Apologia della vita politica di F.-D. Guerrazzi. Francesco Domenico Guerrazzi

Apologia della vita politica di F.-D. Guerrazzi - Francesco Domenico Guerrazzi


Скачать книгу
Mio concetto intorno alla Repubblica.

       Indice

      L'Accusa nel § 85 dichiara non importare nulla indagare se io riputassi sempre od in massima la Repubblica forma buona ed accettabile per la Toscana, quando si sa[147] che fui elemento disorganizzatore. — A me pare all'opposto che importi moltissimo, imperciocchè nelle criminali disquisizioni, se io male non appresi nelle scuole, hassi principalmente a ricercare lo affetto che lo imputato può avere avuto a commettere la colpa; ed invero quando non occorra veruna delle cause che i legisti chiamano di delinquere, ed anzi ne occorrano contrarie, viene la coscienza dei Giudici facilmente condotta ad escludere il dolo dall'azione incriminata. L'Accusa da sè stessa discorda, dacchè nel § 83 la vediamo registrare la notizia «che ho interessato altre volte, e sempre per cause politiche, or la Giustizia, or la Grazia;» quasi per dedurre l'abito vecchio a questa maniera di falli; e ciò sta bene, perchè nel suo concetto cotesta sciagurata memoria poteva nuocere. Nel § 85 poi quale sia stata la mia professione politica non importa conoscere; e sta bene, perchè può giovare. E questa ricerca gioverà ad un'altra cosa, voglio dire, a mostrare quale potesse essere il motivo pel quale i Repubblicani me volessero piuttosto Mancipio, che Capo, in potestà di loro.

      La insipienza non cessa ingiuriare la Repubblica, come se non fosse e non fosse stata forma governativa di Popoli incliti nella Storia, ma sì piuttosto modo di vivere di gente usa alle rapine ed al sangue. Da parte siffatte stupidezze; e giovi ripetere col signor Guizot: «La Repubblica è in sè forma nobilissima di governo: suscita inclite virtù, ha presieduto al destino e alla gloria di Popoli grandi.»[148] Chiunque dia opera allo studio delle umane lettere facilmente della Repubblica s'innamora, però che i precipui scrittori così greci come latini appartengano al periodo repubblicano; i capitani famosi, le geste sublimi per eccellenza si vedano apparire ed imprendere nelle Repubbliche antiche; nè le Repubbliche del medio evo aggradiscono meno per la vita feconda che le commuove; piacciono le vittorie contro la barbarie; piacciono gli uomini che vi si agitano dentro, i quali, portentosi per certa loro salvatica grandezza, dominano il pensiero. Ancora: filosofi, per istituto di vita o per virtù di fantasia appartatisi dalle condizioni effettuali degli uomini, si dettero a speculare intorno al migliore governo della società, e astrattamente parlando immaginarono ottimo essere quello dove le fortune fossero pari o comuni, uguali le persone nelle prerogative, nei diritti e nei doveri; non doversi fare inciampo alla volontà liberissima col vincolo ingiurioso delle Leggi, conciossiachè lo spirito umano, memore della sua origine divina, avrebbe inteso, senza posa, spontaneo,

      Al decente, al gentile, al buono e al bello.

      Saturnia regna! — In cosiffatte Repubbliche Tommaso Moro propone che la pena capitale abbia a consistere nello appiccare un cerchio di oro, io non ricordo bene se al naso o in quale altra parte del delinquente. Sogni di Angioli sono cotesti, e Dio faccia tristo colui che desta i sognatori! Ma gli uomini non dormono tutti, nè sempre; la massima parte di loro uscendo dalle astrattezze forza è che si travagli per la dura esperienza della vita. I poeti non hanno a tenere la mano al timone, ma dalla prua del naviglio contemplare lo emisfero interminato, dove è fede che troverà pace l'ansia irrequieta che affatica i petti mortali.

