Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900. vol. I. Elia Augusto

Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900. vol. I - Elia Augusto


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il piccolo drappello e se il Colonnello Sanfront non fosse arrivato in tempo coi suoi squadroni di carabinieri, il Re, che aveva tratto la spada in atto di slanciarsi contro il numeroso nemico, si sarebbe trovato a mal partito.

      Il 6 maggio i Piemontesi con tre divisioni mossero in ricognizione su Verona; la brigata Regina sotto gli ordini del generale D'Arvillars si avanzava sulla strada di Sona, incontrava il nemico e impegnava un assai vivo combattimento, che ebbe esito fortunato per i nostri perchè il nemico si ritirava sotto le mura di Verona; però durante il combattimento la brigata Aosta, per seguire il Re, sempre primo ai rischi, avendo accelerato il passo si trovò sola di fronte alla nemica e formidabile posizione di S. Lucia, seguita a grandissima distanza dalla brigata Guardie.

      Gli Austriaci occupavano il Campanile e le case, e, del Cimitero cinto di mura munite di feritoie, ne avevano formato una vera fortezza, e un fuoco micidiale colpiva i nostri; il valoroso generale Sommariva secondando l'ardore del Re e dei suoi soldati assale energicamente il villaggio; il generale Bava fa piazzare in buona posizione l'artiglieria, la quale apre vivo fuoco contro il campanile, le case e il Cimitero; sotto le mura del villaggio si accende un aspro conflitto nel quale trova morte il prode colonnello Caccia del 5o reggimento; a fianco del generale Sommariva cadeva mortalmente ferito il tenente Beston Balbis suo aiutante, il colonnello Manassero del 6o reggimento era gravemente ferito ed a lui vicino moriva il tenente Gandolfo di lui aiutante e tanti e tanti altri; ma i valorosi Valdostani non si arrestano; chè anzi il desiderio di vendicare i caduti li spingeva a più fiera lotta. Giungeva finalmente la brigata Guardie, che al fragore del cannone aveva accelerato la sua corsa; e allora il Generale Bava valendosi del sopraggiunto rinforzo si pone alla testa di questo, slancia le sue brave truppe sul merlato muro, e queste sprezzando il pericolo, animate dalla presenza dei condottieri, superano tutte le difficoltà, s'impadroniscono del baluardo seminando morti e facendo prigionieri.

      Dopo il combattimento di S. Lucia, tanto glorioso per le armi Piemontesi, essendo giunto il parco da Alessandria, il Re ordinava che si cingesse d'assedio Peschiera. La direzione dell'assedio fu affidata al Duca di Genova, il quale aveva sotto i suoi ordini il generale Chiodo del Genio e il generale Rossi dell'artiglieria; ai lavori d'assedio e a cingere la piazza furono destinate le brigate Piemonte e Pinerolo con Federici generale di divisione, Bes e Manno brigadieri.

      Il giorno 19 aprile le truppe Romane di linea e volontari, alle quali eransi uniti il battaglione volontari di Ancona ed altri delle Marche, la Legione Romagnola di Ferrara, passavano il Po, e si mettevano in marcia verso Montebelluno. Il generale Durando Comandante in capo di queste truppe colla prima divisione trovavasi già ad Ostiglia.

      Il 25 d'aprile nei dintorni di Schio ebbe luogo un combattimento fra le nostre truppe e un corpo di Austriaci che durò per quattro ore; l'attacco fu vivo, ma i bravi nostri giovani volontari seppero così bene resistere alle prime prove del fuoco da costringere il nemico a ritirarsi con perdite non lievi.

      Anche nei giorni seguenti ebbero luogo vari scontri sempre favorevoli alle nostre armi.

      Il giorno 8 maggio il generale Ferrari, che aveva concentrato le sue forze di volontari e regolari a Montebelluno, ebbe avviso dai suoi posti avanzati dell'avvicinarsi del nemico.

      Il generale, lasciata una parte delle truppe a guardare il paese, mosse col resto delle sue forze per la via di Cornuda, ove giunto alle ore 5 pom. fece prendere ai suoi posizione sulle colline circostanti, mentre mandava grosse pattuglie a perlustrare sulla strada dalla quale si attendeva il nemico. Poco prima del tramonto la compagnia dei bersaglieri del Po, che stava appostata sulla collina di destra, incominciava il fuoco contro l'avanguardia nemica che di poco precedeva il grosso delle truppe, per cui ben presto il fuoco fu acceso su tutta la linea; questo durava da un'ora circa e cessava da parte del nemico che suonò a raccolta. Era certo che questo aveva voluto limitare la sua azione ad una ricognizione, e sicuro che l'indomani sarebbe stato attaccato da forze superiori il generale Ferrari dispose di ritirarsi dalle posizioni avanzate che occupava colle sue giovani truppe e di disporre una nuova linea di avamposti al di là di Cornuda. Mandava subito avviso al Durando, che si trovava colla sua divisione nella vicina Bassano, della presenza del nemico, affinchè come generale in capo avesse prese le sue disposizioni.

