La donna nella vita e nelle opere di Giacomo Leopardi. Emma Boghen Conigliani
sua fede; ella rimase la stessa, irriprovevole nelle premure solerti per i suoi piccini, ma senza calore, senza spontaneità di tenerezza, come se di tutti i suoi atti la ragione soltanto fosse il movente e il dovere la guida. Questa l'apparenza; ma chi può indovinare il secreto dei cuori, chi può dirci se quella sua fredda ritenutezza fosse un dovere ch'ella imponesse a sè medesima, o una naturale disposizione dell'anima?
Vi hanno caratteri che, pur possedendo poche virtù, sono apprezzati, anzi ammirati, perchè quelle loro virtù sono appariscenti ed amabili, e d'ordinario gli uomini si accontentano di ciò che piace, senza indagare oltre; come questi caratteri vengon d'ordinario giudicati migliori di quel che sono in realtà, così altri ve n'hanno che son creduti peggiori che non siano per l'opposta ragione: le loro virtù son nascoste, i difetti palesi, e questi e quelle, inamabili, allontanano i cuori piuttosto che attirarli. Tale era Adelaide. Certo la prodigalità di Monaldo era un difetto, l'economia di lei, in tesi generale almeno, una virtù; ma gli è facile comprendere come, a quasi tutti, quella virtù dovesse riuscir incresciosa, quanto simpatico questo difetto. Così la sua ritenutezza la fece credere forse assai meno sensitiva che non fosse in realtà.
La sventura temprò ben presto il vigoroso carattere di lei, come il fuoco tempra una buona lama: riusciva ormai impossibile chiuder gli occhi a la rovina imminente del patrimonio, già carico di debiti, pei quali certi creditori usurai giungevano a pretendere il ventiquattro per cento d'interesse. La contessa, rimasta da prima estranea a l'amministrazione, non tardò a convincersi che una mano di ferro doveva sostituirsi a la debole mano di Monaldo nel governo de la famiglia per salvar questa, e decise che quella mano di ferro sarebbe la sua, bianca mano di donna, ma rigida e ferma quant'altra mai. A questo compito ella s'accinse con una saldezza di propositi, uno spirito di sacrificio ed un'energia, quali ben difficilmente si troverebbero in una giovane e bella dama. La vita della famiglia cambiò interamente, benchè nulla fosse tolto agli agi consueti: tavola abbondante, carrozza, cavalli; ma dov'era possibile senza disagio, al lusso fu sostituita la più stretta economia, la quale divenne legge inesorabile per tutti della casa e prima di tutti la stessa Adelaide. Ella vendette subito una parte de' suoi gioielli e più tardi i rimanenti; conservò solo, ricordo d'un tempo lieto, un anello di brillanti, che rimase come un oggetto sacro nella famiglia, così che Carlo volle metterlo nel dito della sua seconda moglie, Teresa Teja, il giorno delle nozze.
D'allora in poi la contessa non portò che ornamenti d'un valore insignificante, fra i quali un finimento di coralli; vestì modestamente, seguendo la moda della rivoluzione francese; ma, invece delle basse scollature del vestire a la ghigliottina, portò sempre una larga cravatta, che le fasciava a più giri il collo fin sotto il mento. Le rade volte in cui usciva di casa, se d'inverno, si avvolgeva in un'ampia pelliccia di martora, che, nella sua immutabile ricchezza, conciliava con l'economia quel decoro de l'abito, cui Monaldo teneva tanto; se d'estate, portava in testa «un cappello colossale di paglia» che, mentr'ella stava in carrozza, «salutava per lei.»[3] Il compito ch'ella si era fissato non consisteva soltanto nella salvezza del patrimonio, nella ricchezza futura di casa Leopardi, ma anzitutto nel mantenere l'avita intatta fama di probità, l'onore del nome; e perciò a punto ella intese subito a far un concordato coi creditori, concordato reso men difficile dal papa, che impose certi limiti a gli usurai, detraendo quella parte che rappresentava il frutto d'un'ingorda usura da la somma del debito, il quale in quarant'anni doveva essere gradualmente estinto. Interdetto Monaldo, la casa dipese da l'autorità assoluta di Adelaide, autorità, che apparve talora inflessibilmente tirannica, tanto più che le ristrettezze economiche eran tenute con ogni cura nascoste. Senza dubbio, più generosa, ella avrebbe reso più felici o meno infelici i suoi e sarebbe riuscita più cara a loro e più simpatica ai posteri; è giustizia però il notare che la sua non fu, o non sempre, gretta avarizia, e ch'ella, come già disse l'Avoli, non mostrò mai d'amare il danaro pel danaro, nè la roba per la roba: per migliorare le sue terre, per conservare in buono stato il palazzo, non le spiacque spendere e, benchè meno volontieri, acconsentì che il marito e i figli comperassero gran numero di libri. Di buon grado faceva elemosine e senza menarne alcun vanto, donava cibi o legna, e dalle finestre gettava spesso ai mendicanti qualche moneta; anzi perchè queste non le mancassero mai, ne teneva sempre pronte a quel pio scopo in una ciotola di legno nella sua camera. Anche non di rado assisteva ella medesima qualche ammalato povero, pel quale ordinava al cuoco di serbarle il miglior brodo. La sua rettitudine era scrupolosa; e si narra che, morto Monaldo, facesse pagare, senza rivelar il proprio nome, due mila e trecento scudi ad un conte maceratese verso il quale il marito le aveva confessato uno scrupolo di trovarsi in debito.
