Vivere La Vita. Lionel C

Vivere La Vita - Lionel C


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      Qualche volta, quando molto piccolo, iniziavo a farmi le prime domande, mi chiedevo perché tutti noi li, eravamo cosi fortunati.

      Poter vivere tutte quelle meraviglie.

      Avere tutte quelle ricchezze.

      Crescendo ed avendo le prime risposte dalla vita, il perché mi e sembrato di capirlo.

      Guardandosi attorno, osservando il tutto e vedendo la vita di tutti i giorni, così come si svolgeva, si arrivava quasi alla conclusione che la natura donava gratuitamente tutto ciò, per ammorbidire, per alleviare un po' la vita molto dura delle persone che popolavano quella vallata.

      Quelle persone che se guardate, a prima vista e magari con un po' di superficialità, dicevano forse poco e niente.

      Le stesse persone, osservate con un po' di attenzione ed in profondità, erano l'esempio migliore di come la natura, senza chiedere nulla all'essere umano, ma seguendo soltanto sé stessa e le sue regole perfette, andava, va avanti indisturbata nella creazione della sua opera.

      La vita creata dal essere umano in base alle sue convinzioni ed alle sue regole, aveva avuto come risultato l'indurimento di quelle persone.

      I maschi, gli uomini, quasi tutti lavoravano nella miniera.

      Erano minatori.

      Come lavoro, se non il più duro è di sicuro uno dei più duri che esistono.

      Purtroppo per loro, il tutto diventava ancora più duro perché quelle miniere, erano le più pesanti e pericolose in quella parte del mondo. Ogni giorno quando andavano a lavorare, scendevano a circa settecento metri all'interno della terra, per poter portare a casa il pane per i loro cari.

      Al lavoro finito, qualsiasi essere umano ha, avrebbe avuto bisogno di sfogare in qualche modo le tensioni accumulate, sciogliere un po' il tutto, ma non quei uomini.

      Quei uomini no.

      Non perché non avessero avuto bisogno, oppure non avessero voluto, ma perché la dittatura non lasciava loro questa possibilità.

      Non avevano questo diritto.

      Non potevano parlare mai apertamente delle loro fatiche.

      Delle condizioni disumane in qui lavoravano.

      Delle cose da migliorare.

      Agire in qualche modo, ancora meno.

      Non potevano fare nulla.

      Anche se erano tutti come dei giganti.

      Dei giganti buoni.

      Uomini con dei fisici statuari, scolpiti dalla fatica e dal lavoro duro a tal punto ed in tal modo, che ognuno di loro era degno di fare il modello al più grande maestro per la sua opera migliore, scolpita nel marmo della più alta qualità.

      Non era facile per gli uomini vivere questa condizione di vita e forse, lo era ancora meno per le donne che per la loro natura sono creature diverse.

      Dolci e delicate.

      Erano quasi tutte casalinghe.

      La loro vita si svolgeva dentro casa per tutte le faccende domestiche. Poi, mercato, negozi e tutte le altre cose fuori casa.

      Il progresso tecnico a disposizione, dal lavoro manovale effettivo e dalle fatiche domestiche, non toglieva tanto ed era per loro un gran daffare ogni giorno.

      Come i loro mariti, anche le donne erano di costituzione fisica molto bella ed al primo sguardo, offrivano un piacevole vedere.

      Guardando però con più attenzione, si vedeva che su delle creature dolci e delicate come le donne, quella vita aspra e dura, resa cosi dall’essere umano, lasciava molto di più il segno.

      Colpiva in modo molto particolare e forte, vederle che anche se vivevano in quelle condizioni, quasi estreme, non avevano perso la loro natura di donne. Ancora di più colpiva il modo docile con qui compivano il proprio dovere e con qui riuscivano a trasmettere ai propri figli e figlie tutto.

      La loro docilità.

      La loro dolcezza.

      I loro insegnamenti.

      Erano donne e uomini di fatica.

      Quasi di nient'altro.

      La loro semplicità, naturalezza, genuinità, onesta, sensibilità, senso di solidarietà nei confronti del prossimo e soprattutto, il senso del dovere, faceva rimanere sempre fortemente stupiti a come quelle condizioni estreme create dall'essere umano, abbiano intaccato soltanto la parte esterna.

      La carcassa.

      La materia.

      La natura nel suo cammino tranquillo ed indisturbato, seguendo soltanto le sue regole, ha protetto la parte interna di tutte quelle persone.

      Uomini e donne.

      Donne e uomini.

      Il loro essere nel suo profondo, rendendolo tutti i momenti sempre più delicato, più sensibile e più forte.

      L'apice di questa grande opera d'arte realizzata da "Madre Natura" nel suo più profondo, si vedeva quando verso sera, nei giorni luminosi e caldi di estate, nel loro tempo libero, uomini e donne sedevano insieme sulle panchine d'avanti agli ingressi di tutti i condomini e parlavano tra di loro.

      Parlavano tanto, di nulla.

      Ci si rendeva conto che è cosi, e che forse il motivo della loro presenza lì era un altro, perché si vedeva come ognuno di loro, chi di più e chi ancora di più, seguivano con molta attenzione, tutto l'insieme dello scenario che li circondava.

      Soprattutto il sole.

      Il sole nel suo cammino, mentre scendeva per nascondersi dietro alla montagna.

      Il grande spettacolo che offriva.

      Ci si aveva la certezza di tutto ciò, quando, appena scomparso il sole, il primo uomo, oppure la prima donna che si alzava per salire in casa, in pratica, senza dire nulla, dava il via a tutti quanti nel fare la stessa cosa.

      In pochi attimi le panche erano totalmente vuote.

      Scendeva il silenzio.

      Lo stupendo spettacolo della natura era finito ed è stato un grande privilegio aver potuto partecipare.

      

      

      Vederlo in prima fila.

      I primi ricordi

      Non saprei quando cominciano i primi ricordi del’ essere umano.

      Non lo so quali sono i primi momenti di vita che ogni persona riesce a conservare e ricordare per sempre.

      Forse tutto ciò è una cosa molto personale ed in questo senso, posso dire che i miei ricordi, cominciano molto, molto presto ed è ovvio che tutto succede all'interno della casa dove viveva la mia famiglia: padre, madre e due figli.

      Ero il più piccolo tra i quattro.

      Una casa non grande, ma neanche piccola.

      Giusta per le necessità della nostra famiglia.

      C'era un ingresso, la cucina, il ripostiglio, due camere ed un piccolo disimpegno prima dell'ingresso in bagno.

      Le due camere, avevano la pavimentazione in legno e questo creava un senso di calore e di intimità.

      Di accoglienza famigliare.

      Appena ci si alzavano gli occhi dal caldo pavimento, era impossibile non notare la grandezza delle finestre, e soprattutto la tanta luce che riusciva ad entrare attraverso i loro vetri.

      Erano tutte orientate verso l'est, e di fronte c'era il massiccio montuoso più imponente tra tutti quelli che si trovavano sui quattro lati della


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