Istoria civile del Regno di Napoli, v. 7. Giannone Pietro

Istoria civile del Regno di Napoli, v. 7 - Giannone Pietro


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e perchè maggiormente non gli angustiasse, gl'insinuarono che lasciata l'impresa dell'isola di Rodi, dove stava allora impegnato Maometto per toglierla a' Cavalieri gerosolimitani, verso la Puglia nel Regno di Napoli drizzasse la sua armata; poichè in vece di un'isola avrebbe acquistato un floridissimo e vastissimo Regno73. Angelo di Costanzo rapporta, che Lorenzo de' Medici per mezzo d'alcuni mercatanti che negoziavano ne' paesi del Turco, invitasse Maometto che venisse nel Regno. E può esser vero l'uno e l'altro, che non meno i Vinegiani, che i Fiorentini, nemici allora di Ferdinando, l'avessero stimolato.

      Dimostrarono a Maometto, come l'alterigia ed ambizione d'Alfonso era, se non al presente, nel tempo a venire per dover nuocere non meno ad esso che a loro; anzi molto più a lui, essendo l'impresa più giusta rispetto alla religione, più agevole per lo poco tratto del mare Jonio, che divide ambi i loro Regni, e più favorita da' Principi cristiani. Maometto ancora per diverse cagioni era contra il Re Ferdinando oltramodo sdegnato, e vie più d'ogni altra cosa per aver porto quella State medesima soccorso a Rodi, ch'egli indarno avea oppugnato; sicchè non fu difficile a Fiorentini disporlo all'impresa74.

      Lasciata adunque Maometto l'impresa di Rodi, nel 1480 navigò sino alla Velona, da dove mandò Acubat suo Bassà per questa spedizione, il quale nella fine di giugno di quell'anno giunse in Puglia con un'armata poderosissima, e posti a terra, oltre della fanteria, cinquemila cavalli di gente bellicosissima, cinse di stretto assedio la città d'Otranto. In questa città non vi eran di guarnigione che mille combattenti, ed altri 500 ne avea portati allora da Napoli Francesco Zurolo. I cittadini più che i soldati fecero valorosa difesa, ma contro sì potente e numeroso esercito nulla valse la loro costanza. In men di un mese fu presa la città per assalto, dove entrati furiosamente quei Barbari non vi fu crudeltà che non praticassero: incendj, ruberie, morti, violazion di vergini e quanta immanità usarono nella presa di Costantinopoli, altrettanta in Otranto vi fu praticata. Molti cittadini furon fatti passare a fil di spada, come si fece in Costantinopoli, ma con sorte disuguale; poichè l'ossa di coloro rimasero per sempre in suol nemico esposte alla pioggia e mosse dal vento, nè furon curati; ma le ossa di questi d'Otranto, scacciati dopo un anno i Turchi, e tornata sotto la dominazione di Ferdinando, furono a gara onorate non meno da' paesani, che da Papa Sisto e dal Duca di Calabria Alfonso.

      Presa questa città, avendo Maometto richiamato a se Acmet, questi, ubbidendo al suo Signore, lasciò in suo luogo Ariadeno Baglivo di Negroponte con settemila Turchi e 500 cavalli, ed egli con dodici galee, con la preda fatta nel sacco di quella città, s'avviò per Costantinopoli. Ariadeno volendo proseguire le conquiste pensava d'occupar Brindisi e porre l'assedio ad altre città, tanto che si vide il Regno in grandissimo pericolo di perdersi.

      Ferdinando, vedendosi in tali angustie, scrisse a quasi tutti i Principi d'Europa per soccorso, e mandò subito a chiamar Alfonso da Toscana, perchè lasciata quella impresa venisse tosto a soccorrere il Regno. Il Duca di Calabria abbandonò la guerra di Toscana, e lasciò in pace i Fiorentini, e giunto in Napoli a' 10 di settembre di quest'anno, avendo raccolta un'armata di 80 galee, con alcuni vascelli, ne diede il comando a Galeazzo Caracciolo, il qual giunto coll'armata ne' mari d'Otranto diede molto spavento all'esercito nemico, e poco appresso vi venne il Duca di Calabria accompagnato da gran numero di Baroni napoletani. Il Re d'Ungheria cognato del Duca vi mandò 1700 soldati con 300 cavalli Ungari; ed il Papa v'inviò un Cardinale con 22 galee de' Genovesi: tanto che l'esercito del Duca si pose in istato di fronteggiare con quello de' Turchi, li quali, dopo molte scaramucce, finalmente furon ridotti a ritirarsi dentro Otranto, dove per molto tempo intrepidamente si difesero. Ma la morte opportunamente accaduta a' 3 maggio dell'entrato anno 1481 dell'Imperador Maometto, liberò il Regno da questi travagli: poichè Ariadeno giudicando, che per la morte di Maometto il soccorso che aspettava sarebbe giunto molto tardi, si risolvè a render la Piazza in poter d'Alfonso; ed essendogli stati a' 10 agosto accordati onorati patti, rese la piazza che per un anno era stata sotto la lor dominazione, ed imbarcatosi con le truppe sopra la sua armata, prese il cammino di Costantinopoli.

