Istoria civile del Regno di Napoli, v. 4. Giannone Pietro

Istoria civile del Regno di Napoli, v. 4 - Giannone Pietro


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medesima fede, e riputando essergli tutto ciò accaduto da giusto castigo, che gli dava meritamente Iddio, sarebbe da indi innanzi altrimenti vivuto; nè potendo, impedito dal dolore e dalle lagrime, dir più oltre; Riccardo Eletto di Siracusa, uomo di somma dottrina e di maravigliosa eloquenza, manifestò a quelle turbe più apertamente quanto il Re avea detto, e per testimonianza del suo buon volere concedette allora a' Palermitani molti privilegi e franchigie; la qual cosa tanto più fu lor gratissima, quanto che ottenuta in tempo, che men se 'l pensavano.

      Avea intanto il Bonello intesa la novella della liberazion del Re, e se bene simulando il contrario mostrasse al medesimo il suo dispiacere, e che egli non vi avea tenuto parte, ed il Re parimente accomodandosi al tempo, lo dissimulasse; pure l'unione scoverta a Cacabo di molti Baroni insieme con lui, non potè più dissimularsi, poichè il Conte Simone, Tancredi Conte di Lecce, Guglielmo Conte di Lesina, Alessandro Conte di Conversano, Ruggieri Sclavo, e tutti gli altri che avean posto il Re in prigione, si erano uniti a Cacabo con Bonello, ed avean con loro grosso numero di gente armata: il perchè Guglielmo inviò messi al Bonello a dimandare che volea dinotar quell'unione e que' soldati, e se egli non s'era mischiato co' consigli de' congiurati, come poi gli avea albergati nel suo castello: alla qual ambasciata egli rispose, che sarebbe stata gran crudeltà la sua a scacciar tanti Grandi del Regno, ch'erano ricorsi da lui per non esporsi alla sua indignazione, e che non poteva lasciare di dirgli, che se ben esaminasse i fatti suoi si sarebbe maravigliato, come potessero tanti uomini illustri soffrire il giogo di tante leggi gravose, che avea imposte, per opprimere la loro libertà: e fra l'altre, come potessero soffrire vedersi le loro figliuole in tutto il tempo della lor vita rimanere nelle loro case con perpetua virginità, non dando loro il permesso di poterle maritare, se non quando fossero senza speranza di prole, acciocchè i feudi ricadessero a lui: laonde se voleva ch'egli insieme con li congiurati vivessero seco in pace, che togliesse via le tante leggi, che nuovamente avea fatte per opprimere la loro libertà e restituisse le lodevoli costumanze, che furono nel Regno introdotte dagli avoli suoi Ruggiero Conte di Sicilia e dal famoso Roberto Guiscardo, e quelle osservasse, perchè altrimenti essi avrebbero procacciato di fargliele osservare per forza d'armi[44]. Dispiacque al Re sì ardita risposta, facendo loro incontanente significare, ch'egli prima si sarebbe contentato perdere il Reame e la vita appresso, che per tema di loro avesse a far cos'alcuna di quel che chiedevano; ma se deposte le armi, e rimessisi al suo arbitrio, dimandassero cose ragionevoli, egli agevolmente glie le avrebbe accordate. Al che non volendo essi in modo alcuno consentire, s'avviarono armati verso Palermo, ponendo que' cittadini in grandissimo terrore per la tema, ch'aveano non impedissero il venire delle vettovaglie nella città. All'incontro il Re ragunati molti soldati, deluse ogni loro sforzo; pure volendo ad ogni modo racchetar tal rivoltura, inviò di nuovo al Bonello Roberto da S. Giovanni Canonico di Palermo, uomo di chiaro nome e d'incorrotta fede, il quale colla sua efficacia e destrezza, pose il tutto in concordia, perdonando il Re a coloro, e dando loro galee armate, con le quali potessero liberamente uscir fuori del Regno, onde alcuni d'essi, ed il Conte Simone ne girono in Grecia, ed altri oltre mare in Gerusalemme. Ricevè in sua grazia Bonello: perdonò altresì a Ruggiero dell'Aquila Conte d'Avellino, sì per essere assai giovanetto, e per ciò più meritevole di perdono, sì anche per li prieghi, e per le lagrime dell'avola Adelasia consobrina del Re, la quale, non essendole rimasto altro erede di questo Conte, teneramente l'amava; e Riccardo Mandra che lo campò da morte, volle tenerlo presso di se, creandolo Gran Contestabile di Sicilia[45]. Ma non per ciò i mali della Sicilia ebbero fine, poichè Ruggiero Selavo figliuolo del Conte Simone, e Tancredi Conte di Lecce, con molti altri lor partigiani, i quali non aveano voluto concordarsi col Re, cominciarono ad occupare molte terre, ed a far danni gravissimi ne' vicini territori di Siracusa e di Catania. La novella del qual fatto capitata a Palermo, empiè tantosto di nuovo terror la Corte, onde persuaso il Re, che non senza intendimento del Bonello tutti questi travagli accadevano, lo fece porre in prigione; ed ancorchè da prima il Popolo palermitano per tal prigionia tumultuasse, e cercasse di liberarlo; nulladimanco tantosto, come è la natura del volgo varia ed incostante, cominciò a perdersi d'animo, ed a non curar più di lui, temendo l'ira del Re, il quale fatto porre Bonello in una oscurissima prigione sotterra, lo fece da poi abbacinare, e tagliatigli i nervi sopra i talloni, fu condannato a perpetua carcere, ove non guari da poi, piangendo invano la sua sventura, tutto dolente se ne morì. Debellò anche il Re gli altri congiurati, ed in breve rassettò non meno le cose di Palermo, che di tutta quell'isola.

