Il mistero del poeta. Antonio Fogazzaro

Il mistero del poeta - Antonio  Fogazzaro


Скачать книгу
è vero?

      Mi sfuggì un'esclamazione di sorpresa. Era la signora Yves che aveva detto così, a pochi passi da me.

      —Lei?—dissi.

      Forse vi era nella mia voce troppo più senso che nella mia parola.

       Ella non rispose.

      —È troppo bello qui—soggiunsi.—Fa persino male.

      Essa lasciò cadere anche questa frase.

      —Stamattina—disse—volevo domandarle il nome di quello scoglio là in faccia che mi piace tanto.

      —Non lo so—risposi.—Non credo che abbia nome.

      Dopo brevi momenti di silenzio la dolce voce riprese più sommessa, quasi timida:—Dovrebbe mettergli un nome Lei ch'è poeta.

      —Lei lo sa?—esclamai.—Lei mi conosce?

      —Sì signore—rispose.—Ho letto una sua novella in versi, Luisa.

      —Ha letto Luisa?

      Tacemmo ambedue per un buon tratto.

      Una profonda, deliziosa commozione impediva a me di parlare; ed ella era rimasta sorpresa di sentir così commossa la mia voce.

      —Vede che lo conosco molto—riprese finalmente.—Luisa mi ha fatto pianger tanto. Non potevo credere che l'autore fosse un uomo. Ho saputo oggi da un signore italiano ch'era proprio Lei. Credevo che fosse una fanciulla, una Luisa. Oh come desideravo di conoscerla!

      —Anch'io desideravo di conoscer Lei.

      Queste parole mi sfuggirono e tacqui subito. Non sapevo se dovessi spiegarle; intanto ella osservò che era tardi e si ritirò. Qualche cosa nel suo saluto mi fece male e passai una notte inquietissima, pensando ch'ella mi era stata molto vicina per un momento e che poi si era allontanata da me. Certo aveva trovate stupide o troppo ardite le mie ultime parole. Ne soffrivo e ne godevo insieme, parendomi aver veduto un poco del suo sentimento. Com'era fine, come era elevato! Adesso bisognava toglier l'equivoco subito. Mi addormentai verso la mattina, sognai che spiegavo tutto a Mrs. Yves, che la dolcissima voce mormorava: lo sapevo, lo sapevo; ma che il viso era triste.

       Indice

      L'indomani mattina scesi alle sei e incominciai subito ad aspettarla; scioccamente, perchè non era probabile che scendesse prima delle sette e mezzo o delle otto. Discese alle nove e la vidi un solo momento; forse aveva preso il thè in camera. Era in toeletta da passeggio e mi salutò come chi vuol essere cortese ma non desidera compagnia. Partì subito con un ragazzo che le portava uno sgabello, un ombrello e un album. Il cameriere mi disse che andava a dipingere e che il ragazzo doveva accompagnarla alla chiesa di S. Nazaro. Ero ben risoluto, comunque lei l'intendesse, di parlarle; mezz'ora dopo mi avviai alla volta di S. Nazaro. Con che tremor di cuore, con che confusione di pensieri, con che intorpidimento di membra feci quella strada! Assorto nel sentimento di dover dire parole decisive, andavo, andavo, senza badare alla via, portato dall'istinto; non udivo che le voci, non vedevo che le immagini del mio pensiero. A pochi minuti da San Nazaro incontrai il ragazzo, che mi disse spontaneamente:

      —La signora è giù presso la chiesa.

      Ignoro se mi abbia creduto il marito o altri; a me parve una voce dello stesso Ignoto che mi aveva mandato il sogno.

      La signora Yves stava in un praticello poco discosto dal sentiero, disegnando. Alzò il capo, mi vide e continuò a disegnare. Discesi lentamente sul prato e mi fermai a pochi passi da lei. Essa mi guardò daccapo, rispose sorridendo al mio saluto e tornò a lavorare in silenzio. Io non sapevo ancor leggere le tacite parole avvolte ne' suoi sorrisi; mi parve tuttavia che quella fosse pungente. Mi avvicinai, e si parlò un poco della chiesa longobarda ch'ella stava disegnando. Il tono della signora era affabile ed indifferente.

