Obiettivo Primario. Джек Марс

Obiettivo Primario - Джек Марс


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della mia vita, okay? Non posso camminare. Non camminerà mai più. Non posso…”

      Scosse la testa. “Non posso….”

      Prese a singhiozzare.

      “Non sono stato io,” replicò Luke. La sua voce era fioca e debole, come quella di un bambino.

      “Sì! Sei stato tu! Tu mi hai fatto questo. Era la tua missione. Noi eravamo i tuoi uomini e ora siamo morti. Tutti tranne te.”

      Luke scosse la testa. “No. Era la missione di Heath, io stavo solo…”

      “Bastardo! Noi seguivamo solo gli ordini. Ma tu avresti potuto dire di no.”

      Lui non rispose. Martinez fece un profondo respiro.

      “Ti avevo detto di uccidermi.” Strinse i denti. “Ti avevo detto… di… uccidermi. E ora guarda… guarda questo macello. Stava a te.” Agitò il capo. “Tu avresti potuto farlo. Nessuno lo avrebbe saputo.”

      Luke lo fissò. “Non potevo ucciderti. Sei mio amico.”

      “Non dirlo!” gridò Martinez. “Non sono tuo amico.”

      Voltò la testa per guardare il muro. “Esci dalla mia stanza.”

      “Robby…”

      “Quanti uomini hai ucciso, Stone? Quanti, eh? Un centinaio? Duecento?”

      La voce di Stone era poco più di un sussurrò. Rispose onestamente. “Non lo so. Ho smesso di contarli.”

      “Non potevi ammazzarne un altro come favore? Un favore per un tuo cosiddetto amico?”

      Non replicò. Un’idea del genere non gli era mai venuta in mente. Uccidere un suo uomo? Solo in quel momento si rese conto che era possibile.

      Per un istante, ritornò sulla collina in quella fredda mattina. Vide Martinez steso sulla schiena, in lacrime. Gli si avvicinò. Non gli rimanevano più munizioni. Tutto ciò che aveva era la baionetta piegata in mano. Si abbassò di fianco a Martinez, la lama sporgente dal pugno come una spina. La sollevò sopra il petto dell’amico, e…

      “Non ti voglio qui,” ripeté Martinez. “Ti voglio fuori dalla mia stanza. Vattene, va bene, Stone? Vattene subito.”

      All’improvviso iniziò a urlare. Afferrò il pulsante di chiamata per le emergenze e cominciò a premerlo con il pollice.

      “Ti voglio fuori! Vattene! Fuori!”

      Luke si alzò. Sollevò le mani. “Okay, Robby. Okay.”

      “FUORI!”

      Si diresse verso la porta.

      “Spero che tu muoia, Stone. Spero che il tuo bambino muoia.”

      Poi Luke fu fuori, nel corridoio. Due infermiere erano dirette verso di lui, accorrendo rapidamente.

      “Sta bene?” chiese la prima.

      “Mi hai sentito, Stone? Spero che il tuo…”

      Ma Luke si era già coperto le orecchie e stava correndo per il corridoio. Attraversò di corsa tutto l’edificio, a gran velocità, ansimando. Vide il segnale dell’uscita, lo puntò ed emerse dalle doppie porte. Poi si ritrovò a correre nel cortile lungo un sentiero di cemento. Lì la gente si voltò a guardarlo, ma lui continuò a muoversi. Corse fino a quando non presero a bruciargli i polmoni.

      Un uomo stava arrivando dalla parte opposta. Era più vecchio di lui, ma robusto e forte. Camminava diritto con un portamento militare, ma indossava jeans e una giacca di pelle. Luke quasi andò a sbattergli addosso prima di rendersi conto che lo conosceva.

      “Luke,” disse l’uomo. “Dove stai correndo, figliolo?”

      Luke si fermò. Si chinò e appoggiò le mani sulle ginocchia. Respirava in ansimi secchi. Lottava per prendere grosse boccate d’aria.

      “Don,” disse. “Oh, Don. Sono fuori forma.”