      Questa opportuna morte non solo diede spavento a' Turchi d'Otranto, ma anche ad un esercito di 25m. uomini che appresso la Velona erano venuti a danno d'Italia, i quali se ne ritornarono tutti addietro. Alfonso lieto di sì buon successo, licenziò i soldati Ungari, e vittorioso ritornò in Napoli, dove trovò il soccorso che gli era venuto da Portogallo e da Spagna, l'uno di 19 caravelle ed una nave, e l'altro di 22 navi, e, regalati i lor Comandanti, gli licenziò tutti. Vi morì in questa guerra il fiore de' Capitani e dei Cavalieri del Regno veterani e famosi, perchè vi morì Matteo di Capua Conte di Palena Capitano vecchio, e per tutta Italia riputato insigne; vi morì Giulio Acquaviva Conte di Conversano, il quale avea avuti i supremi onori della milizia dal Re Ferdinando: morì ancora D. Diego Cavaniglia, Marino Caracciolo ed un gran numero di Cavalieri molto onorati75. Nel sacco che fu fatto da' Turchi in Otranto passarono a fil di spada più di 800 cittadini, l'ossa de' quali fur fatte da Alfonso seppellire con molto onore e religione, e ne portò molti in Napoli, che, come scrive il Galateo76, fece riporre nella chiesa di Santa Maria Maddalena, donde poi furon trasferite nella Chiesa di S. Caterina a Formello, ove ora si adorano come reliquie di Martiri.

      E per non venire a parlar di nuovo de' disegni che han sempre, insino a' dì nostri tenuti i Turchi sopra la conquista di questo Regno, degl'inviti che sono loro stati fatti da' nostri Principi cristiani medesimi, i quali infra di loro guerreggiando, sovente per divertire le armi del nemico, ricorrevano al Turco: dico ora, che mi si presenta l'occasione, che quantunque nel Regno di Ferdinando e de' successori Re aragonesi, non tornassero ad inquietare queste nostre province, non era però che per gli acquisti grandi che nelle vicine parti faceano, da tempo in tempo non ci portassero spavento e timore.

      Morto Maometto II, che per avere acquistati due Imperi e dodici Regni, e preso più di ducento città de' Cristiani, fu gridato I. Imperadore de' Turchi; Bajazet II suo figliuolo che gli succedette nell'Imperio, con non interrotto corso di fortuna, fece altri progressi; poichè nel 1484 prese la Valacchia, e nel 92 occupò i monti Cerauni e tutto il tratto dell'Albania, e si sottomise tutte quelle genti che viveano libere. Quindi molte famiglie, per non vivere in ischiavitù, fuggirono da que' luoghi, e si ricovrarono nelle più vicine parti ed alcune nel nostro Regno. Vi vennero perciò i Castrioti ed i Tocchi che possedevano in quelle province buone Signorie. Vi venner molti Albanesi; ond'è che da nostri Re fur loro assignate varie Terre per luogo d'abitazione e tuttavia ancor vi dimorano. Sottomise poi Bajazet al suo Imperio nel 1499 Modone e Corone città della Morea, e nell'anno seguente tolse a' Vinegiani Mero città. Selim I figliuolo di Bajazet nel 1514 vinse in battaglia Ismaele Re di Persia, e 'l cacciò nelle campagne Calderane. L'anno seguente ruppe e fece prigione il Capitan Generale d'Aladola Re della Cappadocia, a cui mozzò il capo, ed il mandò a' Vinegiani per segno della vittoria. Nel 1516 superò combattendo Campsone Soldano d'Egitto, e messolo in fuga il costrinse a morirsi; nel corso della qual piena e gloriosa victoria, vinto ed impiccato l'altro Soldano, prese il Cairo, soggiogò Alessandria, e fattosi Signore dell'Egitto, acquistò anche Damasco capo e sede del Regno di Soria.

      Solimano II figliuolo di Selim tolse nel 1521 agli Ungheri Belgrado; nel 22 cacciò la religione di S. Giovanni dall'isola di Rodi, ed acquistò all'Imperio suo quell'isola nobilissima. Nel 26 diede di nuovo una terribil rotta agli Ungheri, nella quale restò morto il misero lor Re Lodovico. Nel 29 occupò Buda, e nel 24 tolse il Regno al Re di Tunisi. Nel 37 oltre molti danni fatti a' Vinegiani, a' quali saccheggiò il Zante e Citera, spianò ancora Egina, prese Paro e fece tributaria Nasso. Nel 39 prese Castel Nuovo, ove tagliò a pezzi la miglior milizia che avessero mai avuta gli Spagnuoli. Selim II figliuolo di Solimano, tolse ai Vinegiani il deliziosissimo Regno di Cipro, dopo avere con potentissima armata cercato di soggiogare Malta nuova Residenza de' Cavalieri gerosolimitani. Con tal occasione ne venne a noi la famiglia Paleologa, di cui si legge in Napoli il tumulo nella chiesa di S. Giovanni Maggiore rapportato dall'Engenio77. Amurat III figliuolo di Selim, ancorchè per le continue guerre ch'egli ebbe a sostenere col Persiano, non inquietasse le province cristiane, tennele però in grandissimo timore. Ma i suoi successori Maometto III ed Acmet tolsero a' Vinegiani Candia, gran parte della Dalmazia, la Bosnia, la Schiavonia;


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<p>73</p>

Galat. De situ Japygiae.

<p>74</p>

Camil. Porzio lib 1 loc. cit.

<p>75</p>

Costanzo lib. 20.

<p>76</p>

Ant. Galat. De situ Japyg.

<p>77</p>

Edgen, Nap. Sac. p. 77.