Apologia della vita politica di F.-D. Guerrazzi. Francesco Domenico Guerrazzi
e il cuore, e mi scagli la pietra.
V.
Origine, progresso, e motivi della forza rivoluzionaria fuori e in casa.
La Storia male si accomoda sempre con le Accuse; e forse, anche ad uomini che accusatori per indole e per instituto non sieno, riesce, per non dire impossibile, male agevole assai dettare storie contemporanee, chè la passione guida la mano a chi tiene la penna, e versa nel calamaio i suoi colori, e troppo spesso la rabbia: — comunque sia favellerò, per quanto possa, imparziale. — Varii sono i sistemi immaginati intorno alle origini della Società; ma o tu vogli credere (ed è questa la più dannata ipotesi) che un violento avendo legato per forza o per inganno i suoi simili abbia detto loro: io non vi sciorrò se prima non promettete servirmi; o si reputi più dirittamente, che gli uomini convenendo in sociale consorzio abbiano pattuito cedere tanta parte di naturale libertà quanta era necessaria al vivere civile: fatto sta, che torna nell'uomo irrevocabile il desiderio di rivendicare la sua alienata libertà, o perchè la Società gliel'abbia sottratta tutta, o perchè, come sembra più consentaneo al vero, gliene abbia tolta troppa. Carissima è poi la libertà nella estimazione di coloro che la dispensano, e di quelli che la ricevono, conciossiachè i primi sogliono concederla o per cuore magnanimo, o per molta paura, e i secondi l'accolgono con allegrezza, che talora è delirio. Invano la libertà viene duramente respinta, perseguitata, e sepolta; essa vive anche nei sepolcri, e, quando vengono i tempi, rompe la lapide, e torna a chiedere la sua giustizia. Lord Brougham l'ha paragonata alla Sibilla di Tarquinio, la quale quante volte era ributtata, altrettante tornava offrendo numero di libri più scarso, prezzo maggiore. La libertà gira perpetuamente pel mondo: poserà ella mai? Questo non so: solo io conosco, che dove ella non trovi la compagnia della religione, dei costumi onesti, del temperato vivere, e della concordia fraterna, passa senza fermarsi, o breve soggiorna. La libertà poi non arriva come ladro notturno, ma invia davanti a sè nunzii precursori a prepararle la stanza per potersi presentare pacata col saluto su i labbri: la pace sia con voi; ma la gente che l'odia, invece di accogliere i nunzii festosamente, mostra loro il viso dell'arme, li perseguita come liberali, — più tardi come demagoghi, — più tardi ancora come rossi, e gli uccide, o gl'imprigiona. Intanto la libertà sopraggiunge, e non trovando albergo apparecchiato ad ospitarla, si ferma dove si trova, e prende più che non bisogna, donde poi nascono disordini, e perturbamenti grandissimi attribuiti alla sua presenza, mentre da un lato hassene ad incolpare la incauta trascuraggine dei suoi avversarii, e dall'altro le giunterie dei trecconi e degli zingani, che in difetto dei veri e buoni rappresentanti della libertà, cacciati in prigione, ne usurpano il titolo di gestori di negozii. Giuseppe II e Leopoldo I, imperatori (ai tempi che corrono lasciati mordere poco meno che per eretici), furono prudenti reggitori dei popoli, e gli avrebbero condotti, a prova di arte, a lido amico di libertà duratura, se la Francia non era. Sia detto senza ira come senza disprezzo, la Libertà di questa nobilissima nazione, che si vanta battistrada dei Popoli, troppo spesso porta in mano una torcia che incendia, invece di fiaccola che illumini il cammino; precipitando negli orrori del 93, spaventò Principi, sbigottì Popoli; sè stessa spossò nei delirii di sangue, e rifinita cadde fra le braccia di Napoleone che la uccise con uno amplesso da soldato. Napoleone barattò alla Francia la sua libertà in tanta moneta falsa di gloria bugiarda; però, che egli imprendesse la perpetua guerra in benefizio della umanità, poco è da credersi; la monarchia universale di Carlo Magno, di Carlo V, e di Filippo II, nella vasta mente mulinava, o piuttosto il sospetto che i Francesi quietando, la libertà smarrita cominciassero a desiderare. Intanto i Popoli, distinguendo a prova i vizii degli uomini dalla bontà della dottrina, tornarono ad amare i benefizii della onesta libertà, e ad infastidire il superbo giogo del soldato imperiale. I Principi vennero fomentando con sommo studio siffatti umori dei Popoli, e gli adoperarono come leva potentissima a sovvertire la buonapartiana onnipotenza; nè la tirannide di Napoleone, nè la libertà dei Popoli essi amavano; però la prima allora maggiormente temevano. Sortito il fine desiderato, le promesse fatte ricusarono mantenere. Di qui, e unicamente di qui, la lotta talora violenta, più spesso di parola, eterna di desiderio, fra governanti e governati. I Governi si logorarono nella contesa, e l'aborrita pianta stancava le braccia a tagliare piuttosto che ella si stancasse a mettere fronde; e sradicarsi non si poteva, nè si può. La passione, compagna infallibile di principii perseguitati, sorgeva a fare più veemente il cordoglio. Da per tutto alla fine straripò torrente, che mena in volta sassi e fango; rovina dei luoghi coltivali.
