La mia Pasta Madre. Vea Carpi

La mia Pasta Madre - Vea Carpi


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Infornate immediatamente. Cuocete a 240 gradi per i primi 20 minuti, poi abbassate a 200 gradi e cuocete per altri 30 minuti (o comunque fino a completa cottura).

      Anche in questo caso, devo avvertirvi che temperature e tempistiche della cottura variano molto da forno a forno. E anche in questo caso, solo l’esperienza può insegnarvi come si comporta il vostro forno. Partite dalle mie indicazioni, ma poi aggiustatele in base a quello che avete a disposizione in casa.

       La tabella dei tempi

      Per facilitarvi un po’ le cose, vi riassumo le tempistiche, suggerendovi anche una scansione oraria delle lavorazioni.

       ore 08:30

      rinfresco

       ore 20:30

      lievitino

       ore 07:30

      primo impasto e autolisi

       ore 08:00

      aggiunta sale e “stira&piega”

       ore 17:30

      messa in forma e seconda lievitazione

       ore 20:30

      cottura (oppure in frigo e cottura al mattino successivo)

      Ovviamente la tabella oraria non deve essere rigida come quella che vi propongo. Ma in ogni caso cercate di rispettare queste tempistiche ed evitate lievitazioni troppo lunghe a temperatura ambiente: il risultato sarebbe un pane acido e molto denso.

      Il conteggio del tempo totale riportato all’inizio di ciascuna ricetta è comprensivo di tutte le ore necessarie alla sua realizzazione – quelle del procedimento in sé, quelle dei tempi di lievitazione e di cottura – ed è per forza di cose solo indicativo perché i tempi di lievitazione e di cottura possono variare a seconda di fattori come la temperatura, l’umidità e così via.

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      Il nutrimento

      La mia storia, la storia della mia famiglia, come viviamo oggi: tutto questo è intimamente connesso con il cibo, con il pane, soprattutto. Sembra assurdo, forse esagerato. Ma è proprio così.

      Fare il pane, cominciando a utilizzare la pasta madre, è stato il mio primo vero passo verso una nuova vita, verso il Cibo, quello vero. Il Cibo che nutre e che connette le persone, fra di loro e con la Natura. Il cibo della comunità, della famiglia, della casa.

      Fare il pane per la mia famiglia è stato il mio primo vero gesto “rivoluzionario”: era qualcosa che mai avrei pensato di riuscire a fare. Avevo capito quanto la Natura ormai era entrata nelle nostre vite, nella nostra quotidianità. Ma non volevo esser solo “passiva” nel mio rapporto con lei. E il bisogno di ripensare il nostro cibo è nato quasi spontaneamente. Non avrei mai immaginato quanto piacere, quanta soddisfazione mi avrebbe dato portare in tavola un pane fatto da me. Da quella prima volta, non ho mai smesso. Non ci riuscirei neanche se volessi. Il pane non è un cibo qualunque, il pane simboleggia la Vita, la comunione con gli elementi, con la Terra, l’Aria, l’Acqua e il Fuoco. È uno dei primi esempi di trasformazione del cibo della storia. Ha segnato il passaggio dalla società nomade a quella agricola. Ogni cultura del mondo ha un rito legato al pane.

      Nei miei corsi dico spesso che fare il pane è come curare l’orto: la cosa che davvero conta non è il risultato ma il processo. Chi si appassiona non conta le ore che occupa zappando o impastando, e non lo fa solo per portare in tavola del buon cibo. È un modo per riprendersi quello che ci è stato tolto, per riscoprire capacità che non pensavamo più di avere, è rendersi indipendenti (almeno un po’) dalla dittatura consumista.

      È stato proprio cominciare a fare il pane a farmi capire che volevo una vita diversa, e che avrei potuto averla. Ho iniziato a immaginare tutte le altre cose che avrei potuto fare da sola, in cui avrei potuto coinvolgere i miei figli e mio marito. Ho cominciato ad avere davvero fiducia nelle mie capacità: “Se riesco a fare un buon pane, allora posso fare qualunque cosa!”. Credo davvero che accanto alla “garden therapy” potrebbe nascere una “bread therapy”: fare il pane come “cura”, come iniezione di fiducia, come rafforzamento della propria autostima. Con me ha funzionato alla grande.

      E allora ho fatto un salto nel buio: ho mollato il lavoro in ufficio, mi sono messa un paio di scarponi da lavoro e ho cominciato a curare un piccolo orto. Il piccolo orto oggi è diventato un maso di montagna (non mi piace parlare di “azienda agricola”), con le sue galline, le pecore, i campi e i prati. È tutto piccolo, ma sufficiente per nutrire noi e gli ospiti del nostro mini agriturismo.

      Non so se tutto questo sarebbe avvenuto se non avessi iniziato a fare il pane.

      Gli utensili

      Durante la prima lezione del corso di feltro alla Winterschule in Val d’Ultimo la mia insegnante (ora amica e co-autrice di questo libro) Irene Hager ci disse una cosa che mi è rimasta molto impressa: il feltro è una bellissima arte da imparare, anche perché non c’è bisogno di comprare grandi attrezzature. Di fatto si può fare con quello che già abbiamo in casa.

      Vorrei applicare la stessa filosofia alla panificazione.

      In questo capitolo vi elenco alcuni utensili necessari per fare il pane e altri non strettamente necessari, ma interessanti. Sono certa che avete già in cucina la maggior parte di ciò che vi serve.

Spatola di metallo Utensile fondamentale per raccogliere l’impasto, per grattare il ripiano di legno se l’impasto si appiccica e per lavorare gli impasti particolarmente morbidi. image
Leccapentole di silicone È perfetto per rimuovere agilmente l’impasto dalle ciotole di lievitazione. Consiglio di averne a disposizione uno rigido e uno più flessibile. image
Cestini da lievitazione Sono dei cestini in vimini rivestiti di tessuto in lino o cotone grezzo. Sono davvero ottimi per l’ultima lievitazione, quella prima di infornare. Fanno traspirare l’impasto, ma evitano che si secchi. Vanno infarinati molto bene prima di metterci dentro l’impasto. image
Impastatrice planetaria Non è strettamente necessaria, ma è un valido aiuto, soprattutto se vi volete cimentare con ricette importanti come il panettone o il pandoro. image
Bilancia da cucina Nelle ricette ho indicato le quantità in grammi. Vi consiglio di munirvi di una bilancia da cucina elettronica. Quando prenderete confidenza con le ricette, e soprattutto con la vostra pasta madre, sono certa che procederete spesso a occhio. Ma all’inizio è sempre meglio essere precisi. image
Ciotole in plastica, metallo, vetro Meglio se hanno forma semisferica, sono ottime per impastare e per la prima lievitazione.
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