Poesie scelte. Silvio Pellico
FINE DELL'INDICE.
AL LETTORE.
Amore sotto le più nobili forme ne' gaudi, amore e rassegnazione ne' mali sono anima al vivere di Pellico, sono l'espressione de' suoi versi; chè in essi l'anima di lui tutta è diffusa. In questo giudizio speriamo verran coloro che leggeranno le seguenti poesie, le quali abbiam scelte, toltone la Francesca, dalle molte pubblicate dall'autore dopo la sua liberazione dallo Spielberg.
Inclinando alquanto col secolo fummo parchi nel dare di quelle rime del nostro autore in cui egli trascorre alla contemplazione delle cose divine. Un libro ascetico o quasi ascetico sarebbe letto da pochi, forse da nessuno di coloro che ne abbisognano, e resterebbe quindi senza frutto. L'armi spirituali lampeggino sole nelle sacre bigonce, ma ne' libri di amena letteratura portino miste agli umani diletti le salutari punture.
A. Ronna.
FRANCESCA
DA RIMINI
TRAGEDIA.
Noi leggevamo un giorno per diletto,
Di Lancillotto come amor lo strinse,
Soli eravamo e senza alcun sospetto.
Per più fiate gli occhi ci sospinse
Quella lettura e scolorocci il viso.
Ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disïato riso,
Esser baciato da cotanto amante,
Questi, che mai da me non fia diviso,
La bocca mi baciò tutto tremante.
PERSONAGGI.
LANCIOTTO, signor di Rimini.
PAOLO, suo fratello.
GUIDO, signore di Ravenna.
FRANCESCA, sua figlia e moglie di Lanciotto.
Un Paggio.
Guardie.
La scena è in Rimini nel palazzo signorile.
FRANCESCA DA RIMINI.
ATTO PRIMO.
SCENA PRIMA.
Esce LANCIOTTO dalle sue stanze per andare all'incontro di GUIDO, il quale giunge. Si abbracciano affettuosamente.
GUIDO.
Vedermi dunque ella chiedea? Ravenna
Tosto lasciai; men della figlia caro
Sariami il trono della terra.
LANCIOTTO.
Oh Guido!
Come diverso tu rivedi questo
Palagio mio dal dì che sposo io fui!
Di Rimini le vie più non son liete
Di canti e danze; più non odi alcuno
Che di me dica: Non v'ha rege al mondo
Felice al pari di Lanciotto. Invidia
Avean di me tutti d'Italia i prenci:
Or degno son di lor pietà. Francesca
Soavemente commoveva a un tempo
Colla bellezza i cuori, e con quel tenue
Vel di malinconia che più celeste
Fea il suo sembiante. L'apponeva ognuno
All'abbandono delle patrie case
E al pudor di santissima fanciulla,
Che ad imene ed al trono ed agli applausi
Ritrosa ha l'alma.—Il tempo ir diradando
Parve alfin quel dolor. Meno dimessi
Gli occhi Francesca al suo sposo volgea;
Più non cercava ognor d'esser solinga;
Pietosa cura in lei nascea d'udire
Degl'infelici le querele, e spesso
Me le recava; e mi diceva.... Io t'amo.
Perchè sei giusto e con clemenza regni.
GUIDO.
Mi sforzi al pianto.—Pargoletta, ell'era
Tutta sorriso, tutta gioja, ai fiori
Parea in mezzo volar nel più felice
Sentiero della vita; il suo vivace
Sguardo in chi la mirava, infondea tutto
Il gajo spirto de' suoi giovani anni.
Chi presagir potealo? Ecco ad un tratto
Di tanta gioja estinto il raggio, estinto
Al primo assalto del dolor! La guerra,
Ahimè, un fratel teneramente amato
Rapiale!... Oh infausta rimembranza!.. Il cielo
Con preghiere continue ella stancava
Pel guerreggiante suo caro fratello...
LANCIOTTO.
Inconsolabil del fratel perduto
Vive, e n'abborre l'uccisor; quell'alma
Sì pia, sì dolce, mortalmente abborre!
Invan le dico: I nostri padri guerra
Moveansi; Paolo, il fratel mio, t'uccise
Un fratello, ma in guerra; assai dorragli
L'averlo ucciso; egli ha leggiadri, umani,
Di generoso cavaliero i sensi.
Di Paolo il nome la conturba. Io gemo
Però che sento del fratel lontano
Tenero amore. Avviso ebbi ch'ei riede
In patria, il core men balzò di gioja;
Alla mia sposa supplicando il dissi,
Onde