Un bel sogno. Achille Giovanni Cagna

Un bel sogno - Achille Giovanni Cagna


Скачать книгу
seduto al piano discorrendo colla madre, fu bussato alla porta.

      —Avanti, rispose il giovane, volgendosi per scorgere chi vʼentrava, oh sei tu Alfredo?... Che nuove?....

      Un giovinotto vestito con molta eleganza e ricercatezza, entrava liberamente come uno che fosse di casa, e dopo di aver stretta la mano a mamma Alvise, si avvicinò ad Ermanno dicendo:

      —Proprio io, ti disturbo forse?

      —Eh! scherzi, tu sai che di te non mi prendo soggezione. La mia sorpresa attribuiscila allʼessere qualche giorno che non ti vedo.—La tua famiglia come sta?

      —Benissimo. Fui a Milano, non lo sapevi?

      —Ma no, risposa Ermanno additando una sedia allʼamico.

      —Propriamente, sono stato a Milano per dodici giorni, in casa di mio zio a cui ho portata via la famiglia per farla passar qualche tempo con noi.

      —Come, è in Brescia la signora Ramati?

      —Sì; ho incarico di farti i suoi saluti. Per parte di mia sorella poi, debbo tirarti unʼorecchio; a quanto ella mi disse, tu hai disertata la nostra casa.

      —Chiedi scusa per me a madamigella Letizia, figurati che non ho ancora potuto arrivare a metà della mia Fantasia per piano solo, e sì che ci lavoro attorno di santa ragione.

      —E che perciò, ne abbiamo forse noi colpa alcuna per abbandonarci così?—Ora poi, aggiunse Alfredo, spero che vorrai favorirci, tanto più che mia cugina muore per la voglia di sentirti; le parlai tanto bene di te.

      —Come hai una cugina?

      —Ma si, la figlia dello zio, una giovinetta di diciassette anni, uscita che è poco dal collegio, bionda, bella e viva come una farfalla. Tu la vedrai con piacere; anzi venni apposta per dirti che stassera sei atteso. Mia sorella te ne prega, mia cugina te ne scongiura.

      —Bada, disse Ermanno sorridendo, tu parli con troppo ardore di questa cugina.

      —Che vuoi mio caro! è una fanciulla così viva ed amabile, che mi butterei sul fuoco per piacerle.—È convenuto, stassera ti aspetto.

      —Senti Alfredo, non potresti dilazionare? Per questa sera avevo unʼaltro progetto.

      —Impossibile, se tu non mi prometti di venire, non avrò più il coraggio di presentarmi a casa; mia cugina...

      —E dalli.

      —Oh senti, tu verrai ad ogni costo, perchè ho già impegnata la mia parola; anzi siccome conosco i tuoi gusti per la tranquillità, diedi ordine che per questa sera non si riceva alcuno; così saremo noi soli a bearci delle tue melodie. Ripassa se lo hai dimenticato quel tuo bellissimo notturno—Al chiaro di luna—Mia cugina è ansiosa di sentirlo.—Siamo dunque intesi, stassera alle sei ti aspetto, pranzeremo insieme.

      —Impossibile, interruppe Ermanno, fino alle otto non sono in libertà.

      —Perchè?

      —Perchè alle sette ho un altro impegno.

      —Allora alle otto, già di te mi fido...

      —Sta sicuro.

      —Addio.

      —A rivederci.

      Alfredo Ramati era un simpatico giovinotto di distinto casato; la sua famiglia era molto ricca, ma questa volta, come non avviene troppo spesso, le ricchezze andavano congiunte ad una bontà e compitezza veramente rara.—Il padre di Alfredo era stato avvocato di molta fama in gioventù, ed ora allʼombra della pace domestica si godeva i frutti del suo lavoro. Sua moglie era morta da parecchi anni lasciandolo con due figli, Alfredo e madamigella Letizia. Questʼultima disimpegnava le funzioni di padrona di casa, e tutto veniva regolato secondo il di lei gusto.

      Alfredo aveva una passione pronunciata per la musica, ed era legato ad Ermanno per vincolo di vera amicizia; il suo affetto e la sua ammirazione pel giovane artista andavano fino allʼesagerazione, e non poteva parlare dellʼamico senza dare in elogi infiniti.

