Italo Svevo: Opere Complete - Romanzi, Racconti e Frammenti. Italo Svevo

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usciva una bara; la prima racchiudeva il cadavere della fanciulla, la seconda quella del padre e la casa rimaneva muta indifferente come se fosse abbandonata da una merce qualunque.

      Soltanto quando non vi fu più alcun capezzale a cui vegliare, dietro alla bara dell’ultimo figliuolo si aperse finalmente una finestra e vi comparve, trattenuta da due uomini che Alfonso mai non aveva visti, la madre che gridava di voler saltare dalla finestra per raggiungere i suoi. Era una donna ancora giovine. Pregava di lasciarla e sembrava meravigliata che la si trattenesse. Anche ad Alfonso la violenza di quei due uomini che le impedivano di morire sembrò odiosa.

      La casa fu messa in vendita, ma nessuno voleva comperarla perché vi era accaduta tanta sventura, e si finì col venderla a un prezzo miserabile al Selini venuto allora a stabilirsi nel villaggio. Neppure la signora Carolina volle saperne di comperarla, mentre i Nitti avrebbero fatto un affare di gran lunga migliore a comperare quella casa invece di quel casone tanto distante dall’abitato.

      Certamente anche il notaio, passandovi dinanzi, pensò al contratto a cui aveva dato luogo quello stabile, perché ingenuamente facendo pensare Alfonso alla somiglianza che c’era fra’ due affari, gli disse:

      — Faldelli mi disse che volontieri avrebbe comperato la vostra casa.

      Alfonso trasalì:

      — Non è in vendita! — disse seccamente.

      — E che cosa ne vuole far lei?

      La grossolanità del notaio fece capire ad Alfonso in quale maggior misura avesse avuto influenza su lui il lungo soggiorno fra’ contadini che non gli studî universitari.

      — Ma, e mamma?

      Il notaio si trovò portato a tutt’altro ordine d’idee e si capì ch’era sorpreso che la signora Carolina venisse ancora considerata come viva. Si rassegnò con buona grazia a tale finzione:

      — Sua madre mi diceva che aveva l’intenzione di andare ad abitare con lei!

      — Ci penserò! — disse Alfonso con tristezza. La notte passata presso alla madre gli aveva tolto ogni speranza e le parole di Mascotti avevano fatto rivolgere il suo pensiero alle conclusioni che si dovevano trarre da quello stato di cose. Infatti, rimanendo solo, che cosa avrebbe fatto della casa?

      — Vive ancora la vecchia Doritti?

      Quella donnetta caratteristica, laboriosa, in altri tempi sempre indefessa al lavoro al campo o in casa ove faceva di tutto pur di non aver a chiamare aiuto dal di fuori, tanto che in villaggio si diceva ch’ella covava persino le uova assieme alle galline per averne più presto i pulcini, veniva ricordata ad Alfonso da una casetta dai colori sbiaditi, verdognoli delle finestre, grigio sucido delle mura qua e là sgretolate. Dicevano che la casuccia non cadeva perché indecisa da quale parte, ma essa aveva fondamenta salde alquanto petulantemente fuori della linea delle altre case.

      In quella casa il vecchio Doritti, marito della vecchia, aveva tenuto per molti anni a pianterreno una bottega di commestibili e a quanto si diceva ci aveva fatto molti denari. Creglingi era sopravvenuto, e con la sua bottega nel centro del villaggio e fornita più abbondantemente di merci gli aveva portato via i clienti. Doritti dapprima non aveva voluto credere che fosse permesso di rovinarlo a quel modo; fuori di sé dall’ira litigava con mezzo il paese, con Creglingi e gli avventori che sorprendeva in atto di tradirlo, cioè facendo degli acquisti alla bottega del suo concorrente, accanto alla quale di spesso si appostava per sorprenderli. Poi s’era quietato. Aveva atteso senza impazienza che i due o tre clienti che gli erano rimasti consumassero le ultime provvisioni della sua bottega e aveva chiuso la porta e ritirata l’insegna. I due vecchi poi avevano vissuto ancora qualche anno insieme e non avevano trattato con nessuno, perché per il torto ch’era stato fatto loro odiavano tutti gli abitanti del villaggio. Il vecchio era morto senz’assistenza di medico, e da allora la Doritti non era uscita di casa che la domenica per andare a messa, vestita con un abito di seta nera sul quale v’erano dei ricami in nero, girigogoli che davano alla stoffa l’apparenza di molto pesante. Essendo quello giorno di settimana, era certo ch’essa stava dietro a qualche finestra a fare la calza o a filare. Era una vecchietta simile alla sua casa, piccola, curva, ma vigorosa.