Nè il ciclo infelice di questo avvicendarsi di successi sembra completo fin qui, mercè i consigli di una gente improvvida, che non comprende, come la fede mancata assai più nuoccia alla causa delle Monarchie, che le grida insensate pel socialismo. «Quando la buona fede fosse bandita da tutta la terra, dovrebbe ricoverarsi nel cuore dei Re,» il senno antico ammaestrò; la quale sentenza io non so bene se più corrisponda co' precetti della morale, o con quelli della politica (seppure questa distinzione può farsi), comecchè sappia, che con entrambi necessariamente la lealtà si mantenga.
VI.
Agitazione in Toscana.
Ma inopportuno ragionamento sarebbe qui discorrere le vicende di Europa; mi ristringo in più modesto confine; parlo di Toscana.
La lunga amministrazione precedente al Ministero Ridolfi aveva, da una parte, aumentato fra noi universale disgusto: delle cause non tratto, nè mi gioverebbe trattarle: accenno un fatto, che male può revocarsi in dubbio: dall'altra, si disfacevano nel disprezzo e nell'odio gli agenti dell'autorità, utili in Istato che goda la pubblica opinione, necessarii negli Stati che dalla pubblica opinione si scompagnano, perchè, se essi difettano di credito e di forza, chi gli sosterrà? Certo la forza poco dura; ma finchè dura, costringe. Così il Popolo, un giorno commosso dal medesimo impulso (e a torto si affaticano qui a rintracciare instigazioni di sètte), prese a imprigionare e a manomettere tutti gli ufficiali superiori e subalterni della Polizia. Io non assumo di certo la difesa della vecchia Polizia: troppo bene conosco che i Governi la nutrivano e l'accarezzavano allora, come si sopportano i gatti in casa, per prendere i topi: oggi poi, mi dicono, che non è più così; amen! — ma nel giorno che il Popolo incomincia a fare da sè, mi sembra che pel Governo sia finita, là dove egli non sappia adoperare i mezzi acconci pel restauro della smarrita autorità. Nè si obietti, che in Inghilterra costrinsero Giovanni Senza-terra a segnare la magna carta, e nonostante la Monarchia si resse; conciossiachè non il Popolo, ma i baroni gli usarono violenza, pei quali, quanto importava circoscrivere l'autorità regia per estendere il proprio dominio, altrettanto poi premeva conservarla in piede, come quella che era fondamento dell'ordine feudale. E di vero, indi a poco, qui fra noi, ebbero a cansarsi tutte o la massima parte delle Autorità governative partecipi della medesima animavversione. Allora corse un plauso generale, ed io udii battere le palme con gli altri a Magistrati gravissimi, che mi avevano garbo del folle che menava trionfo nel contemplare lo incendio di casa sua. Il Governo non osò difendere (e nemmeno lo avrebbe potuto) la Polizia, e la lasciò, come la mignatta, morire dentro al sangue ch'ella aveva succhiato. Così rimase in un subito disarmato di forza per farsi rispettare, e soli avanzarono i partiti di sapienza e di conciliante composizione, i quali si reputarono allora, e tuttavia dovrebbero reputarsi, meglio alla toscana civiltà convenevoli. Però che la mente che considera quanto sia arduo revocare gli uomini dalla naturale ferocia alla mansuetudine, e quanto, per lo contrario, facile farli trascorrere ai bestiali istinti, trema ogni volta che vede gittare a piene mani la semenza dell'odio nei cuori che Cristo destinava ad amarsi.
Dalla parte del Vaticano soffiava un vento, che non pure in Toscana, ma in Italia, in Europa, anzi, per tutto il mondo, alzava le menti a incredibile aspettativa. Allora uomini, che io voglio credere inspirati da puro amore di patria, allo scopo di condurre Toscana a migliore governo, e alle riforme troppo ritardate, impresero a far circolare per le vene del Popolo stampe clandestine eccitatrici a desiderarle, ed a chiederle.
La Legge sopra la stampa si promulgava: egli è evidente, che il Popolo minuto, il quale poco legge