Amelia Calani ed altri scritti. Francesco Domenico Guerrazzi
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Francesco Domenico Guerrazzi
Amelia Calani ed altri scritti
Pubblicato da Good Press, 2020
EAN 4064066070809
Indice
RITRATTO MORALE DI LEOPOLDO II
RACCONTO DI ERODOTO APPLICABILE AI NOSTRI TEMPI
AMELIA CALANI
Ottimamente, secondo la opinione mia, certo filosofo antico rassomigliò la buona memoria della vita passata al profumo che lascia nella casa degli Dei il grano dello incenso arso nel turibolo; e come quanto più dura la soavità del profumo, tanto maggiore si conosce essere stata la eccellenza dell'olibano, così non senza ragione misurano la bontà dei defunti dal desiderio che nei superstiti si conserva di quelli: per la quale cosa, anzichè riuscirmi argomento di pudore giungere tardo a scrivere della Signora Contessa Amelia Calani Carletti, nè meno lode, parendo a me, che questo indugio abbia a ridondare in massima onoranza di lei.
Entrando pertanto senz'altro proemio a favellare della donna egregia, meco stesso delibero di non ricordare i natali illustri, nè gli anni primi del vivere, e di quanta venustà di forme le fosse liberale natura; molto meno dirò (chè sarebbe indiscreto) del padre suo, e quanto scapestrato egli fosse; le angustie domestiche, i giorni pieni di affanno, e l'arcano scomparire di punto in bianco di lui: rifuggirò dal raccontare come la donzella gentile non vivesse, ma logorasse gli anni dentro uno di cotesti ergastoli volontarii, che nome hanno di Conventi, dove dai genitori o spietati, o ignoranti, e spesso amendue, si buttano le care intelligenze, ed i corpi leggiadri; onde quelle corrompendo corrompansi, questi miseramente si guastino; alla rovescia degli Spartani, i quali gettavano nell'Apotete i parti sconci, affinchè crescendo non venisse per essi ad alterarsi la gagliarda leggiadria dei cittadini: tacerò chi prima ella condusse a marito, e quali e quanti da quel connubio a lei ne venissero figliuoli; e come rimasta vedova piegasse l'animo alle seconde nozze con Mario Conte Carletti, ed altri di cotale guisa particolari. In questo proponimento mi hanno fermo due ragioni, che paionmi buone; la prima è, che potrei dirne troppo o troppo poco, e nell'un modo e nell'altro allo scopo del mio discorso non farebbe caso, divisando io tenere proposito della parte che sopravviverà unicamente nei posteri ai funerali della inclita donna; l'altra sta nel considerare come molti scrittori di queste cose così partitamente e con sì bel garbo ragionarono, che a me non avanzerebbe su quel campo nè anche lo infelice mestiere dello spigolatore.
E nè gli affetti levino querimonia in queste carte, ch'essi pure non sono punto nostri, ma estrinseci a noi, ed in balía della fortuna: ad ogni modo, comecchè meritati, in capo ad una generazione o due cessano, chè natura ordinò, che l'uomo senta per sè, non per via di fideicommisso; ed ogni generazione ha il suo cómpito di lacrime pur troppo!
Quello che importa e giova ai posteri, sta nel conoscere le opere dell'ingegno del defunto scrittore: queste durano sempre vive dinanzi alla mente di loro: non supplicano ricordo, bensì lo impongono; non accattano ossequio, ma discrete consigliano, che a spregiarle se ne acquista ignominia. Quindi i futuri venerano ed osservano i dettati degl'ingegni divini, perchè conoscono, che ciò non facendo, oltre alla vergogna, ne avrebbero il danno.
La egregia donna, che da noi si è partita, sacrificò nella primavera dei suoi giorni alle Muse, e non poteva fare a meno, donzella tenera ed italiana, venuta a noi, per dirla con un suo concetto,
« . . . . . . . . . come di stella
Raggio, che scenda tremolando a sera;»
e la poesia insomma altro non è, che un'onda di sangue giovenilmente generoso spinta dal cuore contro il cervello, donde poi si riversa su le carte in mille rivi fantastici, eppure appassionati, discordi, e non pertanto armoniosi, splendidi sempre; ma indi a breve baciata la sua Musa in fronte le disse: — vatti con Dio, i fati avversi dalle donne italiane chiedono ben altro che canto.
E senza ambage interrogò il suo spirito con le solenni domande: Qual è l'ufficio della donna nel mondo? Quali le impongono doveri la famiglia, e la patria? La donna italiana di presente pensa e vive, può, vuole, o sa satisfare a questo suo dovere? Ed ora, per quanto le basterà la vita, irrequieto l'agiterà il pensiero di chiarire questi argomenti: se fie che per colpa di malattia interrompa la indagine, state sicuri, che, rimessa appena, la riassumerà più alacre che mai, nè la cesserà finchè con le forze non le sia venuto meno lo spirito.
Alla recisa ella bandisce: le femmine adesso nulla sono; animali di lusso, e neanche dei primi; arnesi di voluttà, messi su gli altari, o imbrodolati nel pantano, meno per merito o per demerito proprio, che per insana voltabilità dell'uzzolo altrui: e quando anche non la vada così alla trista per loro, la donna o per difetto di educazione o per educazione guasta, o per frivolezza di costume, o per agonía di lusso stupido e corruttore, si mostrerà incapace di consiglio, di alti sensi, e forse di affetti. E sì che le donne nascendo formano la metà del genere umano, e vivendo la superano; imperciocchè, o sia che le passioni, o le cure, o le fatiche logorino più gli uomini, o per qualsivoglia altra causa, eglino vivono meno delle donne assai; onde non avrebbe a parere strano che in parte almanco le cose di questo mondo si governassero da coloro, che oltre alla metà lo popolano. Anzi fa conto, che, o lo consentano o lo contrastino gli uomini, le donne arrivano sempre a reggere non parte, ma la massima parte delle faccende mondiali, ed eziandio di quelle nelle quali non dovrebbero entrare, così porgendo o la necessità, o la superba scioperatezza degli uomini. Al punto