Regno Diviso. Джек Марс
ma comunque sul verdognolo. “Capito.”
“Certo che hai capito. Non è mica il tuo primo rodeo, bello. Quindi smettila di comportarti come se lo fosse. Non hai niente da dimostrarmi. Fa’ il tuo lavoro come so che sai fare e basta.”
“Ok.”
Ed guardò Anderson, poi scosse la testa e sorrise. Anderson aveva trentadue anni ed era arrivato all’SRT dalla Delta Force. Aveva bisogno di radersi. Aveva gli occhi severi ma il linguaggio del corpo rilassato. Probabilmente si annoiava. Lo avevano assunto più che altro per la nostalgia che Luke provava per la Delta. Ed dubitava che sarebbe durato. C’erano guerre in corso nel mondo, ed era nel lavoro mercenario che si trovavano i soldi.
“Tu sai cosa fare, bello.”
Anderson annuì. “Sì.”
Si rivolse all’intero gruppo. “Sentite. Ci sono donne e bambini là dentro. Il lavoro numero uno è portare fuori il sospettato, ma il lavoro numero uno A è farlo senza perdita di vite. Il motto del giorno è zero forza letale. Detto ciò, che nessuno di voi si permetta di morire là dentro. Se vogliono la lotta, gliela date. Avete capito?”
Avevano capito tutti.
Ed parlò nel microfono. “Marshall, King, dove siete?”
Dalle cuffie giunse una voce. “Nel giardino sul retro del vicino, giusto sull’altro lato della recinzione di legno. In attesa del via.” Marshall era un ex dell’FBI. King veniva da una squadra SWAT di Newark, New Jersey.
“Avete sentito tutto? Siamo d’accordo?”
“Siamo con te, Ed. Oggi non muore nessuno. Non loro, ma soprattutto non noi.”
Ed annuì. “Bene.” Fece un respiro profondo. Cercò di rilasciare nell’universo qualsiasi tensione avesse in corpo.
“Ottimo. Dentro e fuori in novanta secondi, ragazzi. Partiamo.”
* * *
“Ecco che vanno.”
Nell’ufficio di Swann era montata alle pareti una dozzina di schermi video. Sei attualmente erano attivi, e ciascuno mostrava la visuale che si aveva dalla telecamera portata da ogni agente dell’SRT che stava per entrare nella casa di Mustafa Boudiaf.
‘Ufficio’ era un termine generoso per il bizzarro regno di Swann. C’erano quattro scrivanie, ognuna con sopra almeno tre monitor video. Tre alti server racks erano imbullonati alla parete opposta agli schermi. Dei cavi serpeggiavano per tutto il pavimento. Ovunque – sulle scrivanie, per terra – c’erano componenti elettroniche, con luci LED che lampeggiavano di rosso, verde e bianco.
C’era una sola lunga finestra; lo scaffale sotto di essa sembrava avere un magnetismo tale da attirare a sé lattine vuote di Coca-Cola e Red Bull.
Swann stava su una sedia di fronte agli schermi, Luke e Trudy erano in piedi perfettamente immobili dietro di lui. Gli schermi mostravano una bizzarra giungla di immagini, e ciascuno era segnalato con il cognome della persona di cui si mostrava il punto di vista.
Quelli segnalati come NEWSAM e RODRIGUEZ mostravano entrambi un passaggio innevato e una porta rossa dopo alcuni gradini. ANDERSON mostrava un vialetto, una casa a destra e dei cespugli a sinistra. ANDERSON si muoveva veloce. STAMOS mostrava lo stesso panorama, tranne che per un uomo alto con un giubbotto di sicurezza giallo che gli correva davanti scivolando un pochino nella neve. MARSHALL e KING mostravano un’alta recinzione di legno, che poi i punti di vista scavalcarono. Adesso c’era una casa marrone chiaro con un ampio portico posteriore coperto di neve.
“Agenti in convergenza,” disse Swann. “Quando sei pronto, Ed.”
La telecamera segnalata come NEWSAM era proprio davanti alla porta rossa. Una mano si allungò e col dito indice premette il campanello.
Din-don!
