Il destino. Francesco Domenico Guerrazzi
di quanti produce l'Arabia profumi, non avrebbe di uguale allegrezza esultato il suo cuore.
Nei dì di festa, o di obbligo di messa i cittadini sapendo com'ella costumasse recarsi al Duomo verso nona si assiepavano davanti la sua porta per vederla uscire, a mo' che si usa in parecchi paesi, nei quali i giovani fanno il serraglio dinanzi alla porta, donde la sposa si reca a marito, sicchè questa è forza, che si riscatti se pure desidera di giungere all'altare. Giusto adesso avevano fatto a quel modo, perchè correva il mercoledì delle ceneri; ed ella, cessato il carnevale delle feste e dei balli ora sta per cominciare il carnevale delle prediche: si spalanca la porta, e si leva il solito sussurro di ammirazione, ed ella graziosa a tutti sorride, e tutti saluta. Dico cosa incredibile, e non di manco vera, e tutto giorno rinnuovata, cioè, che ognuno si reputava da lei singolarmente distinto, ed ella non vedeva mai persona distinta, bensì una congerie, una polenta, per modo di esprimermi, di facciacce umane.
Però se stamane taluno l'avesse considerata a partito avria rinvenuto le sue sembianze sconvolte, e se non brutte, che tali non avrebbero mai potuto essere, almanco sinistre: nè senza ragione, che quello ed il precedente giorno ella aveva provato uziaci, come dicevano Fiorentini di allora. Di fatti nella festa d'ieri con suo piuttosto spavento che maraviglia ella non era stata acclamata regina, lo sciame degli adoratori si era addensato intorno alla Virginia Chigi, sua dolcissima amica, e la Virginia procedeva in mezzo ad essi appunto come la regina in mezzo alle api, contenendoli ovvero letiziandoli maiestate tantum: ma forse la Virginia era più bella di Fulvia? No, mille volte no; anco Fulvia la pensava così: e dunque a che attribuire la subitanea parzialità? Oh! ecco, la Virginia era tuttora zitella, sicchè tra la Fulvia e lei correva la differenza tra un posto preso ed un posto da prendere; la Virginia sorgeva da levante, e Fulvia inchinava all'occidente; non mica potesse chiamarsi vecchia, dacchè allora ella noverasse ventisette anni confessati, ma reali ventinove, che questo caso successe nel 1659, e lei i registri battesimali fanno nata nel 1630, ma vi ha una aura di maggio ed un'aura di settembre entrambe tepide e liete, pure la prima è messaggera di vita, l'altra prima di rinfrescarti la faccia sembra sia passata tra le fronde dei cipressi; splende il sole in primavera ed in autunno, e pure lì ti blandisce come un saluto, qui t'intristisce a guisa di addio. Il suo marito Lelio fastidioso per molesta gelosia alla stregua, che si approssimava alla vecchiezza (che i suoi cinquantanove anni allora ei non doveva andarli a cercare) in cotesta notte le aveva detto parole acerbe, perchè la notò carezzevole oltre l'onesto (egli affermava) e certo oltre il consueto di lei verso i cavalieri; ed era vero, ma non ci entrava malizia; la povera donna aveva raddoppiato le blandizie come il capitano spinge in campo le riserve per vincere la battaglia. — Ultima trafittura fu, che dopo avere aspettato ore ed ore il sarto, che le riportasse una veste di velluto pagonazzo con la quale disegnava comparire alla predica bellissima fra le belle, la mandò ad avvisare, che aveva dovuto lasciarla indietro per finire un vestito di velluto nero per donna Virginia Chigi: e poi per la prima volta quel richiamo della polvere a ricordarsi ch'ella pure era polvere, incominciava a darle un tantino di uggia; anco il vento pungeva, il cielo era grigio, e una pioggierella minuta cacciava il ribrezzo nelle ossa: bastava tanto, e ne avanzava perchè Fulvia in cotesto dì fosse di animo disposta a tirare il collo all'amore se mai le capitava fra le mani, e metterlo in pentola a bollire come un cappone.
Comparsa appena su la porta, ecco il solito serraglio stringerlese alla vita, e i soliti salutari, e le consuete ammirazioni, ed ella a destra ed a sinistra snodando il collo flessibile a guisa di colombo quando vezzeggia, sorrideva a questo, ed a quello: tutti si credevano da lei conosciuti, e particolarmente distinti, ed ella secondo il solito non aveva avvertito veruno; dico male; uno avvertì, e parve gran cosa, che quel giovane da due mesi non mancasse mai alla corona del popolo, che l'aspettava al suo uscire di casa, e del continuo la seguisse per le vie, ai ritrovi, in chiesa, e allora giusto allora per la prima volta gli fissasse gli occhi addosso.
.... e allora, giusto allora, per la prima volta gli fissasse gli occhi addosso (Pag. 23.)