      Ermanno era si può dire di famiglia in casa Ramati, aveva libero accesso in qualunque ora del giorno, e talvolta per compiacere madamigella Letizia, si fermava sino a tarda sera.

      Da qualche tempo però egli aveva sospese le sue visite unicamente per le soverchie occupazioni.

      Alfredo per puro diporto era partito alla volta di Milano, ove si fermò qualche giorno presso suo zio, fratello dellʼavvocato Ramati, lo zio Pietro, come lo si chiamava. Dopo viva istanze ottenne da lui di condurre la zia e la cugina Laura in Brescia per passarvi un poʼ di tempo.—Come al solito Alfredo in causa del suo debole parlò sovente alla cuginetta dellʼabilità e del talento di Ermanno, e tanto si esaltò nel magnificarlo, che nacque nella ragazza un desiderio ardentissimo di udire questo portento.

      Ecco come stavano le cose, e perchè Alfredo si recò da Ermanno appena arrivato.

      Ermanno dal canto suo aveva accettato volentieri giacchè riguardo a madamigella Laura, non eravi a prendersi soggezione. Partito Alfredo da casa sua, egli si rimise al pianoforte, e studiò lungamente. Nella giornata ripassò il suo notturno, ed alla sera verso le sei uscì a passeggiare colla madre.—Ecco qual era lʼimpegno di Ermanno, il dovere di amico non gli faceva scordare quello di figlio.—Alle otto Ermanno era sulla via che guidava al palazzo Ramati.

       Indice

      Aveva appena scossa la corda del campanello, che risuonarono dallʼinterno della casa esclamazioni di gioja. Venne tosto aperto, ed apparve sulla soglia madamigella Letizia seguita da una bella ragazza che appena vide Ermanno si mise a gridare:

      —Eccolo, eccolo, è desso!

      Il giovane fu introdotto nella sala della signorina Letizia, che nellʼaddurlo per mano gli disse:

      —Questa volta non ci scappa più.

      Non furono neccessarie tante cerimonie di presentazione, giacchè la madre di Laura già conosceva Ermanno; in quanto a madamigella Laura nel suo eccesso di espansione aveva già tolto il cappello e la canna di mano al giovane con tale confidenza come se da molto tempo lo conoscesse.

      —Tu ne sarai sorpreso, disse Alfredo, ma mia cugina ti conosce già intimamente; ella sa tutta la tua storia; epperciò non è il caso di stare in complimenti.

      —Oh! si davvero, sclamò Laura vivamente, il signore era già una mia conoscenza prima ancora che lo vedessi; domandi alla mamma quante volte abbiamo parlato di lei. Alfredo mi fece siffattamente lʼelogio del suo talento per la musica, che non avrei avuto più pace se non mi veniva dato di udirlo.

      —Il caro Alfredo ha troppo zelo a mio riguardo, rispose Ermanno sorridendo, e sarò a lui debitore se la mia poca abilità non corrisponderà affatto alle troppo grandi aspettative di madamigella.

      —Via signorino, ella vuole rimpicciolirsi per apparire poi più grande, interruppe Letizia. Intanto Laura aveva già preso Ermanno per il braccio, e tirandolo dolcemente lo fece sedere al pianoforte dicendo:

      —Animo, favorisca di suonare quel notturno—al chiaro di luna—ne conosco già una parte.

      —Davvero? chiese Ermanno.

      —Ma sì, il cugino Alfredo aveva la compiacenza di cantarlo.

      Ermanno era confuso, giammai egli aveva incontrato un carattere così vivace, ed ingenuo. Sedendo al piano, alzò gli occhi sulla giovinetta che si era posta a lui di fianco, e stette a contemplarla, anzi ad ammirarla.

      Alfredo non aveva punto esagerato; Laura era di una bellezza sorprendente. Nulla di più soave del suo occhio ceruleo improntato di una vivacità straordinaria; in quello sguardo brillava un misto dʼingenuità e civetteria che formava uno strano contrasto. Una bella fronte di neve contornata da ricchissima


Скачать книгу