      —Ho trovato bene—mi disse rispondendo ad una mia frase sull'atto pittoresco della chiesuola, che mi pareva tutta raggomitolata nella sua umile vecchiaia.—Se Lei ora va cercando poesia, altrettanta fortuna!

      Ella desiderava che io partissi, ma non volevo partire così. Nel silenzio che seguì si udiva il gorgoglìo roco dell'acquicella che casca dal prato.

      —Senta la poesia come chiama!—dissi.—La poesia è qui.

      Vidi Mrs. Yves aggrottar le ciglia. Non rispose e disegnava in fretta; i suoi occhi andavano e venivano rapidamente dalla chiesa all'album.

      —Non Le pare poesia?—ripresi.

      —Sì—rispose alquanto nervosa.—E mi fa molto piacere di non saper dove passa questa poesia così pura, perchè è forse in un tubo assai comune.

      —Signora—diss'io allora—ho paura ch'Ella non abbia bene intesa, iersera, una mia parola.

      —Non so che parola—rispose tranquilla.—Non faccio mica tanta attenzione alle parole. E Lei crede che sarebbe una disgrazia se non l'avessi intesa?

      —Sì signora.

      Mrs. Yves ebbe un tocco di riso argentino.

      —Questo è troppo italiano per me—diss'ella.

      —Le ho detto—ripresi senza curarmi della sua ironia—che desideravo di conoscerla, ed Ella ha preso forse queste parole per un complimento. Non faccio complimenti. Desideravo di conoscerla solo perchè molti anni sono ho udita la Sua voce senza vedere il suo viso.

      Alzò bruscamente il capo dal disegno e mi guardò sorpresa. Adesso l'anima sua non era più del tutto chiusa; gliela potei vedere in fondo agli occhi mentre diceva:

      —Dove mi ha udita?

      —Questo non importa molto—risposi.—Solo mi rincresceva che una parola indifferente fosse presa per una parola sciocca. Adesso scusi, la lascio disegnare in pace.

      Mi congedai così, sentendo il mio vantaggio e non volendo perderlo.

       Ella fu tentata un momento, lo vidi, di trattenermi, ma non lo fece.

      Andai a meditar la mia piccola vittoria nell'ombra del vallone vicino, a ripensar il particolare fascino di quel viso e di quella voce nell'ironia.

      «Quando mi amerai!» dicevo tra me. «Quando vorrai e non vorrai dirlo!» Non volevo pensare che non fosse libera, mi pareva che amandomi lo diventerebbe; e mi stringevo le mani al petto, Davvero il mio petto era troppo breve per una gioia così grande, mi doleva già. Sentivo il bisogno di stancarmi e feci un lungo giro per valli e boschi, camminando a slanci come portato da ondate di vento, sorridendo a me stesso, dicendo insulti con allegra tenerezza alle care stupide piante e ai sassi che non capivano niente. Ecco un semplice odor di liquore forte come mi ubbriacava.

      A pochi passi dall'albergo, dove arrivai tardi, incontrai Mrs. Yves che dava il braccio a un signore pallido, magro, evidentemente malato. Era facile indovinar chi fosse. Alto, rigido, pareva toccare i cinquant'anni; aveva un viso triste e duro, una fissa intensità ostile di sguardo. La signora mi salutò; il marito nemmanco mostrò di avermi veduto.

      Per tre giorni non ebbi più occasione di parlare a Mrs. Yves. Era sempre col suo convalescente; passeggiavano qualche poco, sedevano lungamente insieme sotto gl'ippocastani. Ella mi salutava con la sua soavità seria, ma non cercava parlarmi, né io cercavo parlare a lei, pure gli occhi nostri s'incontravano non di rado e mi pareva che le facesse piacere di trovarsi vicina a me; lo stesso maggior riserbo che ora s'imponeva per la presenza del marito mi pareva pieno di dolcezza. Talvolta ella gli leggeva un giornale; io fingevo allora leggerne un altro e me le ponevo tanto presso da poterla udire. Quando se ne accorgeva lo sentivo, per un istante, nella sua voce. La bella signora dal profumo di rose conversava spesso amichevolmente con la Yves e scambiava poche parole con l'accigliato marito. Cercai di stringer relazione con lei per avere qualche cosa, almeno indirettamente, di Mrs. Yves, ma poi credetti leggere in un'occhiata di quest'ultima che le dispiacesse;


Скачать книгу