Il destino. Francesco Domenico Guerrazzi

Il destino - Francesco Domenico Guerrazzi


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      La Fulvia Piccolomini fu bellissima donna, anzi divina, nacque in Siena il 14 marzo 1630 al signore Alessandro, cui bastarono il cuore e i lombi per darle la compagnia nientemeno di quindici fratelli: di diciotto anni ella si maritò con Lelio Griffoli gentiluomo di Siena, e gli portò in dote fiorini 7376, che non furono troppi, ma nè anco sembreranno pochi a cui consideri la compagnia dei predetti quindici fratelli.

       Ho affermato, che la signora Fulvia fu bellissima donna, e questo dissi non già perchè ogni eroina di poema o di racconto deva esser bella, ma sì perchè tale veramente a giudizio di quanti la videro, e scrissero di lei: io vi potrei dichiarare, che i suoi occhi chiamavano quanti amori volavano sopra la città di Siena, dove ce ne volano molti, e se diceste, puta il caso, quanto le rondini di maggio, voi direste niente, imperciocchè per l'aere di Siena si veggano gli amori andare su, giù, per diritto e per traverso, fitti e luminosi come gli atomi dentro i raggi del sole: potrei eziandio accertarvi che l'Amore avendo un dì intinte le ale nel sugo del melogranato ne colorì il sommo delle guancie alla venustissima donna; altre e più cose potrei vergare sopra la carta, che non vi farebbero comprendere un ette della bellezza di lei. Ut pictura poesis; proviamo un po' se la parola possa diventare pennello. La Fulvia era di statura anzichè no vantaggiosa, di spalle lata, di colmo petto, di fianchi e di anche potente; camminava con andatura gagliarda forte premendo del bel piede la terra, e pure agile ad un punto e maestosa: dov'ella si fosse sciolti i lunghi capelli neri avrieno coperto lei ignuda del più denso velo, che mai avesse potuto desiderare il pudore; neri altresì gli occhi, forse troppo lucidi e certo troppo spesso immoti, i quali le partecipavano certa aria di stupidità, che poi di subito sprigionando baleni sotto la stretta dei sopraccigli, neri anch'essi, e folti, l'accusavano di fierezza, e per avventura di crudeltà. Fidia non avrebbe sdegnato torre a modello cotesto naso, che segnava tutta una linea diritta, e pure non rigida con quella della fronte; la pelle candidissima da disgradarne il collo del cigno, e le guancie spruzzate, per così dire, del colore di amaranto: le labbra poi vermiglie, mobilissime, sicchè non parrà strano se affermo, ch'elleno parlavano quanto e più degli occhi. Non sarà stato così, perchè io mi professo servitore devoto di tutti, massime delle donne, ma pareva, che il liquore della voluttà o troppo spesso bevuto, o di qualità troppo ardente, avesse infiammato coteste labbra.

      Nei dì feriali, quando Fulvia passava per le vie il popolo poeta al solo vederla gioiva.... (Pag. 16.)

      Nei dì feriali quando passava per le vie, il popolo poeta al solo vederla gioiva; il calzolaio si affacciava allo sporto con la forma nella mano manca, e con la destra al cappello in atto di cavarselo; il falegname, che segava una tavola sottoposta al suo ginocchio teneva la sega sospesa, e fintantochè la poteva scoprire la seguitava con gli occhi; la vecchia con le dita appiccicate alle labbra dimenticava inumidirsele con la saliva per filare la canapa; dei maggiorenti, chi le faceva di berretta per amore dell'arte, imperciocchè Siena essendo la città dello Amore, questo si meni dietro, o piuttosto lo seguitino le Belle Arti figliuole: non so se questa figliazione sia ortodossa, secondo l'antica mitologia, ma egli è certo, che Amore ha più figli, che altri non pensa. Il Cristianesimo per avventura in Siena non ebbe il coraggio di cacciare via dai luoghi sacri Venere madre di Amore; di chiesa la bandiva, ma accompagnatala in sagrestia quivi la lasciò stare, non si sentendo il coraggio di metterla così ignuda fuori della porta; ed ora ammiriamo la Madre dello Amore nella sagrestia o biblioteca ammirata ella stessa di vedersi circuita da una corona di messali miniati dai Frati Benedetto da Matera e Gabriele Mattei, non però ammirata delle pitture che la circondano, le quali rappresentano i gesti di Enea Silvio Piccolomini dipinti dal Pinturicchio, e da Raffaello di Urbino; perchè questi, e il papa Pio fossero grandi maestri di Amore, come pel primo ne porgono immortale testimonianza i suoi dipinti, pel secondo il suo libro degli Amori di Eurialo e di Lucrezia: i Papi una volta si ricordavano, che gli uomini dalla parte manca del petto portano un cuore.....

      Altri poi salutavano la Fulvia sapendola donna di alto affare, e capace così in patria come a Roma, se lo avesse voluto, di avvantaggiare le faccende loro.

