Donne e fanciulle. Luciano Zùccoli

Donne e fanciulle - Luciano Zùccoli


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tutt'intorno la donna non sono meno terribili. Se in basso la mancanza degli agi può tradirla, in alto sono gli agi che la insidiano, è il suo fascino medesimo che fa pullulare i desiderosi, è talvolta la mancanza dei figli, è la maggior coltura che le dà maggiori bisogni sentimentali, è la vita stessa con le sue convenienze, i suoi divertimenti, le visite, i teatri, le feste, che le moltiplica intorno le seduzioni, è la trascurataggine del marito, che non sa difenderla e proteggerla, e si fa vivo il giorno in cui l'accusa e la giudica....

      La nostra povera onestà maschile, la quale, ripeto, è sufficientemente solida quando non incappi nel codice, ignora questa via crucis di tentazioni. Noi non siamo tutti i giorni pregati e supplicati di rubare o di apporre firme false a una cambiale, come una donna giovane e bella è tutti i giorni supplicata di darsi all'uno e di mancar fede all'altro. E se fossimo con tanta insistenza pregati di commettere il male, non so quanti di noi non lo commetterebbero, salvochè non avessimo gli occhi sempre intenti al codice.

      Come possiamo essere severi con la donna caduta, se teniam conto di tutte le trappole che furon poste attraverso alla sua strada? Dobbiamo noi farla responsabile delle adulazioni che han trovato la via del suo cuore, delle minacce che l'hanno impaurita, delle insistenze che l'hanno avvinta, delle abili finzioni che l'hanno illusa?

      I veri responsabili, gli uomini, scompaiono nell'ombra.

      Quando tornate a casa di tarda notte e v'imbattete in una donna da trivio che vi sorride e vi chiama, non pensate mai che un giorno ella fu vergine, che deve aver amato, che si è data a qualcuno, il quale l'ha abbandonata poi sul lastrico, e non vi chiedete dov'è questo «qualcuno» mentre la donna segue la sua via d'abiezione e di morte?... Quel «qualcuno» può essere il medesimo uomo, il quale vi ha testè accolto nella sua casa ospitale, dove tutto sorrideva e tutto era bello.... Non vogliamo condannarlo? Ma bisognerebbe essere ingiusti fino alla bestialità per condannare in sua vece la donna, che vent'anni addietro gli ha creduto ed è rotolata giù per la scala del vizio fino alla prostituzione.

      *

      Che la donna sia irresponsabile socialmente parlando, è dimostrato da un fatto a tutti noto: non sente l'amicizia. È rarissimo il caso che vi fa incontrare due donne le quali siano legate da una amicizia disinteressata e sincera.

      La donna odia la donna. Somiglia in questo alla gallina. In un pollaio, guai alla gallina che si ferisce e perde sangue! Tutte le altre le si precipitano addosso, e a colpi di becco e di zampe la fanno a brani. È la loro solidarietà, il loro sentimento d'amicizia.

      La donna non è diversa; odia la sua compagna segretamente fin che l'odio non possa manifestarsi ed erompere con gioia selvaggia. E quando mai sarà il giorno in cui l'odio avrà questa soddisfazione? Quando, naturalmente, la donna sia caduta e in pericolo.

      In occasione di due processi celebri, Steinheil e Tarnowsky, io mi son piaciuto a interrogar molte donne sulla sorte che avrebbero riservata alle imputate. E ricordiamo che le imputate eran dipinte come donne affascinanti, quale per bellezza, quale per grazia femminile. Nessuna delle signore che io interrogai espresse un pensiero d'indulgenza, nessuna avrebbe accordato le attenuanti; tutte augurarono la pena di morte, e qualcuna, — piccola gallina feroce, — si rammaricò che la morte non si potesse dare con lunga e squisita tortura.

      La donna odia la donna, e non ha dunque il ristoro di quel sentimento che è tra gli uomini assai forte. Gli esempii classici dell'amicizia sono nella letteratura attinti alla vita maschile, da Patroclo e Achille a Damone e Pizia. Non si ricordano coppie di amiche le quali sian passate attraverso i secoli con l'aureola del sentimento nobilissimo.

      Sappiamo che cosa sono le amicizie femminili di collegio, traviamenti della pubertà inquieta; più avanti la lotta per la vita, quell'implacato spirito di gelosia che è così acceso tra le donne, schiera le une contro le altre. Esse rinunziano alla terribil forza della solidarietà sociale e sessuale con una incoscienza maravigliosa, per procedere sole nella loro via; rinunziano all'amicizia per l'amore.

