Il mistero del poeta. Antonio Fogazzaro

Il mistero del poeta - Antonio  Fogazzaro


Скачать книгу
di quanto le avevo detto sulla sua voce, ma questa domanda non veniva mai. Mi chiese invece se avessi composto dei versi sullo scoglio del sepolcro e, udito che no, se ne mostrò sorpresa; mi disse che dovevo comporne. Glielo promisi sull'atto. Nè l'uno nè l'altro lo disse, ma intendemmo bene ambedue che dovevano essere per lei. Solo dopo qualche momento di silenzio ella susurrò:

      —Amerei avere una memoria di questi luoghi.

      Una subita angoscia mi strinse il cuore. Domandai a Mrs. Yves se intendesse partire presto.

      —Sì,—mi rispose con un soave accento dolente,—credo che partiremo appena sarà possibile. Non siamo contenti dell'aria.

      La commozione mi tolse di parlare. Non m'era mai venuta questa idea tanto ovvia, che gli Yves potevano partire; mi pareva che tutto dovesse continuar sempre così.

      Credetti che si avvedesse dell'effetto delle sue parole e che cercasse mitigarlo chiedendomi finalmente, in tono sommesso, dove avessi udita la sua voce. Questa domanda così semplice mi recò infatti, in quel momento, dolcezza infinita.

      —In sogno—risposi.

      Ella impallidì e non disse parola. Riaperse Leopardi, ma non credo che leggesse. Ci fu un lungo silenzio.

      Ripresi palpitando:

      —Ho sognato la sua voce due volte; la prima molti anni sono, la seconda son pochi mesi. Stavo tanto male in quei sogni, ero tanto misero, e la Sua voce era la vita e la speranza. Mi sono trovato male, molto male, per colpa mia, anche fuori dei sogni, e ho sempre avuto una fede così grande che incontrerei la voce viva, la persona vera!

      Alcune signore venivano alla nostra volta. Dovetti accostare il mio viso a quello di Mrs. Yves, finger di leggere nel suo libro per udir il susurro della sua risposta.

      —Non ne ho neanche per me. Nè vita nè speranza.

      Le altre signore sedettero presso a noi. Era impossibile di parlare ancora; forse eravamo anche troppo agitati ambedue per poter parlare. Le mani di lei tremavano, il seno e le spalle salivano e scendevano.

      Ed io? Non so che aspetto avessi; avevo certo un tumulto nel cuore e una nebbia sugli occhi.

      Vennero ad avvertire Mrs. Yves che il signore desiderava vederla prima del pranzo. Attese un poco e poi si alzò. L'accompagnai in silenzio sino all'entrata dell'albergo.

      —Le vorrei dire una cosa,—mi susurrò prima di lasciarmi,—ma non credo che avrò il coraggio.

      —Perchè?—esclamai, ansioso.

      Non mi disse questo perchè; mi salutò con una grazia squisita e gli occhi suoi salirono un momento alla mia fronte. Parecchie altre volte, in quei tre giorni, ella mi aveva guardata la fronte. Perchè? Ciò mi piaceva e mi turbava insieme; era come se preferisse me a me stesso. È possibile questo? Non lo so; sentivo così.

       Indice

      Appena suonato il pranzo mi vi recai, quantunque non fossi in grado di prender cibo. Ella non venne che tardi, verso la fine. Scambiò qualche parola con Mrs. B., la signora dal profumo di rose, e a un tratto mi guardò arrossendo come se avessi potuto intendere qualche loro parola; ma io approfittavo dell'insolito dialogo per poterla contemplare liberamente, ed ero tanto assorto nel suo viso, nella sua mano elegante, nella musica della sua voce, che non prestavo attenzione al senso delle sue parole. Mi guardò qualche volta ancora, ma forse meno del giorno prima. Appena finito il pranzo scomparve e ridiscese mezz'ora dopo. L'amica sua le propose un breve passeggio. Ci aveva forse veduti conversare insieme prima di pranzo; nel passarmi accanto mi disse amabilmente: viene? Mrs. Yves non ebbe un cenno, nè una parola; pure accettai subito e si prese insieme il pittoresco sentiero che conduce a Lanzo fra i castagneti. Mrs. B. parlava molto, ma solamente in inglese; a me il parlar l'inglese riesciva difficile e difficilissimo l'intenderlo. La signora sorrideva, mi correggeva amabilmente. La Yves taceva quasi sempre, nè io sapevo rivolgerle la parola; e vi era nel nostro silenzio un'occulta complicità che mi pareva più dolce di un dialogo indifferente. Ella diede presto segni di stanchezza; ci sedemmo sull'erba, a pie' di un castagno.