      Alfonso aveva dimenticato quei due tipi e rammentandosene n’ebbe sorpresa come di cosa nuova.

      — Dovevano pur essere vissuti felici quei due vecchi.

      Uscendo dal villaggio da quella parte, v’era ancora per un chilometro di un verde molto contrastato, poi subito il colle di sassi che annunciava la “Sassonia” come la regione dei sassi era detta in villaggio.

      Il cimitero era dietro al villaggio, già in altura. Allegro, fresco, tutto di un color verde intenso che non era neppur troppo spesso interrotto dalle lapidi bianche. Almeno là i morti dormivano molto vicino ai vivi e la morte sembrava una separazione meno grande.

      Mascotti volle venire con lui a vedere come stesse la madre, ma poi alla porta della casa si fermò:

      — Mi attrista troppo, — asserì. Quando Alfonso venne a dirgli che la madre stava poco bene, vedendolo tutto sconvolto: — Povero ragazzo! — gli disse. Ad onta della sua commozione se ne andò saltellando per iscaldarsi e giunto alla via maestra vi salì con un salto da giovanotto.

      La signora Carolina infatti non stava bene e Alfonso si faceva dei rimproveri di averla lasciata sola per un’ora intera.

      Sentendosi sollevata dopo presa la medicina datale da Alfonso, naturalmente ella aveva attribuito la miglioria a questa e, secondo le prescrizioni mediche, ne aveva presa un’altra cucchiaiata dopo mezz’ora. Venne assalita dal malessere che già conosceva, molto differente da quello avuto nella notte ma non meno doloroso. Era una stanchezza enorme, proprio il sentimento che i singoli organi si rifiutavano alla vita. Aveva i sudori alla fronte come durante l’assalto di mal di cuore, ma l’occhio anziché semispento, brillante, dilatato dall’angoscia. Non seppe dare spiegazioni ad Alfonso ma le sue parole di compianto la fecero piangere:

      — Quella maledetta medicina! — mormorò dimenticando i beneficî che le aveva apportati.

      Fu una pessima giornata come era stata una cattiva notte. Ella non giunse a dichiarare di star meglio del suo nuovo male perché verso sera fu ripresa dall’affanno che le durò quasi l’intera notte.

      Da allora non ci furono più neppure delle migliorie passeggiere. Quanto più l’ammalata peggiorava, tanto più desiderava la vita, ed era sempre facile convincerla a prendere la medicina che, secondo il medico, era l’unica che potesse ridarle la vita. Era un continuo soffrire per la malattia stessa o per la cura. Un altro segno dell’aumentato suo affetto alla vita era il suo contegno divenuto più cortese col dottore Frontini. Il male suo era tale che aveva rotto ogni sua resistenza e fattole dimenticare ogni antipatia. Le avevano detto che la salvezza doveva venire dal dottor Frontini ed ella ci aveva creduto.

      Il dottore veniva perciò più di spesso e si fermava per delle ore a ciarlare con Alfonso più d’altre cose che della malattia della signora Carolina. Non aveva saputo mostrare la sua scienza su quella e cercava di mostrarla parlando d’altro. Alfonso era lieto di vederlo fermarsi lungamente in camera dell’ammalata perché se durante quel tempo la signora Carolina si sentiva peggio, per quanto Frontini poco o nulla potesse aiutare, egli si sentiva più tranquillo.

      Mascotti veniva di spesso, ma si fermava alla porta, le gridava qualche parola d’incoraggiamento, ma non entrava. L’ammalata si avvide della sua ripugnanza ad entrare e chiese ad Alfonso:

      — Puzzo tanto che mi si evita così?

      Era divenuta sempre più pesante l’atmosfera in quella stanza e persino Alfonso si sentiva sollevato quando poteva correre per una mezz’ora all’aperto. Non si poteva più ventilare la stanza perché in pochi giorni, dopo una nevicata, la temperatura si era sensibilmente abbassata, tanto che le lastre delle finestre erano coperte di fogliami capricciosi di ghiaccio. Anche quando si sentiva mancare il fiato l’ammalata non chiedeva più si aprissero le finestre perché una volta che dall’aria aveva sperato sollievo poco mancò che quel freddo tagliente non la ammazzasse.

      Era


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