Rimatori siculo-toscani del dugento. Serie prima - Pistoiesi-Lucchesi-Pisani. Anonymous

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che pur bramo

       d'incarnare infra l'amore: 45

       sto ne' ramo

       piú ch'Adamo

       per lo pome de l'erore.

       Né non dico,

       né disdico, 50

       né non faccio dimostranza

       né amico,

       né nemico

       per la mia dolze speranza.

       S'eo la sguardo, 55

       'ncendo ed ardo,

       tanto temo no le spiaccia;

       sí ne 'mbardo

       ca tuto ardo,

       par che tuto mi disfaccia. 60

       Muovi, dansa,

       per amansa

       di quella gentil donzella:

       di' che cansa

       la speransa, 65

       se da me piú si rubella;

       ché mi tiene

       'n tante pene

       ch'io non posso piú durare;

       ma la spene 70

       mi mantiene,

       per ch'io spero di cantare.

       Indice

      I

      Non si vantino le proprie virtú. Dio disperda chi male amministra la giustizia.

      Molto si fa biasmare

       chi loda lo su' afare

       e poi torn' al niente.

       E molto piú disvia

       e cade in gran falenza 5

       chi usa pur folia

       e non ha canoscenza:

       qual om ha piú balía

       piú dé' aver soferenza

       per piacer a la gente. 10

       Molti son che no sanno

       ben dir, né operare:

       sed han buon prescio un anno,

       non è da curuciare;

       ché tutto torna a danno. 15

       Falso prescio durare

       non pora lungamente.

       Qual om è laldatore

       de lo su' fatto stesse

       non ha ben gran valore 20

       né ben ferme prodesse;

       ma l'uom, ch'è di buon cuore,

       tace le su' arditesse

       ed ède piú piacente.

       Valor no sta celato, 25

       né prescio, né prodessa,

       né omo inamorato, né ben grand'alegressa: come 'l fochio lumato, quando la fiam'ha messa, 30 si mossa grandemente. Strugga Dio li noiosi, falsi iscanoscienti, che viven odiosi di que' che son piacenti; 35 dinanzi so' amorosi, dirieto son pungenti, com'aspido serpente. Sieden su per li banchi facendo lor consiglio: 40 dei driti fanno manchi, del nero bianco giglio, e nonde sono istanchi; und'e' mi meraviglio come Dio lo consente. 45 Balata, in cortesia, ad onta de' noiosi, saluta tuttavia, conforta li amorosi: e di' lor ch'ancor fia 50 li lor bon cor gioiosi seranno tostamente.

      II

      Varie e tante son le bellezze della donna sua.

      Donna, vostre belleze,

       ch'avete col bel viso,

       m'hanno sí priso — e messo in disianza,

       che d'altra amanza — giá non agio cura.

       Donna, vostre belleze, 5

       ch'avete col bel viso,

       mi fan d'amor cantare.

       Tante avete adorneze,

       gioco, solazo e riso,

       che siete fior d'amare. 10

       Non si poría trovare

       né donna, né donzella

       tanto bella — che con voi pareggiasse,

       chi lo mondo cercasse — quant'el dura.

       Dura 'l meo core ardore 15

       d'uno foco amoroso,

       che per voi, bella, sento.

       Tanto mi dá sprendore

       vostro viso gioioso,

       che m'adasta il talento. 20

       S'eo languisco e tormento

       tutto in gio' lo mi conto,

       aspettando quel ponto — ch'eo disio

       di ciò ch'io — credo in voi, gentil criatura.

       Maritate e pulzelle 25

       di voi so' 'nnamorate,

       pur guardandovi mente.

       Gigli e rose novelle

       vostro viso aportate

       sí smirato e lucente. 30

       Ed eo similemente

       'nnamorato son di vue

       assai piú che non fue — Tristan d'Isolda:

       meo cor non solda — se non vostr'altura.

      III

      Se il poeta è rimeritato del suo affetto, sará il piú felice tra gli amanti.

      S'eo sono innamorato e duro pene

       secondo che m'avene — sia meritato.

       Se meritato son per bene amare

       o per servir l'amore interamente,

       infra gli amanti giá non avrò pare 5

       d'aver gio' con disio interamente,

       ch'eo sono messo tutto in voler fare

       ciò che pertene a signor bon servente;

       und'eo spero non essere obliato.

       Se m'obliaste giá non fôra degno 10

       voi, cui tant'amo e cui servo m'apello;

       che serviragio voi el cor ve pegno:

       partir non pò da voi, tanto gli è bello.

       E tanto li agradisce il vostro regno

       che mai da voi partire non dé' ello, 15

       non fosse da la morte a voi furato.

       Gioia aspetto da voi e voi la chiero;

       merzé, or non vi piaccia mia finita,

       ch'eo fui, sono e sempre d'esser spero

       vostro servente tanto ch'avrò vita. 20

       E se tardate piú, saciate eo pèro,

       tant'ho nel core affanno, pena e vita:

       non pò, se no da voi, esser sanato.

      IV

      L'innamorata arde d'amore e prega l'amante, se ha intenzione di continuare nella sua fierezza, di volerla piuttosto uccidere.

      Tal è la fiamma e 'l foco

       lá 'nd'eo incendo e coco, — o dolze meo sire,

       che ismarrire — mi fate


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