      Meditando su le Storie, conosciamo come le Repubbliche abbiano durato fra procelle, e poco; lo esercizio smodato delle virtù che pure le alimentano, averle condotte in rovina; la uguaglianza immaginata, fine a conseguirsi impossibile; se tace la smania di superarsi in ricchezze, subentra più intensa l'agonia di vincersi con le ambizioni, co' brogli ed anche con lo splendore di gesti famosi; per cui Aristide un giorno dirà agli Ateniesi, che, se desiderano pace, lui e l'emulo Temistocle gittino giù nello Apotete. Ella cammina così la bisogna; se togliete via le passioni, e l'uomo è fatto pietra; ma voi non le volete, nè potete tôrre, e allora nelle società corrotte esse partoriranno turpi gare di viltà, e di delitti; nelle sane, emulazioni di studii, ed anche di gloria; nobilissime invero, e non pertanto seme immortale di disuguaglianza fra gli uomini, nè meno delle altre dannose alla Repubblica. Considerate le Storie, vediamo che virtù fa forza, forza superbia, superbia corruttela; e l'ambita grandezza consuma i popoli come macina molare; non mancano però uomini di peregrino intelletto, i quali ostinati in certe loro immaginazioni si voltano alle Storie, e le contemplano non come elleno sono, ma come loro talenta. Io non gli maledico; mestiere plebeo è questo; ma gli assomiglio a quel Don Pietro di Portogallo, che, acceso di amore per la morta moglie, la vestiva di vesti magnifiche, le poneva in testa corona, al collo e agli orecchi monili e gioie, e delirando la volea pur viva. — Essi vi diranno presentare le Storie due periodi, quello dell'autorità e quello della personalità, per mettere capo al terzo, che è il Messia, quello della fratellanza; ma la faccenda procede altrimenti, e troviamo bene spesso, troppo spesso, Stati che invece di progredire verso il periodo ultimo, stornano verso l'autorità; anzi, verso la barbarie; anzi, verso lo assoluto potere della spada. Intendono volere distrutte le disuguaglianze degli averi, della prestanza personale e perfino degli intelletti, e predicano questo quando le disparità appaiono più disperate. Nel secolo che vide Napoleone, Cuvier, Berzelius, e Goethe, e Byron, e Alfieri, andate a parlare di uguaglianza d'ingegni! E quando si arrivasse alla divisione degli averi, io vorrei un po' sapere quanto ella avrebbe a durare, e come farebbero a impedire che nascesse il prodigo e l'avaro, il cupido e il trascurato, lo industrioso e lo infingardo. La società umana non può nè vuole uscire da uno stato che conosce, e che spera migliorare mercè progressive riforme, per precipitarsi dentro un abisso che non conosce, e che teme: omne ignotum terribile. E almeno gli arditi riformatori andassero d'accordo fra loro! Ma no; quegli vuole moneta e proprietà soppresse, questi risparmia la moneta; uno pretende la donna libera, un altro chiusa; chi lascia stare il matrimonio, chi lo abolisce; vi ha chi reputa il suffragio universale ingiuria alla proprietà; non manca chi sostiene la libertà di commercio tirannide commerciale; vi ha perfino chi immagina pagare il debito pubblico della Inghilterra con le uova.[149] Mentre però procurano rovesciare Dio, religione, matrimonio, famiglia, eredità, proprietà, potenza individuale, tutto quanto insomma fin qui venerammo e rispettammo, non sanno dove andremo a cascare. Qualche esperimento hanno fatto, e capitò male: nonostante si ostinano, e forse può darsi, ma non lo credo, che a sciogliere la società pervengano; a riordinarla non mai.

      Non ragioniamo di siffatte dottrine che, con molta imprudenza e senno poco, vedo formare perpetuo argomento di qualche Giornale fra noi; certo per imitazione francese, come se noi avessimo comuni con Francia travagli e dolori. Torniamo a favellare delle forme del Governo.

      I dottori della Repubblica di leggieri concedono vera la sentenza del Montesquieu, che la Repubblica democratica si fondi sopra la virtù; ma aggiungono subito, ch'egli ha confuso la causa con lo effetto; la virtù dovere essere figlia, non madre di libertà; e questo diceva anche Alfieri: — però aspettare, per vendicarci in libertà, ad avere fatto procaccio, durante il servaggio, delle virtù necessarie per mantenerci liberi, torna lo stesso che condannarci a catena perpetua. Nè siffatto ragionamento è destituito di verità, se non che, invece di giovare alla conseguenza che ne deducono, le nuoce. Di vero, invece di precipitare la umanità a corsa, dove non le basteranno le piante, vediamo un po' se ci fosse verso d'incamminarla mano a mano verso il meglio: se fu cieca e brancolò per tenebre, perchè volere che duri cieca a brancolare per non sopportabile luce? Quando lo schiavo rompe la catena, la sua libertà appare vendetta e delirio;[150] l'adopera in usi pessimi, finalmente si spossa, e allora di leggieri è restituito al pristino stato.

      I governi costituzionali pertanto, purchè sinceri (e qui, secondo me, è dove giace nocco), si adattano meravigliosamente alle attuali condizioni della società, nè virtuose tutte, nè corrotte tutte, e piuttosto penzolanti di qua che di là; eglino somministrano forme abbastanza late, dove si può, senza scosse, camminare al meglio; impresa non superiore alle nostre spalle, e però non disperata; sistema nel quale capendo democrazia, aristocrazia e monarchia, l'azione popolare nel progredire vi si afforza con la pratica dei negozj pubblici, con le virtù, e soprattutto col diminuire l'amore per sè, ed estendere l'amore per la patria. In questo modo si evitano le cadute, più dure che non è soave il salire; quello che si acquista si mantiene; delle riforme sociali si promuove quel tanto che i costumi sono apparecchiati a ricevere. La umanità è corpo grave, disacconcia


Скачать книгу