      Si sollevò. Si tese per stringere la mano di Don Morris, ma invece l’uomo lo attirò in un forte abbraccio. Sembrò… Luke non aveva parole per descriverlo. Don era come un padre per lui. Si lasciò andare. Si sentiva sicuro. Sollevato. Era come se per tutto quel tempo, avesse nascosto moltissime cose dentro di sé, cose che Don aveva capito intuitivamente, senza che avesse dovuto spiegargliele. Essere abbracciato da Don Morris era come tornare a casa.

      Dopo un lungo momento, si separarono.

      “Che cosa ci fai qui?” domandò Luke.

      Credeva che Don fosse venuto da Washington per incontrarsi con gli ufficiali di Fort Bragg, ma Don fugò ogni dubbio con poche parole.

      “Sono venuto a prendere te,” disse.

      ***

      “È una buona offerta,” disse Don. “La migliore che riceverai.”

      Stavano attraversando le strade di acciottolato ombreggiate di alberi del centro di Fayetteville in un’anonima berlina a nolo. Don era al volante, Luke nel sedile passeggeri. I bar all’aperto e i ristoranti lungo i marciapiedi erano affollati. Era una città militare, e molte delle persone in giro erano severe e atletiche.

      Ma oltre ad apparire in salute, sembravano anche felici. In quel momento Luke non riusciva a immaginare che sensazione fosse.

      “Spiegamela di nuovo,” gli chiese.

      “Uscirai con il rango di sergente maggiore. Sarai congedato con onore, in effetto alla fine di quest’anno, anche se puoi ritirarti indefinitamente questo pomeriggio stesso. Il nuovo stipendio ti verrà versato subito e continuerà fino al tuo congedo. Il tuo stato di servizio è intatto, e avrai la tua pensione da veterano che ha servito in guerra e tutti i relativi benefici.”

      Sembrava un’offerta eccellente. Ma Luke non aveva mai preso in considerazione l’idea di lasciare l’esercito. Per tutto il tempo che era stato in ospedale aveva sperato di riunirsi alla sua unità. Nel frattempo, dietro le quinte, Don aveva negoziato una via d’uscita per lui.

      “E se volessi rimanere in servizio?” domandò.

      Don scrollò le spalle. “Sei stato in ospedale per quasi un mese. I rapporti che ho visto indicano che in terapia hai fatto progressi scarsi, se non inesistenti, e che sei considerato un paziente non cooperativo.”

      Sospirò. “Non ti riprenderanno indietro, Luke. Pensano che tu sia merce avariata. Se rifiuti l’offerta di cui ti ho appena parlato, ti cacceranno per ricovero forzato in un istituto psichiatrico con il tuo rango e la paga attuale, con una diagnosi di disordine da stress post traumatico. Di certo non ti devo dire che tipo di prospettive hanno gli uomini congedati in queste circostanze.”

      Non era una sorpresa per Luke, ma era ugualmente doloroso sentirselo dire. Sapeva come funzionava. L’esercito non riconosceva nemmeno ufficialmente l’esistenza della Delta Force. La missione era stata secretata, non era mai successa. Quindi non era come se avesse sperato di ricevere una medaglia durante una cerimonia pubblica. Nella Delta, non si lavorava per la gloria.

      Nonostante ciò, anche se si era aspettato di essere ignorato, non aveva voluto credere che sarebbe stato gettato nella spazzatura. Aveva dato molto di sé all’esercito, e loro erano pronti ad abbandonarlo dopo una missione finita male. Vero, la missione era andata peggio di male. Era stata un disastro, uno sfacelo, ma non era colpa sua.

      “Mi cacceranno in ogni caso,” riassunse la situazione. “Posso andarmene tranquillamente o calciando e urlando.”

      “Esatto,” confermò Don.

      Luke sospirò con pesantezza. Guardò la vecchia città scorrergli vicino. Uscirono dal distretto storico ed entrarono in una strada più moderna piena di centri commerciali. Arrivarono alla fine di un lungo isolato e Don girò a sinistra, dentro il parcheggio di un Burger King.

      Lo aspettava una vita da civile, che a Luke piacesse o meno. Era un mondo che aveva lasciato quattordici anni prima. Non


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