Ribelle, Pedina, Re . Морган Райс
erano sparpagliati per circondare le case cui stavano dando fuoco. Erano a malapena delle case a dire il vero: semplici dimore di contadini, così malandate che non valeva neppure la pena di saccheggiarle. Magari avrebbero rovistato tra la cenere più tardi.
Per adesso però c’era da divertirsi.
Lucio vide un barlume di movimento mentre le prime persone fuggivano gridando dalle loro case. Indicò con una mano inguantata e la luce del sole riverberò sull’oro della sua armatura.
“Lì!”
Spronò il suo cavallo al galoppo, sollevando una lancia e gettandola contro una delle figure in corsa. Accanto a lui i suoi uomini si misero a rincorrere uomini e donne, colpendo e uccidendo e lasciandoli solo occasionalmente in vita quando appariva ovvio che sarebbero valsi di più nel mercato degli schiavi.
C’era dell’arte, Lucio aveva scoperto, nel bruciare un villaggio. Era importante non correre semplicemente alla cieca e dare fuoco a ogni cosa. Quella era cosa da amatoriali. Gettarsi a capofitto senza preparazione e lasciar scappare la gente. Se si bruciavano le cose nell’ordine sbagliato c’era il rischio che venissero tralasciate cose di valore. Se si lasciavano troppe vie di fuga, le file di schiavi sarebbero state più corte di quanto avrebbero dovuto.
La chiave era la preparazione. Aveva fatto disporre i suoi uomini in un cordone fuori dal villaggio ben prima di entrarvi con indosso la sua armatura così visibile. Alcuni dei contadini erano fuggiti solo a quella vista, e Lucio ne aveva goduto. Era bello essere temuti. Era giusto che fosse così.
Ora erano al livello successivo, quello in cui bruciavano alcune delle case di minor valore. Dalla cima, ovviamente, gettando le torce sul tetto. La gente non poteva scappare se si dava fuoco ai loro nascondigli dal pianoterra, e se non scappavano non c’era divertimento.
Più tardi ci sarebbero stati i più tradizionali saccheggi, seguiti da torture per coloro che erano sospettati di avere simpatie per i ribelli, o che potevano semplicemente tenere nascoste delle cose di valore. E poi le esecuzioni ovviamente. Lucio sorrise a quel pensiero. Di solito faceva solo degli esempi. Oggi però sarebbe stato più… esauriente.
Si trovò a pensare a Stefania mentre attraversava il villaggio, sfoderando la spada per colpire a destra e a sinistra. Normalmente non avrebbe reagito bene a qualcuno che lo rifiutava nel modo che aveva fatto lei. Se qualcuna delle giovani donne di quel villaggio avesse osato, Lucio l’avrebbe probabilmente fatta scuoiare viva, piuttosto che semplicemente mandarla alle fosse degli schiavi.
Ma Stefania era diversa. Non solo perché era bellissima ed elegante. Quando pensava che fosse semplicemente questo, non aveva avuto altra idea che metterla ai propri piedi come un qualche meraviglioso animale domestico.
Ora che si era rivelata essere ben più di questo, Lucio si trovava a sentire che i suoi sentimenti cambiavano, diventando qualcosa di più. Non era semplicemente l’ornamento perfetto per un futuro re: era una persona che capiva come funzionava il mondo, e che era pronta a tramare per ottenere ciò che voleva.
Questo aveva giocato una grossa parte nel motivo per cui Lucio aveva deciso di lasciarla andare: si stava godendo troppo il gioco fra loro due. L’aveva messa alle strette e lei era stata d’accordo nell’affondarlo insieme a sé. Si chiedeva quale sarebbe stata la sua prossima mossa.
Venne distolto dai suoi pensieri quando vide due dei suoi uomini che tenevano a tiro di spada una famiglia: un uomo grasso, una donna anziana e tre bambini.
“Perché stanno ancora respirando?” chiese Lucio.
“Vostra altezza,” implorò l’uomo, “vi prego. La mia famiglia è sempre stata estremamente leale a vostro padre. Non abbiamo niente a che fare con la ribellione.”
“Quindi mi stai dicendo che mi sto sbagliando?” chiese Lucio.
“Siamo leali, vostra altezza. Vi prego.”
Lucio piegò la testa di lato. “Molto bene, vista la tua lealtà, sarò generoso. Permetterò a uno dei tuoi figli di vivere. Ti lascerò anche scegliere quale. In effetti, te lo ordino.”
