La battaglia di Benevento: Storia del secolo XIII. Francesco Domenico Guerrazzi

La battaglia di Benevento: Storia del secolo XIII - Francesco Domenico Guerrazzi


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      «Appunto: voi nasceste sotto questa costellazione, e il vostro oroscopo porta, che dovrete travagliarvi in lunghi viaggi. Furono ancora consultate le vostre mani; infatti, che cosa dice il sapiente Re Salomone? la lunghezza della vita è nella sua destra, le ricchezze e la gloria nella sua sinistra.¹ L'arte manifestò la ruga della grandezza vermiglia e profonda; ma la ruga della vita comparve a un tratto interrotta, e fece andar pensoso l'astrologo, che una morte violenta innanzi tempo….»

      ¹ Longitudo dierum in dextera ejus, et in sinistra ejus divitiæ et gloria.

      «Roberto,» disse Rogiero, alzandosi con impazienza, «è egli forse vostro pensiero atterrirmi? Che serve che mi tentiate l'anima? Oggimai dovreste sapere, che il mio volto non impallidisce al pericolo.»

      «Giovane! è vero quello che dite, ma voi siete troppo impetuoso; «—rispose Roberto costringendolo a sedersi di nuovo, e quindi riabbassando la voce lo domandò:

      «Conoscete voi il padre vostro?»

      «Io?—no.»

      «Sapete voi chi vi ha salvata la vita?»

      «Io ignoro quando mai sia stata in pericolo.»

      «Lo fu.»

      «E voi lo sapete forse? E perchè non me ne avete fatta parola prima d'ora?»

      «Perche la notte viene a cacciare la luce dal firmamento?»

      «Voi invece di risposta mi fate nuova domanda, Roberto.»

      «Perchè la notte viene a cacciare la luce dal firmamento?»

      «Perchè?… Perchè la legge della natura ve la costringe.»

      «E me costrinse la forza degli uomini potenti quanto Lucifero.»

      «Ma ora, se vi viene concesso, ditemi: qual'è mio padre? che fa? quale il suo stato? Fu per suo volere, o per altrui, che mi lasciò fino a questo momento languire nella oscurità?»—Roberto non rispondeva parola. Allora Rogiero, quasi supplichevole, riprendeva: «Parlate, Roberto, parlate; il vostro silenzio mi lacera il cuore.»

      «Voi mi fate tante domande, alle quali risponderò due sole cose. Vostro padre vive, ma sta presso al morire. La vostra condizione vi sarà manifesta in questa notte.»

      «Dove? In qual luogo? Ecco, io mi chiamo pronto a seguirvi.»

      «Andiamo,» disse Roberto; e Rogiero levandosi moveva già il passo per andare, quando a un tratto ristette, e parlò:

      «No…. adesso è impossibile; fermatevi qui, Roberto, finchè la mia guardia sia finita…. poco più manca a finirla,… altrimenti non potrei senza mancare al mio Re, e dare sospetto di tradimento.»

      «Sospetto!»—In verità voi dovrete tradirlo: innanzi che passi questa notte, desideroso di vendetta, vi porrete a capo dei traditori di colui che ora custodite dai tradimenti, ed il fine di ogni operazione di vostra vita sarà la morte di Manfredi.»

      «Ribaldo! allontanati, o la mia lancia farà conoscenza col tuo sangue: tu vuoi ingannarmi, e tradirmi,—codardo!—Ed io che era già presso a darmi per vinto!… Allontanati.»

      «Tradirvi io? ingannarvi io?» senza punto commuoversi soggiunse l'uomo d'arme. «Il bel suggello che siete, per ingannarvi! Giovane, non presumete tanto di voi stesso. L'oscurità, la miseria, il nulla in che giacete, più che l'ingegno vostro vi salvano dall'essere argomento d'inganno. Io ho fornita la mia commissione presso di voi; solo mi piace rammentarvi, che quando si diffida di un uomo, non conviene dirglielo così palese in faccia; poichè i momenti della vita di vostro padre sono numerati…. e in questo punto medesimo è ormai troppo tardi il muoverci.—Buona notte….»

      «Fermatevi: in nome del Santo Sepolcro, concedete un momento…. Io non ho da conservare l'onore dei miei maggiori, perchè non appartengo a nessuna famiglia…. non ho che il mio; ma questo mi è caro, come se mi fosse stato trasmesso da Roberto Guiscardo, o da Enrico l'Uccellatore:—ma mio padre muore, dite voi; e se non lo vedo adesso, nol rivedrò mai più, e rimarrò nelle tenebre dentro le quali sono nato…. Ma il mio onore, il mio onore! Roberto, deh! per pietà, non vogliate ingannarmi.»