      Dall'amore, cioè dall'uomo, la donna si aspetta tutto, gioia, tutela, famiglia, aiuto morale e materiale, soddisfazione alle piccole vanità e ai mille desiderii che da fanciulla è andata maturando. Per ciò la sposa è superba e invidiata; per ciò, spietate nel loro odio, le une sorridono delle altre, che abbian vista andar fallita una promessa o una speranza di fidanzamento.

      Ma comunque l'uomo si presenti, sotto le spoglie d'un marito o quale un amante, egli sarà la guida e il maestro. La fanciulla è stata educata in un collegio, nel quale le hanno insegnato molte cose inutili o sciocche o contrarie al vero; poi dalla madre, che ha continuato quella educazione lontana da ogni soffio vitale, quella educazione che in certi casi può riassumersi nella raccomandazione di abbassar gli occhi quanto più è possibile, e di vedere e capire quanto meno è possibile. Fortunatamente l'una e l'altra educazione s'accordano anche in un punto, in un solo punto che abbia valore sociale e potenza di difesa: nell'insegnare e sviluppare il pudore della fanciulla. È questo il solo presidio di molte donne.

      La bella candida oca è consegnata dall'amore, dunque, nelle mani dell'uomo, il quale dovrebbe plasmarla e avviarla alle prove dell'esistenza, perchè egli è forte, ed essa debole.

      *

      Egli è forte.

      Tra le menzogne convenzionali della nostra società, una sopra tutte mi sembra patente: quella che riguarda la forza morale dell'uomo.

      Chiunque abbia vissuto con qualche intensità e abbia avuto maniera d'osservare uomini di diverse classi sociali, sa che l'uomo forte è un esemplare tutt'altro che comune. Quando non ondeggino tra una timidezza e un'audacia irragionevoli, passando come tutti i deboli da un abbattimento eccessivo a un'insensata e inopportuna arditezza, gli uomini al cospetto delle avversità trovano difficilmente l'energia per fronteggiare gli ostacoli e gli avvedimenti per superarli.

      La bella serenità risoluta, indice della vera forza morale, è rara; più rara l'intelligenza pacata che giova a preparare tutto un piano di difesa e ad attuarlo con sagacia.

      In verità quella prima menzogna della forza maschile non è se non la conseguenza d'un'altra menzogna: l'ipotesi della lotta per la vita.

      Mentre ovunque si parla di lotta e di lotte, molte esistenze crescono, fioriscono e si spengono senza conoscer da vicino nè la lotta, nè le lotte, molte esistenze si svolgono con un meccanismo sicuro, e giungono pacificamente alla loro meta.

      Considerate, ad esempio, l'enorme numero di professioni regolate da leggi di gerarchia e di anzianità, la professione degli impieghi, la professione delle armi, le altre innumerevoli in cui basta uno spirito mediocre per avere una mediocre agiatezza; aggiungete da una parte il rispettabile numero dei ricchi, e dall'altra le organizzazioni che han tolto la combattività all'individuo, lo hanno ridotto a gregario e lo fanno obbedire a una disciplina bassa e stupida; non dimenticate tutti quelli che non tendono ad alte vette, non pensano a grandi mutamenti, non conducono vita intensa di piaceri e di commozioni, e tutti quelli i quali non abbiano una personalità tanto spiccata da crearsi intorno ostacoli e nemici.... E poi dite quanti davvero lottano nella vita, quanti ne conoscono le ore torbide, le ingiustizie amare, i giorni pànici, gli istanti delle grandi risoluzioni.... Quanti?... Io ho dovuto sorridere più d'una volta, vedendomi innanzi qualche piccolo uomo, che mi parlava di lotte sostenute, di guerre e di patèmi, come avesse dovuto respingere da solo un intero esercito. E sapevo benissimo che tutta la sua attività era rivolta ad ottenere la croce di cavaliere della Corona d'Italia. Avuta la quale, non si sarebbe più udito parlare dell'atleta.

      Molti son foggiati a questa maniera. A sentirli, si scambierebbero per cacciatori di tigri; poi la citazione d'un giudice conciliatore o l'obbligo di testimoniare in un processo li fa sbiancar di terrore.

      La mancanza di lotta fa la mancanza di forza. La vita degli uomini comuni ha questi due segni: pace e debolezza; e fin che la pace dura, i deboli e i forti si somigliano, e si può lasciare che quelli menino vanto delle virtù di questi, augurando ai primi di non imbattersi mai nei secondi.

      La lotta è rara, e perciò la forza è rara; il caratterisma principale della vita è la mediocrità delle gioie e dei dolori, la volgarità del meccanismo. Pochi uomini hanno il diritto di parlar delle lotte della vita come le avessero


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