per trascinarla verso la sua capanna, provai ad alzarmi, ma sentii una grande pressione sul mio petto e caddi di nuovo a terra, ancora senza fiato.

      La ragazza aprì gli occhi e fece un debole tentativo di rimettersi in piedi, ma inciampò e cadde mentre l’uomo la trascinava via. Gridò e afferrò un palo vicino alla porta con la mano libera, ma lui la staccò via, la portò dentro e sbatté la porta. Sentii poi il bullone di legno cadere in posizione, segno del fatto che la porta veniva bloccata.

* * * * *

      Non so per quanto tempo restai lì a piangere, ma alla fine riuscii ad alzarmi. Mi girava la testamentre raccoglievo le foglie e i ramoscelli dai tre gomitoli e li mettevo nel cestino. Quando poi posizionai il cestino accanto alla porta, non sentii alcun rumore all’interno. Bussai e aspettai una risposta, ma non ne arrivò nessuna. Bussai più forte e cercai di aprire la porta, ma non cedeva.

      “Tin tinbansunia,” sussurrai attraverso una crepa nel legno. Non mi rispose nessuno

      Dopo un altro momento, mi allontanai, dirigendomi verso il sentiero. Per quando arrivai alla tenda di Bostar, le mie lacrime si erano asciugate. Mi sentivo male. Non solo mi faceva male lo stomaco e il fianco, ma mi sentivo ferita nel profondo. Non era un sentimento che riuscivo a capire. Mi disturbava, come se avessi fatto qualcosa di sbagliato non aiutando la ragazza. Volevo solo andare da Obolus e rannicchiarmi in quel luogo morbido tra il suo mento e il petto dove avevo dormito la sera prima.

      Feci un sorriso a Bostar perché sembrava felice di vedermi e disse che gli piaceva il mio vestito. Era un omone come quello sullaCollina Rocciosa. Gli diedi il quadrato di stoffa del giorno prima, che avevo nascosto dietro la cintura, e lo vidimettere fuori le pagnotte. Sicuramente non era paragonabile all’uomo che aveva colpito Tin Tin Ban Sunia così forte.

      “Hai…”cominciai con tono rauco, non rendendomi conto del fatto che non avessi più la voce. Deglutii e ricominciai. “Possiedi uno schiavo, Bostar?”

      Lui corrugò la fronte e studiò il mio viso prima di rispondere. “No, bambina mia. Non posso permettermi schiavi.”

      “Oggi abbiamo bisogno di otto pagnotte.”

      Lo guardai per un momento mentre sistemava il pane sul panno. Quindi presi due monete e i gioielli che Yzebel aveva spedito con me e glieli porsi.

      “Quanto costa uno schiavo?”Chiesi.

      Bostar prese la minuscola catena d’oro per esaminarla. “Uno schiavo costerebbe una manciata di queste.” Teneva la catenina da una sua estremità.

      “Oh.” Rimisi il resto dei gioielli nella borsa.

      “Aspetta qui un momento.” Andò nella sua tenda.

      Strinsi le corde della mia borsa e raccolsi gli angoli del panno per legarli insieme, però Bostartornò con altre pagnotte.

      “Questa catena d’oro è troppo per otto pani. Eccone altri tre, così siamo pari.”

      “Mm,”dissi. “Yzebel aveva ragione.”

      “Riguardo cosa?”Aggiunsele pagnottealle altre sul panno.

      Yzebel mi aveva detto che Bostar era un uomo buono, un commerciante leale. Come faceva a saperne degli uomini? Come fa una ragazza a imparare la differenza tra le persone, distinguendo il bene dal male?

      “Vedi dov’è il sole, Bostar?”

      Lanciò uno sguardo al cielo. “Quasi alle cime degli alberi.”

      “Yzebel mi ha detto di tornare ai suoi tavoli prima che raggiungesse le cime degli alberi.”

      “Allora dovresti sbrigarti, Piccola.” Mi legò la cintura dietro; si era allentata quando avevo tolto il panno per il pane. “Ti vedrò domani?” chiese.

      “Potresti vedermi ogni giorno per molto tempo.”Lo guardai.

      “Ottimo. Questo significa che gli dei non sono scontenti di me.” Si fermò, mi guardò, poi aggiunse, “Non ancora.”

      Lo fissai, chiedendomi a quali dei pregasse e perché. Quell’uomo di Via degli Elefanti aveva detto che gli dei degli inferi dovevano avermi creato per provare a far ribellare gli elefanti contro gli ammaestratori. Forse quegli stessi dei stavano operando quando quell’uomo ha ferito Tin Tin Ban Sunia.

      “Non pensarci su così tanto, Piccola. Questo è solo un po’ di umorismo da fornaio.”

      “Bostar?”

      “Sì?”

      “C’è un uomo sullaCollina Rocciosa, che vive in una baracca tra gli alberi. È grande come te, ma è coperto di peli. Lo conosci?”

      Bostar tirò su i quattro angoli del panno per legarli insieme.“Quello che commercia i fili?”

      Annuii.

      “Ne ho sentito parlare.”

      “Ha una schiava che tratta molto male.”

      “Sì, dicono che si occupi di schiavi.”

      “Penso sia un po’più giovane di me e molto dolce, anche se non parla la nostra lingua.”

      “Molti degli schiavi portati a Cartagine provengono da luoghi lontani dove si parlano lingue strane.”

      “Sono stato lassù con lei oggi, e lui le ha tirato un pugno.”

      Le mani di Bostar si fermarono dov’erano, in cima al fascio.

      “Tutto ciò che ha fatto di sbagliato è stato fare solo tre gomitoli per lui. Non pensava che fossero abbastanza, quindi l’ha colpita in faccia.”

      Bostar scosse la testa. “Così crudele,”disse. “Non c’è mai alcun motivo per colpire un bambino.”

      Non gli ho parlato del fatto che dell’uomo che mi abbia dato un calcio nel fianco.

      Quando presi il fagotto, Bostar mi mise una mano sulla spalla. “I mercanti del male alla fine incontreranno la salvezza.”

      Non capii cosa significasse.

      Bostar deve aver visto l’espressione confusa sul mio viso, perché sorrise e disse: “Non preoccuparti, bambina. E ricorda, le cose vanno sempre per il meglio.”

      “Me lo ricorderò, Bostar. Arrivederci.”

      “Arrivederci,” disse mentreme


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