Tre racconti: Il cane del cieco - Un genio sconosciuto - Galatea. Bersezio Vittorio
benchè più giovane di sei mesi, aveva egli una supremazia per forza, per destrezza, per ardimento; ma ben tosto venne ad accorgersi che fra sè e l'altro ragazzo, intorno a loro, tutto stabiliva una gran differenza. Più assai de' padroni, erano i servi a fargliene sentire siffatta diversità. Pietro era figliuolo d'un ricco, egli era un miserabile. Quell'altro possedeva capitali e terre, egli non aveva nulla; ogni vantaggio al compagno veniva accordato come per un suo diritto, a lui per favore, o, per dire la fatale, amara parola, per carità!
Atanasio affaticò la sua penetrazione infantile per rendersi conto di ciò. La mente ancora debole dell'orfano, fino da que' primi anni, andò ad urtarsi contro quel tremendo problema sociale che da secoli travaglia l'umanità e forse non cesserà di travagliarla fino alla fine dei tempi. Il suo egoismo lo formolava in quel pungente quesito, che è l'ultimo motto d'ogni sommossa di plebe: «Perchè a lui tutto e a me nulla?» Non ci trovava risposta; ricorreva al comodo scioglimento di proclamarla un'ingiustizia, che un giorno o l'altro doveva pur ripararsi: e così fin dagli anni più teneri, non osando manifestar nulla di questi suoi sentimenti, masticando amaramente impossibili e colpevoli aspirazioni e desiderii di cui poi si vergognava, venne accumulando in fondo al cuore una provvista d'invidia inesprimibile.
E intorno a lui tutto gli diceva in pari tempo che il suo segreto sentimento aveva torto ed era una colpa. Non v'era caso, persona o cosa che non gli parlasse della sua fortuna d'essere così trattato da quei ricchi ch'egli invidiava, della riconoscenza ch'egli doveva avere per essi; e ad ogni anno che passava, la sua anima sempre più s'inaspriva e quella riconoscenza sempre più gli veniva di peso.
Pietro frattanto imparò tante cose. Era egli lieto e superbo del suo sapere; la sua intelligenza, rafforzata dallo studio, aveva preso uno slancio inaspettato. Atanasio, che, come di forze fisiche, così d'intelletto era sembrato dapprima ed erasi creduto egli stesso andare innanzi al suo compagno, ora si trovava da questo avanzato e dimolto. Il figliuolo dell'operaio, naturalmente, era stato messo alle officine; gli avevano fatto imparare a leggere, scrivere, far di conti e la sua arte: e si credeva da tutti che ce n'era abbastanza per lui. Ma egli, sempre in conseguenza di quel medesimo sentimento, si diceva che quella era un'ingiustizia, che anch'egli doveva aver diritto al sapere, e si domandava perchè avesse ad esserne privo.
Con tutto ciò, — misteri del cuore umano! — Atanasio, da giovane, amava in realtà i suoi benefattori e Pietro eziandio che era stato compagno della sua infanzia. Da parte di Pietro, quella franca e domestica benevolenza ch'egli aveva con tutti e che lo faceva a tutti così piacevole, verso di Atanasio era poco meno che una fraterna affezione. Inoltre, tanto Pietro, quanto i genitori di lui cansavano accuratamente ogni parola, ogni menomo cenno che potesse adombrare, non dico un rinfacciamento, ma un ricordo dei beneficii usati verso l'orfanello; e questi era poco capace d'apprezzare codesta delicatezza, e, facendo astrazione dalle persone dei suoi principali, era alla condizione delle cose, alla fatale necessità, all'organismo sociale, era al sistema, come s'usa dire, che volgeva tutte le sue maledizioni, tutto l'odio della sua anima sdegnosa.
Lesse con avidità accanita le declamazioni demagogiche di socialisti e comunisti; lesse in segreto, nascondendosi come d'una colpa, con tutto il trasporto che si prova per le cose proibite, e non osò mai con nessuno manifestare pur di sfuggita le sue opinioni, perchè sentiva — e tutti glie lo avrebbero rinfacciato — che predicare il comunismo, la rivoluzione contro i ricchi, l'annientamento del capitale, egli che tutto doveva ai suoi principali, sarebbe stata una ingratitudine; ed egli sentiva pure la gran vergogna di parere macchiato di sì brutta colpa.
Venne però un momento, in cui l'iniqua passione fu presso ad esser superata nell'anima d'Atanasio. E fu allora quando entrò in essa la più mite e generosa passione che possa muovere anima d'uomo: un vero amore.
III.
