Orlando Furioso. Lodovico Ariosto

Orlando Furioso - Lodovico Ariosto


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      1

      Chi va lontan da la sua patria, vede

      cose, da quel che già credea, lontane;

      che narrandole poi, non se gli crede,

      e stimato bugiardo ne rimane:

      che 'l sciocco vulgo non gli vuol dar fede,

      se non le vede e tocca chiare e piane.

      Per questo io so che l'inesperienza

      farà al mio canto dar poca credenza.

      2

      Poca o molta ch'io ci abbia, non bisogna

      ch'io ponga mente al vulgo sciocco e ignaro.

      A voi so ben che non parrà menzogna,

      che 'l lume del discorso avete chiaro;

      ed a voi soli ogni mio intento agogna

      che 'l frutto sia di mie fatiche caro.

      Io vi lasciai che 'l ponte e la riviera

      vider, che 'n guardia avea Erifilla altiera.

      3

      Quell'era armata del più fin metallo,

      ch'avean di più color gemme distinto:

      rubin vermiglio, crisolito giallo,

      verde smeraldo, con flavo iacinto.

      Era montata, ma non a cavallo;

      invece avea di quello un lupo spinto:

      spinto avea un lupo ove si passa il fiume,

      con ricca sella fuor d'ogni costume.

      4

      Non credo ch'un sì grande Apulia n'abbia:

      egli era grosso ed alto più d'un bue.

      Con fren spumar non gli facea le labbia,

      né so come lo regga a voglie sue.

      La sopravesta di color di sabbia

      su l'arme avea la maledetta lue:

      era, fuor che 'l color, di quella sorte

      ch'i vescovi e i prelati usano in corte.

      5

      Ed avea ne lo scudo e sul cimiero

      una gonfiata e velenosa botta.

      Le donne la mostraro al cavalliero,

      di qua dal ponte per giostrar ridotta,

      e fargli scorno e rompergli il sentiero,

      come ad alcuni usata era talotta.

      Ella a Ruggier, che torni a dietro, grida:

      quel piglia un'asta, e la minaccia e sfida.

      6

      Non men la gigantessa ardita e presta

      sprona il gran lupo e ne l'arcion si serra,

      e pon la lancia a mezzo il corso in resta,

      e fa tremar nel suo venir la terra.

      Ma pur sul prato al fiero incontro resta;

      che sotto l'elmo il buon Ruggier l'afferra,

      e de l'arcion con tal furor la caccia,

      che la riporta indietro oltra sei braccia.

      7

      E già, tratta la spada ch'avea cinta,

      venìa a levarne la testa superba:

      e ben lo potea far, che come estinta

      Erifilla giacea tra' fiori e l'erba.

      Ma le donne gridar: — Basti sia vinta,

      senza pigliarne altra vendetta acerba.

      Ripon, cortese cavallier, la spada;

      passiamo il ponte e seguitian la strada. —

      8

      Alquanto malagevole ed aspretta

      per mezzo un bosco presero la via,

      che oltra che sassosa fosse e stretta,

      quasi su dritta alla collina gìa.

      Ma poi che furo ascesi in su la vetta,

      usciro in spaziosa prateria,

      dove il più bel palazzo e 'l più giocondo

      vider, che mai fosse veduto al mondo.

      9

      La bella Alcina venne un pezzo inante,

      verso Ruggier fuor de le prime porte,

      e lo raccolse in signoril sembiante,

      in mezzo bella ed onorata corte.

      Da tutti gli altri tanto onore e tante

      riverenze fur fatte al guerrier forte,

      che non potrian far più, se tra loro

      fosse Dio sceso dal superno coro.

      10

      Non tanto il bel palazzo era eccellente,

      perché vincesse ogn'altro di ricchezza,

      quanto ch'avea la più piacevol gente

      che fosse al mondo e di più gentilezza.

      Poco era l'un da l'altro differente

      e di fiorita etade e di bellezza:

      sola di tutti Alcina era più bella,

      sì come è bello il sol più d'ogni stella.

      11

      Di persona era tanto ben formata,

      quanto me' finger san pittori industri;

      con bionda chioma lunga ed annodata:

      oro non è che più risplenda e lustri.

      Spargeasi per la guancia delicata

      misto color di rose e di ligustri;

      di terso avorio era la fronte lieta,

      che lo spazio finia con giusta meta.

      12

      Sotto duo negri e sottilissimi archi

      son duo negri occhi, anzi duo chiari soli,

      pietosi a riguardare, a mover parchi;

      intorno cui par ch'Amor scherzi e voli,

      e ch'indi tutta la faretra scarchi

      e che visibilmente i cori involi:

      quindi il naso per mezzo il viso scende,

      che non truova l'invidia ove l'emende.

      13

      Sotto quel sta, quasi fra due vallette,

      la bocca sparsa di natio cinabro;

      quivi due filze son di perle elette,

      che chiude ed apre un bello e dolce labro:

      quindi escon le cortesi parolette

      da render molle ogni cor rozzo e scabro;

      quivi si forma quel suave riso,

      ch'apre a sua posta in terra il paradiso.

      14

      Bianca nieve è il bel collo, e 'l petto latte;

      il collo è tondo, il petto colmo e largo:

      due pome acerbe, e pur d'avorio fatte,

      vengono e van come onda al primo margo,

      quando


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