La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene. Pellegrino Artusi

La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene - Pellegrino  Artusi


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      Alzarsi alle sei, far colazione alle dieci,

      Pranzare alle sei, coricarsi alle dieci

      Fa viver l'uomo dieci volte dieci.

      ❦

      Lettera del poeta Lorenzo Stecchetti (Olindo Guerrini) a cui mandai in dono una copia del mio libro di cucina, terza edizione:

      On. Signor mio,

      Ella non può immaginare che gradita sorpresa mi abbia fatto il suo volume, dove si compiacque di ricordarmi! Io sono stato e sono uno degli apostoli più ferventi ed antichi dell'opera sua che ho trovato la migliore, la più pratica, e la più bella, non dico di tutte le italiane che sono vere birbonate, ma anche delle straniere. Ricorda ella il Vialardi che fa testo in Piemonte?

      «Grillò abbragiato. — La volaglia spennata si abbrustia, non si sboglienta, ma la longia di bue piccata di trifola cesellata e di giambone, si ruola a forma di valigia in una braciera con butirro. Umiditela soventemente con grassa e sgorgate e imbianchite due animelle e fatene una farcia da chenelle grosse un turacciolo, da bordare la longia. Cotta che sia, giusta di sale, verniciatela con salsa di tomatiche ridotta spessa da velare e fate per guarnitura una macedonia di mellonetti e zuccotti e servite in terrina ben caldo».

      Non è nel libro, ma i termini ci sono tutti.

      Quanto agli altri Re dei Cuochi, Regina delle Cuoche ed altre maestà culinarie, non abbiamo che traduzioni dal francese o compilazioni sgangherate. Per trovare una ricetta pratica e adatta per una famiglia bisogna andare a tentone, indovinare, sbagliare. Quindi benedetto l'Artusi! È un coro questo, un coro che le viene di Romagna, dove ho predicato con vero entusiasmo il suo volume. Da ogni parte me ne vennero elogi. Un mio caro parente mi scriveva: «Finalmente abbiamo un libro di cucina e non di cannibalismo, perchè tutti gli altri dicono: prendete il vostro fegato, tagliatelo a fette, ecc.» e mi ringraziava.

      Avevo anch'io l'idea di fare un libro di cucina da mettere nei manuali dell'Hoepli. Avrei voluto fare un libro, come si dice di volgarizzazione; ma un poco il tempo mi mancò, un poco ragioni di bilancio[1] mi rendevano difficile la parte sperimentale e finalmente venne il suo libro che mi scoraggiò affatto. L'idea mi passò, ma mi è rimasta una discreta collezione di libri di cucina che fa bella mostra di sè in uno scaffale della sala da pranzo. La prima edizione del suo libro, rilegata, interfogliata ed arricchita (?) di parecchie ricette, vi ha il posto d'onore. La seconda serve alla consultazione quotidiana e la terza ruberà ora il posto d'onore alla prima perchè superba dell'autografo dell'Autore.

      Così, come Ella vede, da un pezzo conosco, stimo e consiglio l'opera sua ed Ella intenda perciò con che vivissimo piacere abbia accolto l'esemplare cortesemente inviatomi. Prima il mio stomaco solo provava una doverosa riconoscenza verso di Lei; ora allo stomaco si aggiunge l'animo. È perciò, Egregio Signore, che rendendole vivissime grazie del dono e della cortesia, mi onoro di rassegnarmi colla dovuta gratitudine e stima.

      Suo Dev.mo

      O. Guerrini

      Bologna, 19-XII-96.

      ❦

      La contessa Maria Fantoni, ora vedova dell'illustre professor Paolo Mantegazza, mi fece la inaspettata sorpresa di onorarmi dell'infrascritta lettera, la quale serbo in conto di gradito premio alle mie povere fatiche.

      San Terenzo

       (Golfo della Spezia)

       14 novembre '97.

