Il Concilio. Ferdinando Petruccelli della Gattina
formule sottoscrivere, se quella dei legati di Roma, o quella degli Eutichiani. Si pensò di metterle ambedue nel sepolcro di Santa Eufemia. All'indomani si aprì il sepolcro: la santa, dice Zonaro, aveva respinto a' suoi piedi lo scritto eutichiano, e teneva nelle mani la formula cattolica, ch'essa presentò graziosamente all'imperatore. Allora Marciano si recò al Concilio, e pronunciò il discorso di chiusura.
Questo Concilio, come gli altri, diede origine ad una serie d'altri Concilii e d'altri torbidi.
Il Concilio di Cartagine aveva già condannato la dottrina di Pelagio, monaco bretonne, e quella di Celestio, prete scozzese, che affermavano la libertà e dignità dell'uomo, respingevano la dottrina del peccato originale, e rendevano, per conseguenza, nulli il battesimo e la redenzione. Ma il Concilio di Diospoli cassò quel decreto. Egli è vero che i Latini intendevano poco il greco, e che i Greci non intendevano punto il latino. Il Concilio di Milevo confermò in appresso la sentenza di quello di Cartagine.
La Chiesa non esitò mai a pronunciarsi contro la libertà, qualunque sia la forma che questa prenda, politica, scientifica o religiosa.
Il Concilio d'Efeso (477) annullò le decisioni emesse a Calcedonia. Tutto l'Oriente si agitò per o contro codesto Concilio, e si suddivise in sètte e scismi infiniti. Le città furono turbate da sommosse; il sangue corse in Antiochia, a Costantinopoli ed altrove. Giustino perseguitò coloro che non pensavano come lui. Giustiniano, che si piccava di teologia, decideva in fatto di dogmi—malgrado l'imperatrice Teodora, che seguiva una credenza diversa dalla sua.
Giustiniano convocò poi un quinto Concilio ecumenico, raccolto a Costantinopoli nel 455, e fece condannare di nuovo alcune opinioni di Origene e le teorie di Ario, di Eunomio[6], di Macedonio, di Apollinare e di altri. Vigilio, vescovo di Roma, non volle assistere al Concilio, benchè si trovasse a Costantinopoli. Giustiniano lo maltrattò, e ne ottenne quello che volle.
Il quinto Concilio ecumenico non è accettato come tale dalla Chiesa latina.
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IX.
Dopo, la quistione delle due nature, sorse la quistione delle due volontà.
A quell'epoca tutti si occupavano di teologia, come noi ci occupiamo di politica; e le donne discorrevano insieme delle due ipostasi, come oggidì discorrono di stoffe.
I monoteliti non ammettevano che una volontà ed un'azione sola nella natura del Cristo. L'imperatore Eraclio, essendo di quest'avviso, volle sapere che cosa ne pensava il suo vescovo di Roma. Onorio ammetteva invece due volontà, ammettendo le due nature. Eraclio non si arrese a questa opinione. E perciò, subito un Concilio monotelita ad Alessandria e un Concilio contrario a Gerusalemme.
Ma egli era il padrone, e il papa piegò.
Eraclio proibì, con editti, di parlare delle due nature e delle due volontà, ed impose il monotelismo all'Occidente.
Il Concilio di Roma condannò questa dottrina.
Costante II strappò il papa Martino dalla sua sede, non meno che altri vescovi, e li mandò a morire in esilio.
Costante II fa poi assassinato in Sicilia.
Costantino Pogonato volle imporre a' suoi sudditi d'Oriente le dottrine di quelli d'Occidente, per realizzare l'armonia della fede nell'Impero e cancellare lo scisma. Egli convocò dunque il sesto Concilio ecumenico.
Circa duecento vescovi si riunirono a Costantinopoli l'anno 680. Costantino presiedette il sinodo, avendo alla sua destra il patriarca di Costantinopoli, alla sinistra i legati di Roma.
Il monotelismo fu condannato, il papa Onorio riprovato, e proclamato il dogma delle due volontà.
Alcuni cattolici confondono questo Concilio con quello detto in Trullo, che i protestanti dichiarano il settimo Concilio ecumenico.