      Alle 5 di mattino del 9 maggio il nemico si mosse all'assalto delle posizioni occupate dai nostri i quali sostennero l'urto senza cedere un palmo di terreno, mantenendo un fuoco assai ben nutrito fino alle 4 pomeridiane in attesa dell'arrivo del Durando.

      Intanto il nemico ingrossava sempre più tanto che a sera la truppa del Ferrari si trovava ad avere di fronte l'intera divisione del Nugent che occupava con nuovi battaglioni tutte le posizioni di fronte con spiegamento di altri battaglioni a destra e a sinistra tendenti all'avviluppamento dei nostri; intendimento che non sfuggì al Ferrari, il quale ordinava alle sue truppe un movimento di ritirata e di concentramento più indietro di Cornuda per proseguire poi per Montebelluno onde congiungersi colle truppe che vi aveva lasciato di presidio. Giunto a Montebelluno ordinava la partenza per Treviso dandone avviso al generale Durando.

      Nel combattimento del 9 si distinsero il marchese Patrizi comandante la 2a Sezione composta di perugini e di marchigiani che si comportarono da eroi; combatterono da prodi veterani i bersaglieri romani comandati dal Tittoni ed il 1o battaglione della 3a sezione composta di romagnoli; ebbe il cavallo ucciso e riportò ferita il maggiore Diamilla-Muller aiutante di campo del generale Ferrari mentre conduceva al fuoco due compagnie.

      Il mancato appoggio del Durando fu inesplicabile.

      Alle pressanti premure del generale Ferrari egli rispondeva così:

Crespano, 9 maggio 48.

      Generale,

      "Vengo correndo".

"Durando"

      Ma non si vide!

      Il generale Ferrari presa posizione a Treviso ordinava una ricognizione – volle dirigerlo di persona il generale Guidotti il quale spintosi avanti alla testa dei suoi, ebbe trapassato il cuore da una palla tedesca.

      Verso mezzogiorno si ebbe notizia che il nemico in forti masse si avvicinava a gran passi da tre parti su Treviso. Il bravo generale Ferrari si spinse con una forte ricognizione verso il Piave. Venuto a contatto col nemico ingaggiava il combattimento di tiragliori, facendo piazzare intanto la debole sua artiglieria. Al contrattacco del nemico, che aveva spiegato forze imponenti, e al fuoco delle sue artiglierie che fulminavano, la colonna avanzata composta di truppe di linea non resse, balenò prima, poi, presa da panico, si sbandava abbandonando al nemico un cannone e non arrestandosi che a Treviso. Non giovò l'intrepido e valoroso esempio del generale di fronte al fuoco: fu vana la voce degli ufficiali che tentarono di richiamarli al dovere e di fare argine alla fuga; nulla valse e la rotta, di quella truppa fu completa. I volontari marchigiani, romagnoli, umbri, romani rimasero al loro posto ma non poterono riparare al disastro: questi si misero sotto gli ordini del colonnello Galletti e del Sante per riannodarsi alle truppe del generale in capo Durando, avendo il generale Ferrari abbandonato il comando, offeso della condotta del Durando che gli aveva fatto mancare il promessogli soccorso.

      Nei combattimenti di Cornuda e di Treviso, sostenuti con valore dalle forze di linea e di volontari comandate dal generale Ferrari si distinsero:

      Patrizi Filippo, Galletti Bartolomeo, Diamilla-Muller Demetrio, Stefanoni Carlo, Ruspoli Bartolomeo, Tittoni Angelo, Pianciani Luigi, Del Grande Natale, Montecchi Mattia, Gariboldi Alessandro, Ceccarini Luigi, De Angelis Pietro, Federici Romolo, Savini Francesco, Gazzani Adriano, Silli Giuseppe, Chiavarelli Antonio.

      Il generale Durando col grosso dei suoi si trovava a Padova con posti avanzati a Vicenza.

      Il 20 maggio gli Austriaci, forti di 6000 uomini oltre l'artiglieria, assalivano i posti avanzati di Vicenza sviluppando la loro azione di artiglieria e di ben nutrito fuoco di fucileria contro le barricate di Porta S. Lucia, di Porta Padova e di Porta S. Bartolo, ma dopo 4 ore di combattimento il nemico fu da ogni parte brillantemente respinto.

      In questo combattimento, sostenuto con molto valore, i nostri ebbero a soffrire non poche perdite e lo stesso generale Antonini vi rimase gravemente ferito.

      Il giorno 23 gli Austriaci con maggiori forze ritornarono ad assalire Vicenza; il combattimento durò accanito tutto il giorno e fu ripreso la mattina del 24,


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