Il Ritorno. Морган Райс
generale s’Lara gli aveva messo una mano sulla spalla dopo il processo.
“Abbiamo preso la nostra decisione. Pare che… pare che avrete tutti il permesso di stare tra noi. Verrete portati al nostro mondo di avamposto, e insieme cercheremo un modo per fermare l’Alveare. Spero solo che troveremo un modo per farlo.”
Kevin non poteva credere quanto fossero andati vicini alla morte. Si risvegliò dai suoi pensieri e si guardò attorno.
“Non avete bisogno di… non so,” disse, “di controllare la navicella?”
“Come se la mia navicella mi permettesse di dirle cosa fare,” rispose lei. “Noi lavoriamo con le nostre Intelligenze Artificiali. Non le soggioghiamo. Quello è un pensiero da Alveare.”
“Kevin e Ro non sono l’Alveare,” disse Chloe con tono accalorato, forse un po’ troppo.
“Non ho mai detto questo,” rispose il generale s’Lara. Però sembrava che li stesse osservando con attenzione.
Kevin pensava di poter capire. “Sta cercando di capire di più dell’Alveare, vero?”
Il generale esitò, ascoltando in quel modo che diceva che si trovava ancora in comunicazione con la sua Intelligenza Artificiale.
“Sì,” ammise. “Tu e il Puro… scusate, Ro, ne siete stati parte. Avete avuto accesso alla sua struttura ed essenza. Potete aiutarci a comprenderlo meglio. Potreste veramente essere in grado di aiutarci a batterli.”
“Non sono sicuro che si possano battere,” disse Ro. “Mi spiace, mi sento… senza speranze.”
“Ma sei riuscito a liberarti,” disse il generale s’Lara.
“Con l’aiuto di Chloe,” rispose Ro.
Kevin annuì. Senza Chloe, nessuno di loro sarebbe stato in grado di scappare.
“Voglio comunque sapere tutto quello che sarete in grado di dirci,” disse il generale. “Com’è essere parte dell’Alveare?”
Kevin non era certo di avere le parole per spiegarlo. Lo stesso voleva provare. “È come… c’è questa rete di connessioni, e ciascuna di esse è una cosa viva. È come essere parte di qualcosa di più grande, con la sensazione che niente conti se non l’intero.”
“È bellissimo,” aggiunse Ro. “Ma non abbiamo alcun modo per sentire quella bellezza. Non sentiamo nulla. Nessuna coscienza, nessuna felicità. L’Alveare è tutto.”
“Bene, questo significa che la negoziazione è esclusa,” disse il generale s’Lara. “Però ci potrebbe comunque essere qualcosa. Molto presto saremo arrivati.”
“Dove?” chiese Kevin. Non aveva idea di dove fossero diretti, e non aveva neppure considerato che stessero andando da qualche parte.
Lei fece un cenno e una delle pareti mutò, fornendo l’immagine di un pianeta. Sembrava piccolo sullo schermo, ma era un punto di colore luminoso in una veduta dello spazio altrimenti in bianco e nero. Era per lo più verde, in un modo che appariva strano se messo a confronto con il blu della Terra.
“Questo è Xarath,” disse il generale come spiegazione. “La maggior parte della sua acqua è sottoterra, ma la vita delle piante sboccia in superficie. Abbiamo una piccola base lì. Non abbiamo mai pensato che diventasse una casa per tutti noi, ma dovremo adattarci. Dicono che sia bellissimo.”
“Quanto ci vorrà per raggiungerlo?” chiese Kevin. Non aveva una reale comprensione di quanto velocemente si stesse muovendo la navicella. Era veloce come i velivoli dell’Alveare? Di più?
“Ancora qualche minuto. Abbiamo piegato lo spazio per avvicinarci, ma la maggior parte del ritardo è dovuto al tentativo di seminare le forze dell’Alveare che ci stanno inseguendo. Avremo bisogno di arrivare tra i primi sulla superficie. Venite con me, dovremmo andare a uno dei dispositivi di atterraggio.”