Questo Concilio, ordinato da Giustiniano, si raccolse a Costantinopoli l'anno 692, in una torre o salone del palazzo imperiale. Più di duecento vescovi risposero all'appello dell'imperatore. Roma non mandò a questo sinodo alcun legato speciale, ma vi si fece rappresentare dagli agenti ordinarii che il vescovo di Roma manteneva alla Corte.
Giustiniano presiedette l'assemblea, ne firmò e notificò gli atti. Vi fu lasciato il posto per la firma del papa; ma Sergio ricusò la sua segnatura, a cagione di sei canoni consacrati dal Concilio e respinti dalla Chiesa latina—tra gli altri, quello del matrimonio de' preti.
Altri Concilii impugnarono, per ordine dell'imperatore Filippico, le decisioni di questo.
Lo scisma tra'Greci e Latini si estese.
Il monotelismo rimase sommerso dalla controversia delle immagini, che prese posto nell'attenzione e nelle preoccupazioni pubbliche.
Inoltre il maomettanismo ed i barbari stringevano sempre più da presso il mondo imperiale.
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X.
La controversia delle immagini cominciò dall'editto di Leone Isauro, che proscrisse le immagini, ad esempio dei Maomettani. Il papa Gregorio II fece delle rimostranze, ma Leone insistette. Il papa riunì un sinodo, scomunicò l'imperatore, e gli tolse la sovranità dell'Italia. Leone tentò di far assassinare il papa; ma questi fece alleanza co'Franchi, e consegnò loro Roma e l'Italia.
Gregorio stabilì il principio che l'imperatore non aveva ad immischiarsi nelle cose della Chiesa: Non oportere imperatorem de fide facere verbum.
Lo scisma religioso prendeva quindi proporzioni politiche e nazionali.
La controversia si rincrudì, e provocò sommosse e proscrizioni. Il potere del papa si consolidò ed ingrandì; quello de' signori d'Oriente, già tanto spregevoli, perdette ogni giorno terreno.
Nuovo Concilio a Roma, che scomunicò i nemici del culto delle immagini. Costantino Copronimo convocò il settimo Concilio ecumenico a Costantinopoli nell'anno 754.
Trecento trentotto vescovi, dopo aver tenuto, per ordine dell'imperatore, delle assemblee provinciali in tutto l'Impero, sedettero nel palazzo imperiale di Ieria. La sessione teologale durò sei mesi, e l'idolatria delle immagini fu condannata.
Ma Roma rispose. Il Concilio di Stefano IV scomunicò quello di Costantino e gl'iconoclasti greci. Un mutamento succedette però ben presto nel Bosforo. L'imperatrice Irene, donna atroce e pia, che uccise il marito e fece acciecare il figlio, si dichiarò iconolatra, ossia partigiana degli adoratori delle immagini.
Irene era donna, quantunque devota; e le immagini sono un ornamento, un oggetto di toeletta. Una donna non può essere iconoclasta.
Irene riunì un Concilio a Nicea nel 787, il settimo ecumenico de' Latini. Trecento cinquanta Padri vi accorsero. Irene li arringò, e il Concilio condannò gl'iconoclasti. Ma Carlomagno gli oppose un sinodo di trecento vescovi, riuniti a Francoforte (794), e, più tardi, Luigi il Buono una seconda assemblea, che decise tutto il contrario, e proscrisse gl'iconolatri.
Un Concilio, indetto da Leone Armeno, non solo proibì le immagini, ma ordinò di bruciarle. Parigi ebbe nello stesso senso un Concilio nell'824. Si dovette cedere. Il papa Anastasio, sempre infallibile come i Concilii, fece, spezzare le statue e raschiare le pitture di San Pietro.
Nondimeno la controversia non s'acquetò; e fu soltanto più tardi, in un Concilio convocato dall'imperatrice Teodora a Costantinopoli nell'842, che, dopo una lotta di centodieci anni, il culto delle immagini fu definitivamente riconosciuto.
Così le belle arti devono a due donne, Irene e Teodora, la conservazione di questo campo glorioso de'loro trionfi—e noi non ce ne lagniamo.