Scettica a Salem. Фиона Грейс
così semplice, Mia. Ci sono un sacco di considerazioni da fare.” Mark scrollò ancora le spalle e la guardò dritta negli occhi.
“Ma potremmo semplificare le cose, Mark. Potremmo scappare insieme. A me non frega niente di anelli e inviti di nozze, e a te?”
Questa volta non rispose, ma continuò a tenere gli occhi bassi, perso nei suoi pensieri. Poi scosse la testa.
“Senti, è un po’ che ci penso. Forse dovremmo prenderci una pausa.”
Mia si sentì sprofondare il cuore sotto ai piedi, come quando si trovava su una di quelle montagne russe dove Frank la portava, quelle che salivano lentamente fino in cima e poi precipitavano giù velocissime dall’altra parte.
Mark la stava lasciando?
“Cosa intendi dire?” gli chiese, sentendosi tradita, confusa e ferita. “Stai rompendo il nostro fidanzamento?”
Mark era irrequieto sulla sua sedia, quasi incapace di guardarla negli occhi.
“Penso solo che non stia funzionando,” disse alla fine.
Mia lo fissò. Da quanto la pensava così? Da quando si era trasferito a New York per inseguire la sua carriera nella finanza, era stato evasivo. Fino ad ora, lei aveva imputato il suo comportamento allo stress del nuovo lavoro. Adesso si rendeva conto che c’era qualcosa di più profondo.
“Ricordo quando anche tu avevi un sogno, Mark. Volevi creare una community online che facesse da punto d’incontro tra mentori e aspiranti imprenditori del terzo mondo. Cos’è successo a quel ragazzo?”
“È cresciuto,” disse Mark con tono calmo. “Quello che voglio diventare adesso, è un gestore di fondi speculativi. E sei cambiata anche tu Mia, lo sai benissimo.”
“Forse hai ragione,” gli disse, sentendo le lacrime che minacciavano di tornare. Non voleva che Mark la vedesse piangere. Cacciò giù i propri sentimenti feriti. La verità era che si erano allontanati. Lui era ancora un bravo ragazzo. Ma la sua compassione era stata eclissata dall’ambizione.
“Sai, Mark, una volta credevi in un mondo migliore. Ora non sono più sicura di cosa credi. Ma so che non credi in me.”
Sperava che avrebbe ribattuto alle sue parole, che le avrebbe detto che si sbagliava, e invece fece solo segno alla cameriera di portare il conto. Rimasero in silenzio ad aspettare. Non era rimasto altro da dire.
Mia prese il telefono dalla borsetta e aprì la app Uber per chiamare un’auto.
“Devo prendere le mie cose dalla tua macchina.”
Mark pagò il conto e la seguì fuori. L’auto che mia aveva chiamato arrivò e lei vi mise dentro le sue borse. Poi si voltò verso Mark e lo guardò negli occhi per l’ultima volta.
“Senti, magari potremmo…” le disse lui.
“… Dovresti andare a vedere lo spettacolo. Aspettando Godot parla dell’attesa di qualcosa che non succederà mai, un po’ come io che aspettavo il nostro Prossimo Passo. Addio, Mark.” Lo baciò sulla guancia e si infilò nell’Uber. Mentre l’auto partiva, iniziò a cadere una fredda pioggia.
CAPITOLO QUATTRO
Mia si svegliò sotto a un groviglio di coperte stropicciate. Per un breve momento le parve una mattina come tutte le altre. Il sole stava brillando dietro alle imposte e il rumore del traffico iniziava a farsi più intenso. Sul suo telefono arrivò una notifica. Nervosamente lo afferrò: magari Mark aveva cambiato idea e la chiamava per parlarne? Controllò messaggi e email. A parte un principe nigeriano che chiedeva le sue credenziali bancarie, la sua casella era vuota. Sprofondò nuovamente sul suo cuscino, triste e avvilita.
Uff, ieri è stato il giorno peggiore della mia vita!
Il ricordo della totale mancanza di appoggio da parte di Mark era ancora vivido e doloroso. E poi le faceva male la testa. Oh sì, ora ricordava. Era rimasta sveglia fino a tardi con una bottiglia di Pinot a guardare repliche di Cacciatori di fantasmi. Quindi questo era il primo giorno di ciò che restava della sua vita. Il grande spazio vuoto che costituiva il suo futuro sembrava schiacciante. Il telefono suonò, ridestandola dai suoi pensieri. Era Mark? Si strofinò gli occhi e fissò lo schermo mentre le tornava in mente un promemoria molto spiacevole.
