La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene. Pellegrino Artusi

La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene - Pellegrino  Artusi


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indispensabili alla vita dell'individuo e della specie. Gli altri aiutano soltanto e si può vivere ciechi e sordi, ma non senza l'attività funzionale degli organi del gusto.

      «Come è dunque che nella scala dei sensi i due più necessari alla vita ed alla sua trasmissione sono reputati più vili? Perchè quel che sodisfa gli altri sensi, pittura, musica, ecc., si dice arte, si ritiene cosa nobile, ed ignobile invece quel che sodisfa il gusto? Perchè chi gode vedendo un bel quadro o sentendo una bella sinfonia è reputato superiore a chi gode mangiando un'eccellente vivanda? Ci sono dunque tali ineguaglianze anche tra i sensi che chi lavora ha una camicia e chi non lavora ne ha due?

      «Deve essere pel tirannico regno che il cervello esercita ora su tutti gli organi del corpo. Al tempo di Menenio Agrippa dominava lo stomaco, ora non serve nemmeno più, o almeno serve male. Tra questi eccessivi lavoratori di cervello ce n'è uno che digerisca bene? Tutto è nervi, nevrosi, nevrastenia, e la statura, la circonferenza toracica, la forza di resistenza e di riproduzione calano ogni giorno in questa razza di saggi e di artisti pieni d'ingegno e di rachitide, di delicatezze e di glandule, che non si nutre, ma si eccita e si regge a forza di caffè, di alcool e di morfina. Perciò i sensi che si dirigono alla cerebrazione sono stimati più nobili di quelli che presiedono alla conservazione, e sarebbe ora di cassare questa ingiusta sentenza.

      «O santa bicicletta che ci fa provare la gioia di un robusto appetito a dispetto dei decadenti e dei decaduti, sognanti la clorosi, la tabe e i gavoccioli dell'arte ideale! All'aria, all'aria libera e sana, a far rosso il sangue e forti i muscoli! Non vergogniamoci dunque di mangiare il meglio che si può e ridiamo il suo posto anche alla gastronomia. Infine anche il tiranno cervello ci guadagnerà, e questa società malata di nervi finirà per capire che, anche in arte, una discussione sul cucinare l'anguilla, vale una dissertazione sul sorriso di Beatrice.

      «Non si vive di solo pane, è vero; ci vuole anche il companatico; e l'arte di renderlo più economico, più sapido, più sano, lo dico e lo sostengo, è vera arte. Riabilitiamo il senso del gusto e non vergogniamoci di sodisfarlo onestamente, ma il meglio che si può, come ella ce ne dà i precetti.»

       Indice

      Tiberio imperatore diceva che l'uomo, giunto all'età di trentacinque anni, non dovrebbe avere più bisogno di medico. Se questo aforismo, preso in senso largo è vero, non è men vero che il medico, chiamato a tempo, può troncare sul bel principio una malattia ed anche salvarvi da immatura morte; il medico poi se non guarisce, solleva spesso, consola sempre.

      La massima dell'imperatore Tiberio è vera in quanto che l'uomo arrivato a metà del corso della vita dovrebbe avere acquistata tanta esperienza sopra sè stesso da conoscere ciò che gli nuoce e ciò che gli giova e con un buon regime dietetico governarsi in modo da tenere in bilico la salute, la qual cosa non è difficile se questa non è minacciata da vizii organici o da qualche viscerale lesione. Oltre a ciò dovrebbe l'uomo, giunto a quell'età, essersi persuaso che la cura profilattica, ossia preventiva, è la migliore, che ben poco evvi a sperare dalle medicine e che il medico più abile è colui che ordina poco e cose semplici.

      Le persone nervose e troppo sensibili, specialmente se disoccupate ed apprensive, si figurano di aver mille mali che hanno sede solo nella loro immaginazione. Una di queste, parlando di sè stessa, diceva un giorno al suo medico: «Io non capisco come possa campare un uomo con tanti malanni addosso». Eppure non solo è campata con qualche incomoduccio comune a tanti altri; ma essa ha raggiunto una tarda età.