Non vi spazientite, che per me non sono uso tenere i miei lettori su la corda, io vi dirò addirittura chi ei si fosse: era Paride figlio di Belisario Bulgarini giovane gentiluomo sul fiore degli anni; egli non aveva più che un fratello di qualche anno minore a lui, il quale dilettandosi di cacciagioni e delle cure di villa, di rado veniva in città, e mai ci si fermava: ambedue celibi, per cotesti tempi doviziosi: entrambi poi di bel costume, e cortesi; ma a Paris diede la natura uno spirito inquieto, il quale sariasi nudrito negli esercizi della guerra, o in altri consimili, dove lo ingegno si affatica insieme col corpo; ma la stagione correva tanto propizia a cui volesse dare di piglio ad uno aspersorio, quanto contraria a quale inclinasse di trattare spada; tempi da campane non già da tamburi; tempi nei quali quando s'imbatte la storia, deposto lo stile, stira le braccia, e sbadiglia. Ora questa copia di forza fisica rovesciandosi sopra lo intelletto faceva sì che il peso ne sembrasse e fosse veramente soverchio; e per isfogarsi con lo esercizio s'inoltrava dentro il mare magno dei pensamenti senza il filo di Arianna per tornarsene a casa, come senza scopo prestabilito: andava per andare, come quei cani randagi, che si gettano la coda sul groppone e vanno tutto dì aggirandosi attorno senza sapere dove si ricovereranno la notte. Di qui egli diventò fosco sempre e accigliato, pensoso senza pro, e la confusione dello spirito si diffuse sul passo, negli occhi, su le voglie e su tutto: si mostrava ostinato a proseguire una cosa come se quella massimamente desiderasse, ed in sostanza non adoperava così perchè veruna cosa nè desiderasse nè amasse. Fu biondo, fu aitante della persona, ben disposto di membra; di occhio ceruleo, un dì alacre, ora spento come di pesce, che cominci a passare: fastidioso a sè e ad altrui; favellatore scarso, degli altri poco amatore, di sè nulla. Ora a questa anima in isciopero, venuta ventotto anni su senza un perchè, ecco offerirsi di un tratto splendida nella sua bellezza la Fulvia Piccolomini moglie di Lelio Griffoli: davvero in lui l'amore si palesò con un colpo di freccia, che lo traferì da banda a banda; non come quello che messere Francesco canta in rima ferisse lui, di saetta, mentre a madonna non mostrò pur l'arco, sicchè, a suo parere non gli fu onore[1]. Entrato appena in cotesto cuore, l'Amore, giusto secondo la immagine del Parini, crebbe gigante, e squassando ferocemente il turcasso gridò: «valgo, e vo' regnar solo» amori nati a mo' di turbine di neve nelle Alpi; di vortice di arena nel deserto, amori di uracano, essi varrebbero non già a sperdere un cuore ma l'esercito di Cambise, e la grande armata di Filippo II se potessero infuriare su le cose come infuriano su l'uomo.
E fu sventura, che la Fulvia in cotesto giorno, in quell'ora e con la disposizione di animo nella quale si trovava contemplasse Paride, conciossiachè subito sentisse per lui aborrimento, e paura. Al contrario parve a Paride, che ella lo guardasse con amore: credè l'affare fatto: stette sul punto di stramazzare; un bel pezzo barellò, ma poi si diede a correre a correre, che tanto non va presto lo struzzo nel deserto, per arrivare al Duomo prima della donna amata; e vi arrivò: allora si pose accanto la pila dell'acqua benedetta aspettando la Fulvia con un battito di cuore, che parve miracolo se in cotesto punto non isfiancò. La Fulvia giunse, ma non pareva dessa, tanto mostrava sconvolte la sembianza e la persona; senza punto avvertire gli obietti circostanti ella allungò il braccio per immergere la breve mano dove non appariva nodo, nè vena eccedeva, nell'acqua santa, ma improvviso le sorse davanti dall'altro lato della pila Paride che tuffata la mano tremula più che foglia al vento a lei la porse grondante. Rabbrividì la donna, e quasi mirasse o biscia, o scorpione, od altro più odiato animale, con un grido represso scappò via. Paride sentì stringersi ad un punto il cervello, ed il cuore; troppo breve, e troppo intenso il suo inganno, come troppo crudele la verità: spazio non breve di tempo rimase con la mano in alto, all'ultimo si segnò; le stille dell'acqua benedetta gli gocciarono fino agli occhi, e quivi crebbero per le lacrime che al povero uomo proruppero fuori irrefrenate. Preso da vergogna deliberò uscire e non potè; allora brancolando, chè la chiesa era buia a cagione delle tende tirate alle finestre, e di quella più grande stesa sopra il pulpito come costumasi quando entra la predica, si trasse fino la terza colonna della navata a mano manca, e quivi si rimase rannicchiato: adagio adagio egli riprese balìa, e gli occhi suoi assuefacendosi al buio incominciò a frugare dove si fosse nascosta la creatura nemica; per quanto rovistasse da ogni parte, e più volte si rifacesse alla ricerca, non la seppe rinvenire: ella era sparita: tuttavia non gli riuscendo darsi pace mentre stava per gittarsi al disperato, ecco lì, proprio