      E nè mancavano di quelli, che le facevano reverenza estimandola quasi appendice del Papa, avvegnachè ella fosse congiunta del pontefice Alessandro VII, che fu un Fabio Chigi; e Siena meritamente salutavasi città papale noverando ella otto Papi, e trentanove Cardinali; onde se alla Fulvia avesse preso il ghiribizzo di alzare tre dita della mano destra distribuendo croci a diritta ed a sinistra, se le sarieno tolte per buone, nè forse l'avrebbero barattate con le genuine papali. Narrasi come Pio VII vedendo certo giovane screpante sghignarlo per via delle benedizioni, che egli impartiva alle moltitudini accorse, gli dicesse: — non disprezzate la benedizione di un vecchio; essa non ha mai fatto male ad alcuno; — la Fulvia a miglior dritto avrebbe potuto dire: — accogliete la benedizione di una donna giovane e bella, essa altro non può, che farvi bene a tutti.

      Siete voi mai andati a Genova? Se sì tornateci, se no fatevici condurre per vedere una donna maravigliosa, anzi divina, anzi un vero paradiso su questa terra. Or come, dovremmo noi lasciare la moglie, e l'ombrello per imprendere il pellegrinaggio alla casa di una femmina sia pure quanto vuolsi famosa? Poffar del mondo! O voi, o i vostri padri recaronsi pure in pellegrinaggio alla casa del Loreto per venerare una Madonna, che, a parte la santità, pare una cafra, potreste dunque portarvi senza contradizione a visitare a Genova una creatura divina.

      Voi la troverete pronta a ricevervi così di notte come di giorno; non mai schiva, sempre cortese in tutto e con tutti, veruno scarta, a quanti sono sorride, toccatela quanto vi piace, si lascia fare; anco se vi attentaste a baciarla non si sdegnerà per questo, purchè adoperiate con discretezza: ella ha marito gagliardo a un punto e geloso, il quale la vigila sempre, ma non si sdegna mai; all'opposto si compiace dello smisurato affetto di cui si accendono gli amatori della sua donna: cioè, a dire la verità, non so se se ne compiaccia, egli è certo che sta fermo: e tutto questo perchè la dama è dipinta, e il suo marito altresì. Dicono, che cotesta dama fosse della famiglia dei Brignole Sale, dicono cotesto dipinto essere stato condotto dal grande pittore Van Dyck, e dicono ancora, che Van Dyck ne fosse innamorato; veramente se dovessi dire la mia, io per me giudico, che se Amore non gli guida, i pennelli non possono dipingere così. — Se la dama poi s'innamorasse del pittore, se con tenero affetto lo compensasse di averla resa immortale, almeno fintantochè i topi, le tarle, e la polvere, con gli altri nemici della immortalità non abbiano distrutto il quadro, io non ve lo saprei dire: la storia è antica, e fosse moderna, non vale il pregio rovistarne gli scartafacci per andarci a pescare di cosiffatte novelle.

      E comecchè dipinta, e solo spirante dalla tela ciò non fece ostacolo d'innamorarsene al buon Revere, che maestrevolmente la descrisse nel capitolo degli Amori a olio nel suo libro: Paesi e Marine. Revere cui natura concesse bella e spigliata la nave dello ingegno, ed egli con l'arte ornò di fregi dorati e di polena, e corredò di elettissime vele e pareva destinata a navigare senza requie su le acque dei nostri mari; ma l'assalsero rabbiosi lo scilocco dei pedanti, e il libeccio degl'invidi, ond'ei per dispetto la spinse a dare in secco dentro l'arena, e quivi stette immobile. Rimetti a galla la tua nave o Revere; che fa a te ciò, che quivi ti bisbiglia? Anco la fama a taluno tocca domare come belva feroce; nè qui tutto è male, perchè se vinci la prova non ti troverai costretto a pararle la mano per ottenere la elemosina dei suoi favori, bensì l'agguanti pei capelli e la costringi a prestarti omaggio; te la strascini schiava dietro al carro,... così mi piace la fama. Rimetti a galla la tua nave, o Revere, e se tornando in porto non ti auguri vedere, come immaginò per sè messere Ludovico Ariosto, aspettarti sul molo plaudenti donne illustri, principi, e letterati magni, tienti lontano dalle sponde, naviga sempre in alto mare, e canta e scrivi per la Patria e per te.

      Gli anni poi non contano; il cuore non invecchia mai, Anacreonte si metteva gli anni intorno al capo per sostituire le foglie della edera che cadevano dalla sua ghirlanda.

      Pari a questa dama, fu la nostra Fulvia, se porge la tradizione il vero; per lo meno doveva arieggiarla, però che i segni corrispondano come goccia d'acqua a goccia; sicchè mentre la donna si aggirava per le anguste vie di Siena la precorreva, la seguiva un'aura vocale, che diceva: divina!


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