      Questi infelici ipocondriaci, che altro non sono, meritano tutto il nostro compatimento imperocchè non sanno svincolarsi dalle pastoie in cui li tiene una esagerata e continua paura, e non c'è modo a persuaderli, ritenendosi ingannati dallo zelo di coloro che cercano di confortarli. Spesso li vedrete coll'occhio torvo e col polso in mano gettar sospiri, guardarsi con ribrezzo allo specchio ed osservare la lingua; la notte di soprassalto balzar dal letto, spaventati per palpitar del cuore in sussulto. Il vitto per essi è una pena, non solo per la scelta de' cibi; ma ora temendo di aver mangiato troppo, stanno in apprensione di qualche accidente, ora volendo correggersi con astinenza eccessiva hanno insonnia la notte e sogni molesti. Col pensiero sempre a sè stessi pel timore di prendere un raffreddore o un mal di petto, escono ravvolti in modo che sembrano fegatelli nella rete, e ad ogni po' d'impressione fredda che sentono soprammettono involucri sopra involucri da disgradarne, sto per dir, le cipolle. Per questi tali non c'è medicina che valga e un medico coscienzioso dirà loro: divagatevi, distraetevi, passeggiate spesso all'aria aperta per quanto le vostre forze il comportano, viaggiate, se avete quattrini, in buona compagnia e guarirete. S'intende bene che io in questo scritto parlo alle classi agiate, chè i diseredati dalla fortuna sono costretti, loro malgrado, a fare di necessità virtù e consolarsi riflettendo che la vita attiva e frugale contribuisce alla robustezza dei corpo e alla conservazione della salute. Da questi preliminari passando alla generalità di una buona igiene, permettetemi vi rammenti alcuni precetti che godono da lungo tempo la sanzione scientifica, ma che non sono ripetuti mai abbastanza; e per primo, parlandovi del vestiario, mi rivolgo alle signore mamme e dico ad esse: cominciate a vestir leggieri, fino dall'infanzia, i vostri bambini, che poi fatti adulti con questo metodo risentiranno meno le brusche variazioni dell'atmosfera e andranno meno soggetti alle infreddature, alle bronchiti. Se poi, durante l'inverno, non eleverete ne' vostri appartamenti il calore delle stufe oltre ai 12 o 14 gradi, vi salverete probabilmente dalle polmoniti che sono così frequenti oggigiorno.

      Alle prime frescure non vi aggravate, a un tratto, di troppi panni, basta un indumento esterno e precario per poterlo deporre e riprendere a piacere nel frequente alternarsi della stagione fino a che non saremo entrati nel freddo costante. Quando poi vi avvicinate alla primavera rammentatevi allora del seguente proverbio che io trovo di una verità indiscutibile:

      Di aprile non ti alleggerire,

      Di maggio va' adagio,

      Di giugno getta via lo cotticugno,

      Ma non lo impegnare

      Chè potrebbe abbisognare.

      Cercate di abitar case sane con molta luce e ventilate: dov'entra il sole fuggono le malattie. Compassionate quelle signore che ricevono quasi all'oscuro, che quando andate a visitarle inciampate nei mobili e non sapete dove posare il cappello. Per questo loro costume di vivere quasi sempre nella penombra, di non far moto a piedi e all'aria libera ed aperta, e perchè tende naturalmente il loro sesso a ber poco vino e a cibarsi scarsamente di carne, preferendo i vegetali e i dolciumi, non trovate fra loro le guance rosee, indizio di prospera salute, le belle carnagioni tutto sangue e latte, non cicce sode, ma floscie e visi come le vecce fatte nascere al buio per adornare i sepolcri il giovedì santo. Qual maraviglia allora di veder fra le donne tante isteriche, nevrotiche ed anemiche?

      Avvezzatevi a mangiare d'ogni cosa se non volete divenire incresciosi alla famiglia. Chi fa delle esclusioni parecchie offende gli altri e il capo di casa, costretti a seguirlo per non raddoppiar le pietanze. Non vi fate schiavi del vostro stomaco: questo viscere capriccioso, che si sdegna per poco, pare si diletti di tormentare specialmente coloro che mangiano più del bisogno, vizio comune di chi non è costretto dalla necessita al vitto frugale. A dargli retta, ora con le sue nausee ora col rimandarvi alla gola il sapore de' cibi ricevuti ed ora con moleste acidità, vi ridurrebbe al regime de' convalescenti. In questi casi, se non avete nulla a rimproverarvi per istravizio, muovetegli guerra; combattetelo corpo a corpo per vedere di vincerlo; ma se poi assolutamente la natura si ribella ad un dato alimento, allora solo concedetegli la vittoria e smettete.

      Chi non esercita attività muscolare deve vivere più parco degli altri e a questo proposito Agnolo Pandolfini nel Trattato del governo della famiglia, dice: «Trovo che molto giova la dieta, la sobrietà, non mangiare, non bere, se non vi sentite fame o sete. E provo in me questo, per cosa cruda e dura che sia a digestire, vecchio come io sono, dall'un sole all'altro mi trovo averla digestita. Figliuoli miei, prendete questa regola brieve, generale e molto perfetta. Ponete cura in conoscere qual cosa v'è nociva, e da quella vi guardate; e quale vi giova e fa pro quella seguite e continuate».

      Allo


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