La telecamera segnata con STAMOS mostrava un magro uomo nero, anche lui con un giubbotto giallo riflettente, e adesso col visore al suo posto, in piedi con un pungo in aria. Poi la telecamera si voltò verso una porta sul retro.
Luke tratteneva il fiato. Stavano per abbattere la porta con un ariete. Poi ci avrebbero gettato dentro una granata stordente, una cosiddetta flashbang. Entrambe le cose sarebbero state molto rumorose. A Luke i rumori forti non piacevano per niente. La flashbang avrebbe fatto un casino immenso.
Proprio allora, ricevette un messaggio. Il telefono gli vibrò nella mano; lo aveva messo silenzioso. Abbassò lo sguardo. Era Gunner.
Ciao papà. Dv 6?
“Ma scrivile quelle parole!” disse a mente. L’orwelliano linguaggio semplificato che i ragazzini usavano nei messaggi lo faceva diventare matto. Però lasciò perdere.
Rispose. Al lavoro. Tu dove sei?
Casa xk nevica. Pranzo? T va?
Luke sorrise. Se voleva pranzare con Gunner? Certo che sì.
“Portico sul retro, via!” disse Swann, quasi urlando. “Via! Via! Via!”
Sullo schermo segnalato come KING, due uomini indietreggiarono facendo oscillare l’ariete.
* * *
“Serve aiuto?” disse l’uomo che aprì il portone.
Era un giovane con una maglietta azzurra e pantaloni della tuta rossi, con le ciabatte ai piedi nudi. Gli occhi castani erano piatti e più che un po’ infastiditi. Aveva i capelli ritti in ciuffi. Aveva un barbone.
“Sì, salve,” disse Ed. Indicò il portablocco che aveva nella mano sinistra e la minuscola Rodriguez alla sua destra. “Siamo della compagnia elettrica. Abbiamo ricevuto dei rapporti di interruzione di corrente dovuta alla tempesta nel quartiere. Dobbiamo entrare per controllare lo smart meter e vedere se il sistema funziona come si deve.”
Il tizio fece una specie di smorfia. “Cosa? E perché dovreste…”
Improvvisamente ci fu un forte rumore da qualche parte all’interno della casa.
BAM!
Il ragazzo si voltò indietro per metà. Era sembrato che in cucina qualcosa avesse…
Ed gli diede un pugno a lato della testa. Lui non indietreggiò – si limitò a farla scattare. Non era stato abbastanza forte. Il tipo aveva gli occhi stupefatti, ma era ancora cosciente e in piedi. Ed avanzò, gli fece scivolare un piede dietro le gambe e lo mandò sul pavimento.
“Rodriguez!” urlò superandolo di corsa. Da qualche parte, con la visione periferica, con gli occhi che aveva dietro la testa, vide Rodriguez saltare sul tizio e già girarlo sulla faccia per legargli le mani, quasi in un unico movimento.
Ed percorse il corridoio, veloce. Gli era apparsa in mano la sua Glock.
“Flashbang in arrivo!” urlò qualcuno dentro il suo casco. “Flashbang in arrivo.”
Si fermò, chiuse gli occhi e indietreggiò.
Persino dietro gli occhi chiusi vide il lampo. Persino con le orecchie protette da azzeratori del rumore udì e sentì l’esplosione.
BUUUM!
Da qualche parte giù per il corridoio, un bambino cominciò a piangere. Apparve una giovane con in braccio un bambino. Superò Ed di corsa, con la faccia gelata dal terrore.
Davanti, quattro grossi uomini improvvisamente sciamarono nella casa strillando, “Giù! Giù! Tutti GIÙ!”
Le scale per il piano superiore si trovavano alla sinistra di Ed. Lui ci saltò su, facendo due gradini alla volta. Se la pianta era corretta, la camera padronale si trovava a destra. Svoltò in quella direzione in cima alle scale. Sentì, più che vedere, un altro uomo subito dietro di lui. C’era una porta davanti.
Scattò verso la porta. Oggi la sorpresa era tutto. La velocità era tutto. Colpì la porta senza rallentare, con la spalla destra, facendo irruzione all’interno. Era una