      Gentil.mo Signor Artusi,

      Mi scusi la sfacciataggine, ma sento proprio il bisogno di dirle, quanto il suo libro mi sia utile e caro; sì, caro, perchè nemmeno uno dei piatti che ho fatto mi è riuscito poco bene, e anzi taluni così perfetti da riceverne elogi, e siccome il merito è suo, voglio dirglielo per ringraziarlo sinceramente.

      Ho fatto una sua gelatina di cotogne che anderà in America; l'ho mandata a mio figliastro a Buenos Ayres e sono sicura che sarà apprezzata al suo giusto valore. E poi lei scrive e descrive così chiaramente che il mettere in esecuzione le sue ricette è un vero piacere e io ne provo soddisfazione.

      Tutto questo volevo dirle e per questo mi sono permessa indirizzarle questa lettera.

      Mio marito vuole esserle rammentato con affetto.

      Ed io le stringo la mano riconoscentissima.

      Maria Mantegazza.

      ❦

      Le commedie della cucina, ossia la disperazione dei poveri cuochi, quando i loro padroni invitano gli amici a pranzo (scena tolta dal vero, soltanto i nomi cambiati):

      Dice il padrone al suo cuoco:

      — Bada Francesco che la signora Carli non mangia pesce, nè fresco nè salato, e non tollera neanche l'odore de' suoi derivati. Lo sai già che il marchese Gandi sente disgusto all'odore della vainiglia. Guardati bene dalla noce moscata e dalle spezie, perchè l'avvocato Cesari questi aromi li detesta. Nei dolci che farai avverti di escludere le mandorle amare, chè non li mangerebbe Donna Matilde d'Alcantara. Già sai che il mio buon amico Moscardi non fa mai uso nella sua cucina di prosciutto, lardo, carnesecca e lardone, perchè questi condimenti gli promuovono le flatulenze; dunque non ne usare in questo pranzo onde non si dovesse ammalare.

      Francesco, che sta ad ascoltare il padrone a bocca aperta, finalmente esclama:

      — Ne ha più delle esclusioni da fare, sior padrone?

      — A dirti il vero, io che conosco il gusto de' miei invitati, ne avrei qualche altra su cui metterti in guardia. So che qualcuno di loro fa eccezione alla carne di castrato e dice che sa di sego, altri che l'agnello non è di facile digestione; diversi poi mi asserirono, accademicamente parlando, che quando mangiano cavolo o patate sono presi da timpanite, cioè portano il corpo gonfio tutta la notte e fanno sognacci; ma per questi tiriamo via, passiamoci sopra.

      — Allora ho capito — soggiunge il cuoco, e partendo borbotta tra sè: — Per contentare tutti questi signori e scongiurare la timpanite, mi recherò alla residenza di Marco (il ciuco di casa) a chiedergli, per grazia, il suo savio parere e un vassoio de' suoi prodotti, senza il relativo condimento!

       Indice

      Bianchire. Vedi imbiancare.

      Bietola. Erba comune per uso di cucina, a foglie grandi lanceolate, conosciuta in alcuni luoghi col nome di erbe o erbette.

      Caldana. Quella stanzetta sopra la volta del forno, dove i fornai mettono a lievitare il pane.

      Carnesecca. Pancetta del maiale salata.

      Cipolla. Parlando di polli, vale ventriglio.

      Costoletta. Braciuola colla costola, di vitella di latte, di agnello, di castrato e simili.

      Cotoletta. Parola francese di uso comune per indicare un pezzo di carne magra, ordinariamente di vitella di latte, non più grande della palma di una mano, battuta e stiacciata, panata e dorata.

      Crema pasticcera. Crema con la farina onde riesca meno liquida.

      Fagiuoli sgranati. Fagiuoli quasi giunti a maturazione e levati freschi dal baccello.

      Farina d'Ungheria. È farina di grano finissima che trovasi in commercio nelle grandi città.

      Filetto. Muscolo carnoso e tenero che resta sotto la groppa dei quadrupedi; ma per estensione, dicesi anche della polpa dei pesci e dei volatili.

      Frattagliaio. Venditore di frattaglie.

      Frattaglie. Tutte le interiora e le cose minute dell'animale


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