Il Ritorno. Морган Райс
(Libro #3)
DESTINATA (Libro #4)
DESIDERATA (Libro #5)
PROMESSA (Libro #6)
SPOSA (Libro #7)
TROVATA (Libro #8)
RISORTA (Libro #9)
BRAMATA (Libro #10)
PRESCELTA (Libro #11)
OSSESSIONATA (Libro #12)
Sapevate che ho scritto tantissime serie? Se non le avete lette tutte, cliccate sull’immagine qua sotto e scaricate il primo libro di una di esse!
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Jacket image Copyright By Sergey Nivens, used under license from Shutterstock.com.
INDICE
CAPITOLO UNO
Per il lunghissimo tempo durante il quale rimase nell’oscurità che lo circondava, Kevin fu convinto di essere morto. In un certo senso gli sembrava giusto. Tutti gli avevano comunque detto che non gli restava molto da vivere, e poi c’era stata la navicella spaziale che andava alla deriva nel vuoto, l’aria che finiva poco alla volta. Dopo tutto questo, non era forse ammissibile che ci dovesse essere la fine di tutto?
“Kevin,” chiamò la voce di Chloe da qualche parte nello spazio oltre il buio. “Apri gli occhi.”
“Va’ via, sono morto,” bofonchiò Kevin, perché una parte di lui non voleva fare altro che tornare a dormire. Voleva lasciarsi andare e rilassarsi, permettere all’oscurità di travolgere tutto. Stava così comodo che… Sussultò sentendosi punto da qualcosa. “Ahi!”
Aprì gli occhi di scatto e vide un luogo che decisamente non era la navicella con cui erano andati alla deriva, indifesi. Quello non era un velivolo rubato all’Alveare dove loro due stavano lentamente morendo dopo essere stati urtati da una navicella degli Ilari e da ciò che restava del mondo di questi ultimi. Questo spazio era più ampio, e assomigliava quasi a…
“È un ospedale,” ipotizzò Kevin. Ora sapeva benissimo come fossero fatti gli ospedali. Aveva passato così tanto tempo tra ospedali e laboratori e altri posti del genere, che gli era impossibile non riconoscerne uno, anche se sembrava un ospedale in un certo qual modo alieno, senza nessun dispositivo che assomigliasse a quelli cui lui era abituato.
“Allora sei sveglio,” disse Chloe dal posto in cui si trovava in piedi, accanto al suo letto. Sembrava soddisfatta dei suoi sforzi per svegliarlo e sorrideva sotto i baffi in un modo che suggeriva che l’avrebbe rifatto molto volentieri.
“Mi hai fatto male,” si lamentò Kevin, ma poi gli venne in mente un pensiero. “Sei ferita, tu? Stai bene?”
“Sto bene,” lo rassicurò Chloe, ora con tono serio. “Hanno curato i lividi più grossi quando ci hanno portati qui.”
Kevin la guardò comunque dalla testa ai piedi, giusto per essere sicuro, preoccupato che stesse tentando di nascondere quanto invece fosse ferita e dolorante. Qualcuno le aveva dato una specie di divisa argentata da indossare al posto dei suoi soliti vestiti. Assomigliava un po’ alle squame argentate di un pesce e rifletteva la luce in modi diversi a seconda di come lei si muoveva. Abbassando lo sguardo, Kevin si accorse di avere indosso la stessa cosa.
“E tu?” chiese Chloe con ovvia preoccupazione. “Sei ferito?”
“No,” le rispose. “Penso di no.”
Di certo non si sentiva peggio del solito, o almeno di quanto si fosse sentito prima che l’Alveare avesse deciso di renderlo uno di loro. Sentiva il dolore che gli scorreva lungo il corpo, e lo stordimento che minacciava di metterlo al tappeto quando si muoveva troppo velocemente, ma erano sensazioni che conosceva. Erano così familiari che gli sembravano quasi dei vecchi amici a questo punto, ormai. Non sentiva niente di simile a forti dolori derivati da qualcosa di rotto.
Chloe si chinò su di lui e lo abbracciò con forza. “Sono così contenta che tu sia sano e salvo.”
Kevin si aggrappò a quell’abbraccio, anche se non aveva la sensazione