      Sotto il giro delle oscure selve che vestono il monte, ridevano i prati e i frumenti d'oro sull'altipiano aperto fino alla opposta cerchia di dorsi accavalcati, sfumanti nei chiarori della sera via via sino al profondo sereno dell'oriente. La B. parlava e parlava di Firenze, dove aveva passato l'inverno; io non ascoltavo, e neppure Mrs. Yves. Mi pareva che i nostri pensieri fossero tanto uniti, ch'ella sentisse, come me, la molle poesia dell'ora e del paesaggio. Adesso gli occhi nostri s'incontravano più spesso, e i miei dicevano certo: «mi ama?» e i suoi rispondevano «sì.» Nel ritorno le diedi il braccio; la nostra compagna ci precedeva di alcuni passi. Andavo adagio; era così delizioso il tocco, il profumo, il tepore della cara persona! La pregai con passione di dirmi quello che prima non aveva osato. Violet mi raccontò poi che in quel momento i miei occhi scintillarono.

      —Non posso—diss'ella.—Non oso ancora. Credo che non oserò mai.

       Forse potrei scrivere.

      —Devo aver paura—dissi—di questo segreto? Mi toglierà la speranza?

       Mi toglierà la vita?

      Il suo braccio trasalì, la sua mano si muoveva convulsa, come in una corrente d'elettrico.

      —Lei non deve perder niente per me—rispose Violet con voce tremante.—Io spero che troverà un'altra più libera e più degna. Temo di aver avuto colpa io se Lei sente e dice queste cose, ma era una colpa molto dolce e poi ci dobbiamo lasciar così presto e per sempre. Lei mi racconta che ha sognato e a me pare di vivere in un sogno, di essere e di non essere la stessa persona di prima. Sa, come in sogno.

      Il nostro sentiero toccava la stalla degli asinelli che si noleggiano di solito agli ospiti dell'Hôtel Belvedere. Mrs. B. s'era fermata a discorrere col padrone. Noi passammo avanti.

      —Adesso—riprese Violet quando ci fummo dilungati abbastanza—comprendo che devo scrivere questa cosa. Non è un segreto, ma è una cosa ch'Ella non sa e che deve sapere. Il suo libro Luisa m'ha fatto una impressione profonda, più che non le ho detto finora, e la Sua simpatia mi è tanto cara; mi sarebbe molto dolore non solo s'Ella mi dimenticasse ma anche se pensasse di me come non bisogna! Io parto presto e non ci sarà mai più occasione di spiegare le cose.

      Un gelo mortale mi prese, ebbi appena la forza di rispondere che mai mai la dimenticherei e che ora desideravo di essere sepolto sullo scoglio; quanto più presto, tanto meglio.

      La sua mano convulsa mi afferrò il braccio.

      —No—diss'ella.—Non voglio! Non voglio!

      A questo punto sopraggiunse la B. e non ci lasciò più fino all'albergo. Mrs. Yves salì subito alle sue stanze e io corsi a chiudermi nella mia. Un momento mi disperavo, un momento la gioia d'essere amato divampava in me. No, aveva detto Violet, non voglio! Afferrai la penna e scrissi:

      Ah no, se tu m'ami, vorrei

       Posar nel più fondo vallon.

       Nè pietra nè croce vi avrei,

       Tu sola, sapresti ove son;

      Nè il secol maligno che accora

       Direbbeti oltraggio per me.

       Direbbe: la fredda signora

       Ondina ne l'Alpe si fè.

      In riva d'ombroso torrente

       Fa con l'acque pure a l'amor;

       Sul musco si posa languente,

       Ai deserti dona il suo cor.

      Diletta, sarei nei vivaci

       Gorgoglii de l'onda che va

       Con un suon sommesso di baci

       Che sosta in eterno non ha.

      Diletta,


Скачать книгу