“M-ma… non possiamo scegliere tra i nostri figli,” disse l’uomo.
Lucio si voltò verso i suoi uomini. “Vedete? Anche quando do loro degli ordini, non obbediscono. Uccideteli tutti, e non sprecate altro tempo con gente del genere. Tutti quelli che abitano questo villaggio devono essere uccisi o fatti schiavi. Non fatemelo ripetere.”
Galoppò via, verso altri edifici che stavano bruciando, mentre le grida si levavano dietro di lui. Si stava veramente rivelando una meravigliosa mattinata.
CAPITOLO SETTE
“Lavorate più velocemente, pigri mocciosi!” gridò la guardia, e Sartes si irrigidì sentendo il bruciore della frustata sulla schiena. Se avesse potuto, si sarebbe girato per rispondere alla guardia, ma senza un’arma era come un suicidio.
Invece di un’arma aveva un secchio. Incatenato a un altro prigioniero, aveva il compito di raccogliere il catrame e versarlo in grosse carriole che servivano per portarlo via dalle fosse, dove sarebbe servito per calafatare barche e sigillare tetti, livellare i ciottoli più lisci e impermeabilizzare le pareti. Era un lavoro duro, e doverlo fare incatenato a un’altra persona lo rendeva ancora più arduo.
Il ragazzo a cui era legato non era più grande di Sartes, sembrava anzi molto più magro. Sartes non sapeva ancora come si chiamasse, perché le guardie punivano chiunque parlasse troppo. Probabilmente pensavano che complottassero una rivolta, pensò Sartes. Guardando alcuni degli uomini che stavano lì attorno, forse avevano pure ragione a temerlo.
Le fosse del catrame erano un posto dove venivano spedite alcuni dei peggiori individui di Delo, e si vedeva. C’erano risse per il cibo, o semplicemente per dimostrare chi fosse più duro, anche se nessuna di loro durava molto. Quando c’erano delle guardie a controllare, gli uomini tenevano la testa bassa. Quelli che non lo facevano venivano rapidamente picchiati o gettati nel catrame.
Il ragazzo incatenato a Sartes non sembrava essere in sintonia con la maggior parte del resto dei presenti. Era magro come uno stecchino e allampanato. Pareva potesse rompersi da un momento all’altro per lo sforzo di sollevare il catrame dalle fosse. La sua pelle era sporca e ricoperta di bruciature dove era venuta a contatto con il catrame.
Una soffio di gas uscì dalla fossa. Sartes riuscì a trattenere il fiato, ma il suo compagno non fu altrettanto fortunato. Iniziò a piegarsi e a tossire, e Sartes sentì la catena tendersi mentre il giovane inciampava e iniziava a cadere.
Sartes non ebbe bisogno di pensare. Lasciò cadere il secchio e si lanciò in avanti, sperando di essere abbastanza rapido. Sentì le dita chiudersi attorno al braccio del ragazzo, così magro da poterne fare il giro completo come un secondo anello di catena.
Il ragazzo barcollò verso il catrame e Sartes lo trattenne dal finirvi dentro. Avvertì il calore che proveniva dalla fossa e quasi si tirò indietro quando sentì la pelle bruciare. Ma tenne salda la presa sul braccio del ragazzo e non lo lasciò andare fino a che non fu riuscito a tirarlo in salvo sul terreno solido.
Il ragazzo tossì e sputacchiò, e sembrava voler parlare.
“Va tutto bene,” lo rassicurò Sartes. “Stai bene. Non cercare di parlare.”
“Grazie,” disse. “Aiuta… mi… a mettermi… in piedi. Le guardie…”
“Che succede qui?” tuonò una guardia, sottolineando la domanda con un colpo di frusta che fece gridare Sartes. “Perché state bighellonando qui?”
“Sono stati i fumi, signore,” disse Sartes. “Lo hanno travolto per un momento.”
Questo gli guadagnò un altro colpo. Sartes avrebbe voluto tanto avere un’arma con sé. Qualcosa da poter usare per controbattere, ma non c’era nient’altro che il suo secchio, e c’erano troppe guardie per farlo bastare. Probabilmente Ceres avrebbe trovato un modo di sconfiggerli tutti con solo quell’oggetto, e quel pensiero lo fece