      Ma restava ancora a Guglielmo di sedare le revoluzioni della Puglia mosse per opra d'alcuni Baroni partigiani, che furono dell'ammiraglio Majone, e sopra tutti da Roberto di Bassavilla conte di Loritello, il quale unitosi col Conte Giliberto, e 'l Conte Boemondo, cominciò ad occupare in Puglia molte terre del Re sino ad Oriolo, castello posto tra i confini di Puglia e di Calabria. Passò poi in terra di Lavoro, dove tentò d'occupar Salerno; ma non essendogli riuscito il suo disegno passò a Benevento, che tantosto se gli diede; ed indi ritornato in Puglia prese Taranto. Travagliavasi parimente in Calabria, ove tutti i più potenti Baroni erano aperti nemici del Re, ed aderivano al Conte Roberto, fra quali Clemenzia Contessa di Catanzaro avea afforzato Taverna di grosso presidio per far contro l'armi del Re lunga e gagliarda difesa. Ma intendendo Guglielmo tutte le province del Regno di Puglia in tale stato esser ridotte, pensò non altrimenti poter racchetare queste turbolenze, che unendo numerosa armata di presente in persona passarvi, e porsi alla testa di quella: e prima del suo partire, per torsi dinanzi un grande ostacolo, fece venir a se, sotto altro pretesto, Ruggiero Sanseverino detto di Martorano Barone di molta stima in Calabria, il quale egli tenea per suo fiero inimico, per aver grandemente aderito al Bonello ne' passati tumulti, e senza altra pruova di fellonia il fece prestamente porre in prigione e cecare.

      Passò intanto Guglielmo in Calabria, e assediò strettamente Taverna per tutti i lati, e benchè la Contessa Clemenzia con sua madre e con Alferio e Tommaso suoi zii, si difendessero insieme co' terrazzani valorosamente: e' pure finalmente la prese a forza e distrusse, ed essendo venute in suo potere la Contessa e sua madre, le mandò prigioniere a Palermo, ove fece di presente impiccar per la gola Tommaso ed Alferio. Il Conte Roberto risaputa la presura di Taverna, se n'andò tantosto in Taranto, e confortati quei cittadini alla difesa, e munitigli di nuovo presidio, passò prestamente in Apruzzi per dilungarsi dalle forze di Guglielmo. Ma questi gitone immantenente in Taranto, s'impadronì prestamente di quella città, e fece impiccar per la gola alcuni soldati del Conte Roberto, che colà ritrovò. Ricuperò poi con la medesima agevolezza, con la quale perduti gli avea, tutti i luoghi di Puglia e di Campagna. Intendendo poi, che Roberto di Bassavilla se n'era con parte di sua gente andato in Apruzzi, inviò incontanente con grosso stuolo d'armati Riccardo di Soria per farlo prigione; ma il Conte avendolo penetrato, uscì dal Regno, e se ne andò in Alemagna a ritrovare l'Imperador Federico. Gli altri Baroni vedendo le continue vittorie del Re, si fuggirono tantosto via, alcuni in Romagna ed altri in Apruzzi. Salvossi anche con la fuga Ruggieri dell'Aquila Conte d'Avellino, il quale benchè gli avesse in prima perdonato il Re, temea al presente di lui per un nuovo errore, che commesso avea, essendosi senza sua licenza ammogliato con la sorella di Guglielmo da Sanseverino, il quale anche egli per paura dello sdegno del Re fuggì via per tal cagione. Andò dopo questo il Re alla città di Salerno, che afflisse grandemente, riscotendo da' Salernitani grosse somme di moneta; e quindi imbarcatosi su le galee, in Palermo fece ritorno. Così Guglielmo avendo col suo rigore racchetati i suoi Stati, stanco de' passati travagli, si diede poscia a più tranquilla e riposata vita: ed avendo data la cura del Governo del suo Regno a Matteo Notajo di Salerno, e ad Errico Vescovo di Siracusa, inglese, tra gli agi ed ozio, nel Palagio tutto intento a' piaceri si nascose, senza volere udire più nulla degli affari del Regno.

      CAPITOLO IV

      Papa Alessandro III riconosciuto da tutti per vero Pontefice, morto l'Antipapa Vittore, ritorna in Roma; ed il Re Guglielmo, dopo aver sedati nuovi tumulti accaduti nel suo palazzo, se ne muore in Palermo l'anno 1166

      Intanto mentre questi avvenimenti accaddero nelli Regni di Sicilia e di Puglia, altri assai più notabili avvennero in Francia ed in Italia fra il Pontefice Alessandro, e l'Imperador Federico; poichè Alessandro, dopo esser dimorato in Alagna, passò a Genova, ed indi imbarcatosi se ne andò in Provenza: la di cui partita intesa dall'Antipapa Vittore, che dimorava a Segna, fu cagione, che se ne passasse prestamente in Lombardia a


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<p>44</p>

. Ugo Falc. Ut his, aliisque perniciosis legibus antiquatis, eas restituat Consuetudines, quas avus ejus Rogerius Comes a Roberto Guiscardo prius introductas, observari praeceperit.

<p>45</p>

. Ugo Falc. Panormi retinens militibus suis Comestabulum praefecit.