La fonderia era posta alla falda d'un bel colle boscoso; a mezzo la costa, in uno slargo che parevano fare appositamente i castagni per lasciarle un po' di luogo, brillava al sole una casetta tutta bianca. Aveva stanza colà un'altra beneficenza del signor Frangia.
Taddeo, vecchio militare, si era ritirato dall'esercito dopo la guerra del 1848-49, azzoppito, incapace di lavorare, con moglie ed una figliuola, e per unica ricchezza trecento lire di pensione all'anno. La moglie era buona a poco, la figliuola era ancora piccina, e meno d'una lira al giorno per vivere in tre, anche in un paesello, c'era da mangiare di magro e vestire di stracci.
Il padre di Pietro nominò Taddeo guardiano dei vasti boschi che possedeva su quella montagna, gli diede ad abitare quella casetta bianca, gli regalò un bravo schioppo a due canne, i mobili più indispensabili, il diritto di tirare a qualunque selvaggina trovasse, e quaranta lire al mese. A Taddeo parve toccare il cielo col dito; si stabilì in quel luogo ridente, si diede a percorrere, zoppicando tranquillamente a suo modo, con lo schioppo a tracolla e un bastone in mano per appoggiarvisi, le proprietà del padrone, e si chiamò il signor Guardaboschi. Fece scappare, ingrossando la voce, qualche ladroncello che tagliava rami degli alberi; fingeva di non vedere quando s'incontrava con povere vecchierelle che venivan raccogliendo legna; uccise qualche tordo e qualche lepre, e disse a tutti, che lo volessero o non lo volessero sentire, ch'egli si trovava nel paradiso terrestre senza serpente.
Nè si fermarono a ciò le larghezze del ricco industriale. La figliuola di Taddeo veniva su carina come un amore e belloccia come un fiore di campo; aveva tanta grazietta, tanto brio, tanta ingenua petulanza di modi che vederla, sentirla a chiaccherare e non restarne incantati era cosa difficile.
Il signor Frangia, passando un giorno di là per caso, fu accolto, figuratevi con che dimostrazioni di festa, dalla piccola famiglia beata di quell'asilo e della vita tranquilla che vi conducevano. Il padre di Pietro, commosso, ammirò la pulizia che faceva come dire splendenti tutte le masserizie, l'ordine che rallegrava l'occhio del riguardante, la pace che là si vedeva regnar da per tutto continua ed inviolata: ma sopra ogni cosa ammirò i grandi occhi intelligenti, la faccia birichina, la grazia innata, lo schietto parlare e le argute risposte della Lucietta, che allora poteva avere dieci anni.
“Che cosa le insegnate a questa bambina?” domandò egli tenendole fra due dita le guance.
“Che la vuole che le insegnamo, povera gente ed ignorante come siam noi?” rispose la madre. “Appena se so farle apprendere un po' di maglia e di cucito...”
“La mandiamo a scuola al villaggio;” saltò su il padre; “e vi ha già imparato un tantino a leggere, scrivere, e far di conti...”
“Un tantino!” interruppe la fanciulla quasi offesa e con quella sua cara petulanza. “E' mi sembra che, tutto questo, lo so già fare per benino davvero... Oh giusto! la veda un po' lei e giudichi.”
E lesta, con quelle mosse d'augelletto, che erano in lei così graziose, Lucietta corse a prendere i suoi scartafacci, li venne a squadernare sulle ginocchia del signor Frangia, poi lesse spedita in un libro, poi si mise a recitare colla sua vocina quattro o cinque poesiette che aveva già mandate a memoria, poi a dire tutta d'un fiato la tavola pitagorica.
Il padre di Pietro l'abbracciò con entusiasmo e partissi incantato. Sua moglie, a cui egli contò tutti i miracoli di quella bambina, la volle vedere, e ne venne via più rapita ancora del marito. Conchiusero ambedue d'accordo, che era un peccato lasciare tante buone qualità e meravigliose disposizioni perdersi inutili ed imbozzacchire in mezzo a quei boschi. In breve, decisero che la Lucietta sarebbe andata dalla Maestra direttrice della scuola di quel paese, ed in lezioni particolari vi avrebbe appreso tutto quel più che le si sarebbe potuto insegnare.
Lucietta venne; la maestra sapeva poco, ma la ragazza capiva molto e indovinava assai più. Ebbe alcuni buoni libri per le mani; e passando molto del suo tempo in casa la madre di Pietro, v'imparò assai più che ne' libri, quanto a maniere e ad educazione del cuore e del carattere. L'opera benefica dei signori Frangia fu coronata di splendido successo, perchè la Lucietta diventò la più cara, bene educata, amabile fanciulla che si potesse vedere.
Atanasio da un pezzetto la vedeva