      «Povera anima, sai tu veramente che cosa sia onore, che, cosa infamia?» proruppe Roberto. «Getta uno sguardo su i Baroni della corte di Manfredi; essi sono grandi, perchè i loro padri tradirono Guglielmo il Normanno: i loro figli si manterranno in grandezza nella corte dell'Angioino, perchè tradiranno Manfredi lo Svevo.»

      «Ah! questa è dura verità.»

      «Ne apprenderete ben altre, Rogiero, nel cammino della vita. Ma or via venite, se volete: affrettandoci, potrete tornare se volete, e, se vi parrà, essere piuttosto schiavo di un tiranno che vendicatore del padre.» E tale dicendo, Roberto camminava.

      Rogiero stava tuttavia esitante, ed ora portava i suoi sguardi su l'asta che doveva abbandonare, ora su l'uomo di arme che si allontanava. «E v'è un destino!» finalmente proruppe; «noi tutti governa il destino. Invano ti adopererai tenerti a sinistra, tu ti troverai a destra, se così fu scritto nei cieli; e da che la resistenza non giova, il meglio è lasciarmi ire ciecamente nelle braccia della sorte che governa i miei giorni.» E gittava l'asta, e risoluto come colui ch'era ormai disposto ad affrontare ogni più dura occasione, si pose dietro alla sua scorta, e la raggiunse alla uscita della volta.

      «Roberto,» disse Rogiero in andando «avete mai ascoltato la parola di Dio?»

      «Certamente.»

      «Avete mai pensato al premio di colui che vendè il sangue di

       Cristo per pochi agostari?»¹

      ¹ Moneta d'oro coniata ai tempi di Federigo II: aveva da un lato l'aquila imperiale, dall'altro l'immagine dell'Imperatore: costava circa un zecchino e un quarto.

      «Certamente:—il capestro in questa vita, e la eterna dannazione nell'altra…. Ma, se io non m'inganno, voi dubitate della mia fede pur sempre, Rogiero; ed io vi dico, che nessuno scopo mi stringe a far sì che voi mi seguiate; che la mia commissione finisce con l'ambasciata che vi ho riportato; che voi siete signore di rimanervi, perchè non ho, nè voglio impiegare, i mezzi da costringervi.»

      «Oh! sì, ponete innanzi alla fantasia accesa un oggetto che valga a concitare potentemente la principale passione dell'anima, e poi dite in noi essere libero arbitrio di non seguitarlo, in noi forza da ributtare ogni lusinga! Questa sentenza parmi uno scherno feroce, che voi facciate alla nostra natura.»

      «Dunque abbiatemi maggiore fiducia, scudiero: forse al mondo non v'è più lealtà?»

      Mentre così tra loro favellavano, si erano di alcuni passi scostati dalla volta, di sotto alla quale, sul finire delle parole di Roberto, parve uscire, ed uscì certo, una voce che disse: non v'è più lealtà.»

      «Croce di Dio!» gridò Roberto indietreggiando per lo spavento, e facendosi il segno della salute; «avete sentito, Rogiero? Queste sono illusioni del demonio; che Santa Rosalia ci aiuti!»—E poi continuava in debole suono: «Mi maraviglio, come cento altre volte, nelle quali a ragione mi sarebbe stata diretta una parola di rimprovero, non abbia sentito mai nulla, ed ora si faccia sentire, ora» e qui alzava la voce «che nessuno può dirmi: sei un traditore.»

      E la voce rispondeva: «sei un traditore.»

      «Questo è più di quello che io possa sopportare! O uomo, o demonio, tu te ne menti per la gola.»

      E la voce: «menti per la gola.»

      L'uomo d'arme calò la visiera, trasse la spada, e avvoltosi il mantello intorno al braccio sinistro fece atto di avventarsi sotto la volta. Rogiero, che ragionevolmente non avea per anche deposto ogni dubbio sopra la fede di quell'uomo, stette ad osservarlo con diligenza: vide il subito terrore, figlio della trista coscienza, e vie più sempre esitò; ma quando poi si accôrse che il sentimento dell'onore, vinta la superstiziosa paura, gli poneva in mano la spada, e lo concitava a degna vendetta, deposto ogni altro sospetto, stabilì


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