Vi ha in questo rigido carattere di donna qualche cosa che merita ancor più che rispetto, ammirazione, ed è la sua lealtà, cui ella aggiungeva altri non comuni pregi, quale, ad esempio, una dote che non può accordarsi con un cuore non buono, tanto meno quando lo spirito è altero e abituato al comando: la facilità di perdonare; respinta con tanta ostinazione dai parenti dello sposo, è la prima a fare un umile passo verso di loro e diviene per essi una figlia sommessa a pena le aprono le braccia. Taccio le tristezze che le vennero dal marito e da' figliuoli e ricordo una lettera ad una sorella, che probabilmente è la Eleonora, sposatasi poi nel 1806 al marchese Baviera di Sinigaglia. Adelaide loda la giovine d'essersi pentita d'un'offesa recata a la madre in un impeto di collera; le rammenta che ella dovrà fare la felicità di uno sposo e che tali impeti turberebbero la pace della futura famiglia; che tutti abbiamo dei difetti, ma che tutti dobbiamo posseder la forza di reprimere le nostre passioni e chiude con un tratto di delicato perdono: «Vi protestaste ieri che non fate alcun caso della mia stima. Ad onta di questo, siate persuasa che nessuno vi stima e vi ama quanto la vostra affezionatissima sorella.»[4]
Nella lunga e difficile impresa cui si accinse, la contessa fu sostenuta da un vivo affetto per la casa, dalla pietà religiosa e dalla naturale vigoria di uno spirito, che non conosceva la debolezza femminile, la vanità, l'amore al lusso; ma s'ella salvò il patrimonio ai figliuoli, non offerse mai loro il conforto d'un cuore carezzevolmente, teneramente materno: l'espansione, la confidenza, che attirano confidenza, espansione ed affetto, le furono ignoti. Curava i bimbi con molta premura, li teneva a dormire in camere attigue alla sua, medicava ella stessa persino i loro geloni, amava di seguire i fanciulli con lo sguardo, anche nei loro rumorosi giuochi, nel chiasso, cui si abbandonavano gaiamente nei due giardini di casa, ma in quello sguardo non c'era mai una carezza. «Tutto era compassato in lei: anche i battiti del cuore. Si sarebbe quasi indotti a credere che la rigida marchesa volesse fare anzi tempo de' suoi figliuoletti uomini maturi, che le loro risa argentine turbassero la sua serenità di amministratrice e custoditrice suprema della casa»; così parla di lei il Traversi, uno dei più indulgenti verso i genitori di Giacomo fra tutti i cultori degli studi leopardiani. Monaldo, con le sue idee e il suo sistema di autorità senza confini e senza discussione, sarebbe stato il più duro dei padri, se a gli errori del giudizio non avesse largamente rimediato la bontà de l'anima; egli sapeva qualche volta ridiventar fanciullo co' suoi figli, che se trovarono talora la tenerezza in famiglia, fuori de la loro cerchia fraterna, la trovarono in lui; e più espansivo e più tenero sarebbe stato, se l'affetto di cui aveva pieno il cuore non fosse stato compresso dal dubbio di affievolire la propria dignità, di derogare a l'autorità paterna. Adelaide era un tipo affatto diverso, parlava poco e con calma e gravità; d'ordinario chiusa in sè stessa, non amava che altri le leggesse ne l'animo, e se un improvviso dolore la colpiva, scoppiava in pianto, ma andava subito a chiudersi nelle suo camere, da cui non usciva finchè non si era calmata. Nessun impeto visibile in lei: ella concedeva a pena la sua mano al bacio de' bambini e sospirava nel vederli vivacissimi e gai, mentre ne godeva la buona suocera sua, Virginia Mosca, che, rimasta vedova giovanissima, s'era dedicata tutta a' figliuoli. La sera nel suo mezzanino, dov'ella sedeva sopra un sofà, conversando col suo vecchio cavalier servente Volunnio Gentilucci, irrompevano i nipoti, che precipitandosi a gara per abbracciarla rovesciavano spesso il tavolino e la lucerna; e non di rado scherzavano alle spalle del cavaliere, il quale non poteva nè pur sfogarsi a sgridarli, perchè, se ci si provava, l'affettuosa vecchia era sempre pronta a dar ragione a loro e ad impermalirsi con lui. Graziosa scena questa de' due vecchietti eleganti e compiti, che stentano a tenersi il broncio, davanti alla contagiosa allegria d'una brigata di birichini!
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Non è difficile immaginare, da le notizie che