Ore 18.30 di stasera. Cena I&P.
No!
La cena annuale dell’Incatramata con piume veniva organizzata dai Middleton ogni primavera in onore dell’illustre antenato della famiglia – Arthur Middleton – che era stato un grosso fan della citata punizione, riservata agli oppositori durante la Rivoluzione Americana. Mia aveva la netta sensazione che non appena avesse detto alla sua famiglia che nello stesso giorno aveva perso lavoro e fidanzato, sarebbe stata lei a finire ricoperta di catrame e piume.
Si tirò le coperte sopra alla testa. Starsene seduta alla cena dei Middleton con tutte le loro stupide domande e le scuse che lei avrebbe dovuto porgere, era l’ultima cosa che voleva. Tirerò fuori una scusa, pensò, appena mi passa questa balla e il mio cervello ricomincia a funzionare.
Percependo il suo bisogno di compagnia, Tandy saltò sul letto e premette il muso contro la sua spalla. Mia si era fermata a prenderlo tornando verso casa, dicendo a Brynn che aveva mal di testa e che la serata era finita presto. Mia sbirciò fuori dalle coperte e lo vide intento a fissarla incuriosito, i suoi occhi marroni stranamente comprensivi e compassionevoli. Come a volerla rassicurare, le leccò la mano.
“Hai ragione,” gli disse, gettando via le coperte. Sentì girare un poco la testa quando si mise a sedere e fece un respiro profondo. Non poteva permettersi di provare pena per se stessa. C’erano un milione di cose da fare. Tandy saltò giù dal letto e iniziò a correre qua e là, contento che si fosse alzata e si stesse muovendo.
Mia andò in bagno, si lavò il viso dagli ultimi residui di make-up della sera precedente e si spazzolò i capelli. Poi mandò giù tre aspirine con il suo caffè, si infilò una tutta e portò Tandy a fare una corsa. Trenta minuti e tre miglia più tardi, era tornata nel suo loft, arrossata, sudata e leggermente rinvigorita. Si fece una doccia e si vestì. Oggi non serve nessuna camicia ordinata, pensò.
Dopo lo scontro con Miles Cameron, le Risorse Umane si erano dimostrate piuttosto generose con la liquidazione, fintanto che lei accettasse di non parlare alla stampa e non denunciasse la società per terminazione ingiusta del contratto. E poi aveva da parte i suoi risparmi. Fece il conto. Se stava attenta, poteva avere a sufficienza per un acconto e tre mesi di affitto, oltre alle spese per vivere. Non era molto tempo per far funzionare The Vortex, ma era pur sempre qualcosa. Poi avrebbe dovuto trovare un lavoro sicuro.
Quando tornò in salotto, notò una chiamata persa. Le balzò il cuore in gola quando vide che c’era un messaggio in segreteria. Magari era Mark, e alla fine non avrebbe dovuto affrontare un futuro incerto. Poi riconobbe il numero. Era Brynn. Sospirò e premette il tasto per ascoltare.
“Mimi? Jeffy ha ricevuto una chiamata molto strana da parte di Mark stamattina. Va tutto bene? Chiamami se riesci. Oppure ci vediamo direttamente stasera.”
Il cuore di Mia crollò a terra. Mark aveva chiamato loro, non lei. A quanto pareva gli interessava di più coltivare Jeffrey come futuro cliente che riparare la loro relazione. Apprezzava la preoccupazione di sua sorella. Ma non si sentiva pronta a parlare. Che scusa poteva usare per evitare la cena? Intossicazione alimentare? Che doveva fermarsi al lavoro fino a tardi? Che il suo ex ragazzo l’aveva scaricata e non voleva essere costretta a spiegare tutto nel dettaglio? Mandò velocemente un messaggio a Brynn.
Ti spiego dopo. Non mi sento ancora in forma.
Brynn le rispose immediatamente.
Non osare lasciarmi sola a quella cena, Mimi!
Fregata, pensò Mia.
Va bene! Ok, ci vediamo stasera. Ma ti prego, non parlare di Mark davanti a tutta la famiglia! le scrisse.
Forse la cosa migliore era rimettersi subito al lavoro. Poteva darsi che non fosse troppo tardi per salvare l’account O-Date. Avrebbe registrato lo spot e l’avrebbe