Per la seconda volta, il generale fece loro strada attraverso gli spazi interni della navicella. La gente si girava a fissarli mentre passavano, e mentre qualcuno sembrava essere in attesa di ordini da parte del generale, altri stavano decisamente guardando Kevin, Chloe e Ro. Non sembravano tutti amichevoli.
“Pare che non tutti siano d’accordo con il processo,” disse Chloe. A Kevin sembrava che fosse pronta a scagliarsi contro chiunque li guardasse troppo a lungo, o nel modo sbagliato. Vide che stringeva la mano del braccio modificato, come pronta a tirare un pugno.
“La gente ha la possibilità di non essere d’accordo,” disse il generale s’Lara. “Non siamo l’Alveare, dove tutti devono obbedire. Possono pensare quello che vogliono, ma abbiamo preso una decisione nel modo più onesto possibile, e dubito che qualcuno possa agire contro di essa.”
Kevin non aveva l’impressione che ne fosse del tutto convinta, ma del resto come poteva? Aveva ragione. A meno che non controllassero lì tutte le menti come faceva l’Alveare, non ci sarebbe mai stata perfetta armonia. Kevin preferiva che ci fossero persone che lo guardavano in modo strano che dover vivere senza i propri pensieri e le proprie scelte.
Lui e gli altri seguirono il generale fino a un hangar dove si trovavano un certo numero di navicelle più piccole, simili a frecce che aspettavano di essere sputate dalla bocca gigante della navicella. Il generale s’Lara li condusse verso una che era in parte annerita dal fuoco.
“Ecco. La mia navicella personale. Vi faccio vedere il pianeta. Andiamo”
L’interno della navicella era più strano dell’interno. Era come se fosse stato rattoppato e ricostruito così tante volte che non restava quasi niente di originale.
“Ci ho lavorato io stessa,” disse il generale s’Lara, e poi distolse ancora una volta lo sguardo, ascoltando. “Sì, va bene. Ci abbiamo lavorato noi. Sedetevi, che voliamo giù.”
C’erano sedie che sembravano più poltroncine che il genere di panche o posti a sedere che Kevin si sarebbe aspettato da un velivolo militare. Gli sembrava strano avere una tale comodità nella navicella di un generale.
“Com’è essere collegati a un’intelligenza artificiale?” chiese.
“È come essere due metà di un intero,” rispose il generale. “Possono darti più informazioni, reagire più velocemente e capire le cose che da sola non potrei mai comprendere, ma noi ci mettiamo l’emozione e l’intuito. Funziona.”
Kevin provava a immaginarlo, ma non ci riusciva. La cosa più simile che riusciva a pensare era la connessione all’Alveare, ma quella non era stata per niente simile a ciò che il generale s’Lara aveva descritto. Gli dava più l’idea di una perfetta amicizia, come quella che avevano lui e Luna sulla Terra, ciascuno che colmava le debolezze dell’altro, ciascuno che stava attento all’altro senza porre domande.
In quel momento sentiva talmente la mancanza di Luna da provarne dolore.
“Tenetevi forte,” disse il generale s’Lara, ma in verità il movimento della navicella era lineare e fluido e il velivolo uscì dal mezzo più grande scivolando verso la superficie.
Mentre scendevano verso il mondo sottostante, Kevin vide il verde della vegetazione davanti a loro, così grandioso che sembrava avvolgere ogni cosa. Per i primi secondi gli parve una gigantesca marea verde, ma poi iniziò a distinguere le diverse sfumature e trame all’interno. C’erano zone che sembravano essere distese d’erba, e molte altre che assomigliavano a interminabili foreste. C’erano macchie di verde più scuro, simili ad abeti e altri che assomigliavano a palme tropicali.
Quando furono ancora più bassi, Kevin iniziò ad avere la concezione delle proporzioni. Molti degli alberi sembravano di dimensioni normali, ma ce n’erano altri che erano alti come cattedrali, con fogliame che si allargava a coprire larghi spazi di terreno, cosicché il suolo di sotto sembrava quasi come una cosa di secondaria importanza.
“È un posto bellissimo,” disse il generale s’Lara. “Così tanta vita qui, ma mai pensato come mondo per noi. È troppo selvaggio, e troppe specie diverse ne disturberanno